«Vi racconto pepè il paparazzo dal cuore d’oro»

Cristiano Sabre ha scritto un libro su Giuseppe Staltari: «Glielo porterò in ospedale e lo farò felice»

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Un libro per celebrare Giuseppe Staltari, in arte Pepè, il grande fotografo, l’unico paparazzo di Torino. Il volume uscirà per “Nino Bozzi Editore” ed è stato scritto da Cristiano Sabre, giornalista e scrittore, appassionato del mondo televisivo, sportivo, artistico e dei personaggi vip. Ha dato voce alla figlia Francesca Staltari e alle testimonianze su Pepé, vita e carriera di un vero professionista della macchina fotografica.

Nel libro Giuseppe Staltari, il “mago” dei primi scatti a rullino, “cala la maschera” e si confessa agli occhi dei suoi estimatori, ma anche dei suoi detrattori. Racconta senza filtri un percorso intimo a contatto con grandi personaggi della musica, dello sport, della politica e dello spettacolo. Inoltre ci sono gli affetti familiari, le curiosità di carriera, come gli “escamotage” per catturare a suon di flash il soggetto famoso da vendere ai rotocalchi. L’opera sarà presentata in anteprima in occasione del “Salone Inter­nazionale del Libro di Torino 2022”, a maggio.

Sabre, cosa rappresenta per lei il fotografo Pepè?
«Pepé lo ritengo innanzitutto un essere umano che mi ha aperto il cuore per la sua spontaneità e per il suo modo di essere, seppur ultimamente la sua malattia degenerativa neurologica, un’afasia progressiva, non abbia potuto mostrare quelli che erano fino a qualche tempo fa la sua piena vitalità e il senso creativo. Il suo marchio di fabbrica è un’innata e nobile arte, la fotografia. Conoscerlo in prima persona e raccoglierne le testimonianze, per cause di forze maggiore, tramite il supporto fondamentale della figlia Francesca, è stata una particolare emozione. Pur­troppo il “genio della fotografia” ha dovuto abbandonare il mestiere che ha reso felici tanti artisti, che ancora oggi lo ricordano con affetto e sono suoi grandi amici. Ora è in una Rsa a Torino, ma il primario della struttura gli sta ancora dando la possibilità di sentirsi felice stimolando le sue abilità, dotandolo di una piccola macchina fotografica, la sua creatura da sempre. Con lui mi sono sentito un figlio acquisito, uno di famiglia e un tenero episodio che racconto nel libro lo dimostra, non dimentico la sua reazione quando gli portai il prospetto iniziale del libro. Tra breve gli mostrerò anche il libro ufficiale e immagino già la sua totale felicità. Ringrazio la mia agente letteraria Michela Tanfoglio e l’editore Nino Bozzi».

Qual è l’aspetto della vita di Pepè che più l’ha affascinata?
«Pepé, professionalmente parlando, è riuscito a mettere insieme un patrimonio fotografico assoluto con migliaia di foto (e non così per dire, lo è realmente), che dagli anni ’60 immortalano personaggi celebri di storie scandalistiche, della tv, sport, spettacolo e non solo, con foto vendute a rotocalchi famosi italiani e del mondo. Ha esteso il suo raggio d’azione da Torino sino a tutta Italia e nel mondo. Si parte dal capoluogo piemontese, con la sua prima macchina fotografica a rullino Rolley, con cui seppe creare delle magie con i suoi scatti. Proprio a Torino, per rimanere in Piemonte, divenne amico del simpatico conduttore eclettico e torinese purosangue Piero Chiam­bret­ti, ma anche dell’avvocato Agnelli e Maria Teresa Ruta ad esempio. Lanciò sempre qui una Simona Ventura di inizio carriera e allacciò rapporti con due grandi compiante figure: Lucio Battisti e Paolo Rossi quando militava alla Juventus. Poi sempre a Torino, Pepé aprì anche un locale dal nome “Il Paparazzo” dove ospitò tanti pezzi da novanta della musica e non solo. Al Festival di Sanremo, per oltre 60 anni di carriera da fotografo, strinse amicizie con Pippo Baudo, Iva Zanicchi, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Caterina Caselli e tanti altri. Fu il fotografo ufficiale e amico di Claudio Villa».

La foto da lui scattata a cui lei è più affezionato?
«Ce ne sono davvero tante che hanno scritto momenti epocali, le prime nella Torino del boom economico sino ai giorni nostri. Forse l’immagine che preferisco è la foto in borghese di Maradona e Platini, esclusiva, scattata nel maggio del 1984 (vittoria per 2-0 della Juve), tra l’altro anche nel mese e nell’anno in cui sono nato, al vecchio Comunale. Una riproduzione di quella foto ce l’ho appesa e incorniciata in casa mia».

Cosa le ha lasciato il fatto di aver scritto un’opera dedicata a lui?
«Il libro, oltre ovviamente alla sua lunga storia, è il giusto tributo alla carriera e sono orgoglioso di essere stato io a scriverlo. Rivela tante verità su soggetti famosi che ho sentito al telefono per raccontare Pepé (da Baudo a Morandi, passando per Chiambretti, Zanicchi, Urbano Cairo e non solo), è stato un vero onore. Per scoprire cosa mi hanno detto non vi resta che acquistare il libro, presto in uscita».