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L’opinione di Neri Parenti

«I miei film sono diventati politicamente scorretti e non potrei più fare “Fantozzi”. il mercato globale delle piattaforme richiede regole uguali per tutti»

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IL FATTO
ci sono parole e situazioni che un tempo hanno caratterizzato il successo della “commedia all’italiana” e che oggi sono diventate tabù. Ma così si ucciderà l’ironia?

Usare le parole giuste è importante. Significa dare il giusto peso a ogni concetto. Ma i tempi che stiamo attraversando, condizionati dalla contemporaneità digitale che non ha confini, richiedono una sensibilità nuova. Tanto che fa un certo effetto, quando si recuperano certi film di una volta – magari nel filone delle commedie all’italiana – osservare come sia cambiata la sensibilità complessiva nei confronti di certe tematiche e di alcune parole. Che prima si potevano usare e oggi non più. E così Neri Parenti, il padre del genere, ha appena girato una fantasy-comedy per non rischiare nulla. È il caso di “Volevo un figlio maschio”, nelle sale dal 5 ottobre, con protagonista Enrico Brignano nei panni di Alberto, assicuratore benestante che sogna da sempre di avere un figlio maschio con cui condividere cibo, calcio e auto, ma il destino gli ha dato invece tre figlie femmine. «Io ho fatto cinquantaquattro film, oggi probabilmente non me ne farebbero fare neppure uno, perché sono politicamente scorretti – ha sottolineato Parenti -. Ora, senza arrivare ai famigerati cinepanettoni, un film come “Fantozzi” oggi non si potrebbe fare. Perché? Semplice: la moglie è brutta, la figlia sembra una scimmia e la stessa Silvani non è certo bella. I padroni poi sono cattivi, insomma tutte cose oggi tabù. “Volevo un figlio maschio” invece è un film politicamente corretto perché siamo andati su una storia che lo permetteva».
Si tornerà mai indietro? «Penso di no, perché chi comanda nel cinema oggi sono le piattaforme, che avendo una platea mondiale hanno bisogno di un prodotto che possa andare in qualsiasi parte del mondo. Un esempio banale: un nudo non sarà mai accettato ovunque. Ora di questa situazione a soffrire di più è ovviamente la commedia, perché si è sempre basata anche su scontri regionali, su luoghi comuni: milanesi gran lavoratori, romani cialtroni e siciliani gelosi, tutte cose che in Norvegia non capirebbero, per non parlare poi dell’Arabia Saudita».
Gli fa eco lo stesso Enrico Brignano: «È come se qualcuno desse un giudizio su ogni tua battuta e cercasse anche di modificarla, qualcuno poi che non ha capacità comiche e così ogni ironia muore. Oggi c’è sempre un’associazione, un comitato del peluche che se ne parli male ti querela, ti denuncia. L’ironia poi è la cosa meno compresa, se molti popoli la avessero, sostituirebbero i loro arsenali con delle vignette».
Conclude Parenti: «È da pazzi non poter dire ciccione o cicciona quando poi la stessa piattaforma che ti impedisce questi termini fa vedere una serie con un bambino sciolto nell’acido. Questo forse è lo strascico di una cosa lodevolissima come il #MeToo a difesa delle donne. Purtroppo poi tutto si è allargato fino ad arrivare alla difesa dei criceti». Si perde il senso dell’ironia e anche il senso critico a favore dell’omologazione nel nome della correttezza? Il rischio c’è.

BaNNER
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