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C’è un saluzzese Campione d’Italia in giallorosso

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Da Saluzzo a Roma, ora con lo Scu­detto sul petto. Intreccia sport, passione e lavoro la “storia” del saluzzese classe 1986 Andrea Rubiolo: il segretario sportivo dell’As Roma femminile di se­rie A di calcio. Sempre a fianco della squadra e dello staff tecnico, con il suo stile impeccabile, in giacca e cravatta, equilibrato e grintoso allo stesso tempo.
Le giallorosse (il 29 aprile scorso, in occasione della vittoria per 2-1 in casa al “Tre Fon­ta­ne” contro la Fiorentina) han­no conquistato per la prima vol­ta della loro storia il Tri­colore relativo alla stagione 2022/2023. Nel corso del 2020, a Coverciano, Rubiolo era stato proclamato direttore sportivo professionista con 102/110, presentando una tesi dal titolo “Mercato Femminile – Difficoltà Norma­tive ed importanza del vivaio”. Un percorso condiviso con gli ex calciatori (tra gli altri) Ni­colas Burdisso, Stefano Sor­rentino e Gianni Munari.

In che modo si è appassionato al calcio femminile?
«Sinceramente? Per puro caso. Quando giocavo a calcio nella squadra maschile della Mu­siello Saluzzo, mi chiesero di accompagnare ad una gara la squadra femminile dal mo­mento che serviva un dirigente. Me lo ricordo bene, si trattava di una gara di serie D contro il Caprie Green. Andai con molta curiosità e ne rimasi subito folgorato. Un altro mondo. Nessuna simulazione. Nessuna protesta. Sin da subito ho avuto la sensazione di poter dare qualcosa a questa disciplina».

Tutto è cominciato dalla Musiello Saluzzo.
«Ormai 15 anni fa, sì. In­credibile pensare quanto tem­po è passato. Iniziammo in D ed arrivammo, per due anni consecutivi, al terzo posto in serie B. Una scalata della quale vado orgoglioso perché fatta senza avere grandi budget a disposizione, dove le idee erano la maggior fonte di crescita. In quell’esperienza ho imparato molto, ricoprendo un ruolo che andava dai compiti del direttore sportivo a quello di team manager, passando per relazioni con la stampa e rapporti con le istituzioni. Un’espe­rienza completa. Nella stagione 2015/2016 e contestualmente al cammino con Musiello Saluzzo, ho deciso di formarmi ancora di più con un Master ed ho capito che il mio ciclo saluzzese era finito».

E la chiamata della Roma, invece?

«Con la Roma fu un incontro casuale tramite l’ex direttore sportivo Walter Sabatini. Ven­ni preso per uno stage curricolare e rimasi un primo anno nella Capitale. La squadra femminile era in fase embrionale e per un anno tornai in Piemonte, al Pinerolo, dove vincemmo tutto, compresa una Coppa Italia. Nel maggio 2018 la Roma ufficializzò l’ingresso nel calcio femminile e così mi misero sotto contratto. Davvero una bellissima soddisfazione umana e professionale».

Lei è motivo di orgoglio per la nostra provincia, perché è Campione d’Italia con l’As Ro­ma femminile.
«Ancora mi fa effetto sentire quelle parole. È un qualcosa che ti segna. Specialmente a Roma dove la società è stata bravissima nel costruire un gruppo di lavoro che, sia dentro che fuori dal campo, è realmente una famiglia. Questo successo, anticipato da quelli in Coppa Italia (2020/2021) e Su­percoppa Italiana (2022/2023), è figlio di questa visione del calcio femminile. Lo dissi tempo fa e lo sottoscrivo ogni volta che posso: la Roma non è solo un club, è uno stile di vita».

Con il Barcellona avete toccato il punto più alto.
«Alla prima partecipazione in Champions League, nessuno si sarebbe mai aspettato di arrivare ai Quarti di Finale. Siamo partiti da Glasgow ad agosto davanti a 55 persone ed abbiamo chiuso al Camp Nou, di fronte alla squadra più forte del mondo e a 55.000 persone. Sicuramente il punto più alto della nostra storia, finora. Credetemi che essere in panchina con 40.000 persone allo stadio Olimpico che cantano per la tua squadra è un’emozione pazzesca. Da togliere il fiato».

Quali sono i suoi prossimi obiettivi calcistici e personali?

«Come obiettivo calcistico ne indico uno di sistema: crescere come movimento italiano. Negli ultimi anni il calcio femminile nostrano ha fatto passi da gigante, sicuramente, ma il prossimo passo dev’essere quello di colmare il gap con quelle nazioni dove il calcio in rosa ha anni di sviluppo alle spalle: contribuire a questo percorso è sicuramente il mio obiettivo calcistico. Per quanto riguarda i miei obiettivi personali, non intendo fermare la mia formazione professionale. Solo in questo modo si può crescere in questo mondo ed aiutare la mia società a conquistare traguardi sempre più ambiziosi».

BaNNER
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