«È un privilegio poter lavorare per il territorio»

Il nuovo direttore della Fondazione Crc Roberto Giordana illustra le linee guida del suo mandato

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Roberto Giordana

Da quasi trent’anni la Fondazione Cassa di Rispar­mio di Cuneo si occupa del nostro territorio, cercando di contribuire, attraverso finanziamenti e progetti promossi direttamente, allo sviluppo della Granda in cam­po economico, sociale e culturale. Nell’arco di questi tre decenni la storia della Fon­dazione si è intersecata con quella del saluzzese Roberto Giordana, da poco nominato dal Cda dell’ente come direttore generale in sostituzione di Andrea Silvestri, divenuto a sua volta direttore del­l’Uni­ver­sità degli Studi di To­rino. «Sono felice come un ragazzino che inizia un nuovo percorso»: Gior­dana non na­sconde l’entusiasmo per l’incarico e, nella no­stra chiacchierata, delinea l’orizzonte che dovrà perseguire la Fon­dazione nel futuro prossimo.

Direttore Giordana, come si sente a pochi giorni di distanza dalla no­mina?

«Come dicevo, avverto dentro di me un entusiasmo da ra­gazzino. Questa possibilità mi ha riempito di energia e carburante: è un onore poter di­ri­gere una delle prime dieci fondazioni italiane e farò del mio meglio per contribuire a questo progetto».
Lei è entrato in Fondazione Crc nel 1992, anno di nascita dell’ente. Che cosa significa far parte di questa realtà?
«Per me rappresenta trent’anni di lavoro. Un lavoro in­tenso, che fin dall’inizio mi ha spinto a partecipare nel tracciare le linee guida della nostra struttura. È un grande orgoglio ricevere questo in­carico e, come ripeto spesso ai colleghi, sostenere il territorio. Perché è questo, credo, quello che ci motiva ulteriormente: sapere che tutto ciò che facciamo ha un ritorno pratico e diretto sul Cuneese».

In tutti questi anni com’è cambiato il suo lavoro presso la Fon­dazione Crc?

«Nel tempo, la mia attività si è modificata, permettendomi, via via che l’esperienza si ac­cumulava, di poter ottenere competenze specifiche in tan­ti ambiti diversi, da quello cul­turale a quello sociale, fino a quello sportivo. E, naturalmente, l’essere affiancato an­­­che dai tanti giovani che abbiamo coinvolto in questo percorso mi aiuta a non perdere la freschezza dei primi tempi».

Lei subentra dopo il lungo man­dato di Andrea Silvestri. Che Fondazione riceve dal suo predecessore?

«Abbiamo avuto la fortuna di lavorare insieme per molto tempo e gran parte delle decisioni prese nel corso degli anni sono state frutto di un percorso di condivisione. Pro­prio in virtù dell’ottimo lavoro fatto da Andrea, non possiamo che inserirci in un solco basato sulla continuità, mantenendo come stella po­lare la nostra migliore capacità, quella di dare risposte efficaci e rapide».

Quali saranno quindi i suoi obiettivi come direttore?

«I nostri progetti sono tanti. La nostra attenzione sarà, come sempre, rivolta anche alla ricerca e allo sviluppo e dovremo sicuramente potenziare la capacità di attrazione delle risorse; altrettanto decisivo sarà poi il nostro Centro Studi, che ci consente di mo­nitorare e valutare al meglio le risposte da fornire al territorio. In linea generale, credo che oltre alla conoscenza del passato e all’occhio rivolto sempre al futuro sia decisivo vivere il presente. E saper rispondere in maniera pronta quando mutano le condizioni e le esigenze della nostra provincia».

Crede che il Cuneese abbia imboccato la strada giusta per essere protagonista, sia economicamente che socialmente, anche in futuro?
«Io credo nei nostri punti di forza, che sono tanti: su tutti, lo straordinario senso di co­munità e l’altissimo grado di capacità di fare impresa. Nel Dna cuneese c’è una forza che ci permette sempre di superare i momenti di difficoltà. Ol­tre a ciò, è indubbio che in futuro sarà di grande importanza potenziare un settore già molto dinamico come quello agroalimentare e il turismo, che a questo si lega. Rimango convinto che la no­stra zona abbia una forza che può fare la differenza in qualsiasi contesto».

All’interno di questo quadro, in che modo si inseriscono le fondazioni come la vo­stra? Quale può essere il vo­stro ruolo?
«Le fondazioni in passato era­no di difficile definizione ed erroneamente venivano considerate dei soggetti marginali. Oggi abbiamo un panorama particolarmente vivace, con tante realtà come la nostra che puntano a crescere: come ha ricordato lo stesso Pre­sidente della Repubblica, siamo attori di uno sviluppo complessivo dei territori. La nostra abilità starà nel sostenere i punti di forza e aiutare a farne emergere di nuovi».

Al momento però regna l’incertezza generata dalla pandemia. Dobbiamo imparare qual­cosa da questo dramma?

«Direi di sì. Mi sembra chiaro che, di fronte alle nuove sfide, nessuno se la cavi da solo e che l’isolamento non produca mai buoni risultati: dobbiamo essere in grado, anche qui a livello locale, di agire in ma­niera collettiva senza aver paura, per questo, di risultare più deboli e di perdere le nostre peculiarità».