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L’opinione di Giorgio Armani

«Il virus ha rallentato le nostre giornate, la lentezza è qualità da riscoprire. Il lusso non deve andare veloce. Serve un sistema a misura d’uomo»

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IL FATTO
La crisi da pandemia spinge anche il mondo della moda a riflettere sul suo ruolo e sui cambiamenti da realizzare per non sprecare la lezione del Covid

Forse è arrivato il momento di ripensare anche la moda. Lo ha detto chiaramente Giorgio Armani, colui che potremmo definire il “re della moda italiana”, non solo per le capacità stilistiche dimostrate negli anni ma per la consapevolezza imprenditoriale. «Dovrem­mo imparare dalla pandemia che ha rallentato le nostre giornate. Il lusso non può e non deve essere veloce. Mi auguro che il nostro futuro sarà sotto il segno di una ritrovata lentezza, nella moda e non solo».
All’età di 86 anni e dopo un anno di pandemia, Ar­mani è convinto che quanto accaduto ci abbia un po’ aperto gli occhi. E anche per quanto riguarda le prospettive future del suo gruppo, ha rivelato ad esempio di considerare «la possibilità di una “joint venture” con un’altra società, a condizione che sia italiana». Respinte ancora una volta le insistenti avance dei compratori francesi, ribadisce che «si può pensare all’unione con un’importante azienda italiana». Anche questo significa cambiare.
Il re Giorgio dice che «la lentezza è una qualità da scoprire. Per troppo tempo la modernità è stata associata alla velocità, ma mi chiedo spesso dove stiamo andando di corsa? E perché? In questo rallentamento forzato abbiamo imparato che anche una passeggiata è un lusso appagante. E lo stesso vale per un pranzo tra amici. Penso sia una lezione molto im­portante. Ma sono realista e ho paura che di questi insegnamenti faremo tesoro per poco».
Armani rivela che i buoni propositi sono già stati traditi dall’individualismo che ritorna. Anche nella moda è così: «Le collezioni ricominciano a uscire a ritmi serrati. Stiamo per ritornare al punto di partenza, con qualche piccola consapevolezza in più».
Ma bisogna ridare valore all’autenticità e anche l’industria della moda, secondo uno dei suoi protagonisti di maggior prestigio, deve tornare a essere «un sistema a misura d’uomo». Da notare come lo stilista milanese sia stato l’unico, nel suo campo, a riflettere così approfonditamente su­gli insegnamenti della crisi pandemica. Armani trova assurda «la sovrapproduzione di capi» e addirittura criminale «il non allineamento tra stagione meteorologica e stagione commerciale». L’unica soluzione sta in un «rallentamento attento e intelligente, una strada che riporterà valore al nostro lavoro». Insom­ma, dai concetti espressi sembra più giovane, nella sua visione, l’ottantaseienne Armani di tanti altri. Forse è il caso di ascoltarlo. Forse è vero che dopo la crisi si apriranno strade nuove, finalmente più vicine al cuore degli uomini.

BaNNER
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