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«Il vino di Langa è fine e riservato amo anche i tartufi»

Gilles Pudlowski è un critico enogastronomico molto famoso in Francia: «Ora parto per l’Italia»

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Su Instagram si definisce “giornalista, scrittore, girovago professionista, buongustaio errante, edonista, viaggiatore con lo zaino e senza paraocchi, poeta bucolico e contadino urbano”. Gilles Pudlowski è sicuramente uno dei più raffinati e famosi critici enogastronomici di Francia, paese che ama raccontare attraverso le mille sfaccettature dei suoi piatti. Per IDEA ha accettato di gettare lo sguardo anche oltre le Alpi e ci ha regalato alcuni “assaggi” sorprendenti e assolutamente inediti.

Gilles, ci tolga una curiosità: tradotto letteralmente, il titolo della sua rubrica – di grande successo – significa “I piedi nel piatto”: perché questa definizione?
«Perché l’espressione “avere i piedi nel piatto” in francese significa praticamente “non esitare a dire la verità”. E credo che nel mio settore sia una caratteristica importante».

Come definirebbe la cucina francese in pochissime parole?

«In tre parole: classica, istituzionale, rigorosa».

E invece quella italiana?
«Divertente, piacevole, giocosa e piena di sapori».

Se dovesse abbinare una specialità francese ad un prodotto italiano, quale piatto riesce a immaginare?

«Un buon risotto italiano preparato con le spugnole (un fungo pregiato che in Francia è apprezzatissimo, ndr). Oppure anche un ottimo poulet, un pollo, cucinato al vino bianco».

Lei conosce le Langhe: ci dà anche una definizione del vino rosso piemontese?
«Elegante e fine, a volte riservato».

Quali sono i luoghi che ricorda in particolare di queste zone?

«Per non fare torti, mi sposto un po’ verso est, vado nell’alto Monferrato e cito l’Osteria di Nonno Carlo a Monte­chiaro d’Acqui».

Tartufo bianco, Barolo e Barbaresco: che cosa sceglie?

«Se devo scegliere, mi prendo il tartufo bianco».

L’attuale situazione mondiale mette a rischio l’attività degli attori enogastronomici?
«La situazione attuale nel mondo, come sappiamo, è molto delicata, ma la vedo piuttosto come un’occasione per gli operatori della gastronomia di rivedere le prospettive future nella direzione sempre della massima qualità, ma con una complessità indubbiamente minore».

Come dicono gli inglesi, “less is more”… E in generale, fino a questo momento, come va il lavoro del critico enogastronomico?
«Direi bene. È stato potenziato dal digitale, potenziato soprattutto dai social network e in particolare da Instagram, che ti permette di essere seguito da tante persone molto più velocemente di un tempo».

A quando il prossimo viaggio in Italia?

«Sto per partire per la Toscana, la meta sarà quella molto interessante del versante di Bolgheri».

La sua famiglia è di origine polacca: posso chiederle che cosa pensa della guerra che minaccia anche i paesi vicini all’Ucraina, come la Polonia?
«Provo le stesse sensazioni che vivono un po’ tutti in questo periodo: l’ansia ci ha preso e ci terrorizza… Pen­sate che mia nonna materna era nata a Lemberg, oggi Leopoli, città dell’Ucraina che un tempo era in territorio polacco».

BaNNER
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