Il signore del pallone

Gianni Infantino, svizzero con radici italiane, presiede dal 2016 il massimo organismo calcistico mondiale. Origini modeste, studi in legge, sei lingue parlate: ritratto dell’uomo che ora lancia la piattaforma fifaPLUS, più calcio per tutti

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Lo chiamavano l’uomo delle palline, cerimoniere dei sorteggi delle coppe europee di calcio: per anni ha condotto gli show costruiti attorno alle urne, intrattenendo il pubblico e controllando intanto che le estrazioni si svolgessero regolarmente. Non c’era malanimo nella definizione, nessun intento di sminuire o denigrare, solo una sintesi innocua e tuttavia superficiale. Perché Gianni Infantino, oggi presidente della Fifa, massimo organismo internazionale del Pallone, nella lunga esperienza vissuta all’Uefa, l’istituzione continentale, rappresentava molto di più, rivestiva un ruolo nevralgico e prezioso: basti solo pensare allo sviluppo del marketing interno, al piano elaborato per l’introduzione del fair play finanziario, alla gestione dei rapporti con il Consiglio europeo e altre istituzioni politiche.
Era entrato nel 2000, trentenne, dopo aver ottenuto la laurea in legge, la specializzazione in diritto sportivo e un primo incarico come segretario del Centro Internazionale Studi Sportivi all’Università di Neuchatel, Storia di un self-made man, nato a Brig, Svizzera, ma con radici italiane. Papà, calabrese di Reggio, e mamma, lombarda della Val Camonica, s’erano trasferiti nel Canton Vallese poco prima della sua nascita: lui lavorava in una compagnia ferroviaria, occupandosi di vagoni letto, lei aveva un chiosco di giornali. Si narra che anche lui abbia lavorato con papà per pagarsi gli studi fino a diventare avvocato: l’approdo allo sport, al pallone in particolare, è figlio di una passione coltivata da sempre, sui campi della quarta lega elvetica e attraverso il tifo per l’Inter. Senza dimenticare le simpatie per la Reggina e per la Juve Domo di Domodossola, altra città dove i genitori hanno lavorato.
Prima di entrare nel Cies, Infantino s’era occupato di cause sportive come legale: tra i club difesi con successo il Sion dopo un ricorso dello Spartak Mosca legato a una presunta irregolarità delle porte. Gli studi di giurisprudenza sono andati di pari passo con quelli delle lingue che ne hanno fatto un autentico poliglotta: parla italiano, francese, tedesco, inglese, spagnolo fluentemente, se la cava anche con l’arabo. Ai vertici della Fifa sale per la prima volta nel 2016, candidandosi da segretario generale dell’Uefa e battendo a sorpresa il favorito della vigilia, Salman Al-Khalifa, sceicco del Bahrein. Promette i Mondiali a 48 squadre, che saranno realtà nel 2026, al fine di ampliare la manifestazione che più diffonde il calcio e cattura appassionati. Tra le sue innovazioni, l’introduzione della Video Assistant Referee a partire dai Mondiali in Russia nel 2018; tra le riforme più importanti quelle tese a rafforzare la protezione dei diritti sociali delle calciatrici, attraverso la statuizione di norme a sostegno della maternità: in particolare il congedo di maternità obbligatorio di almeno 14 settimane. Negli ultimi giorni ha anche lanciato la piattaforma digitale FifaPlus: l’obiettivo è avvicinare al calcio tifosi di tutto il mondo con l’offerta gratuita di partite live (anche dei dilettanti), video inediti, informazioni e giochi interattivi. Sempre nei giorni scorsi, è scivolato su una battuta: «La Juve ha perso, la Fiorentina ha vinto» ha detto partecipando a un evento a Firenze. Nulla di grave, ci mancherebbe, c’era anche il sorriso a escludere malizie. Ma in bocca al presidente Fifa, certe parole sono inopportune.