Dalla casa di collina diroccata al mondo intero: il “miracolo” di suor Elvira Petrozzi

«L’uomo si può certamente smarrire ma possiede anche tante risorse per poter risorgere»

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Oggi ci sono più di 70 case in 20 Paesi, dall’America all’Africa, fino al profondo Oriente, nelle Filippine e, di queste, 25 sono in Italia. Ma quel giorno del luglio 1983 davanti a madre Elvira c’era solo un edificio fatiscente sulla collina, concesso dal Comune di Saluzzo dopo anni di preghiere. Davanti alle incessanti richieste, a suor Elvira, emigrata dal Lazio in Piemonte durante la Seconda guerra mondiale, per anni era stato ricordato che non aveva studi e risorse alle spalle per affrontare un percorso così complesso e difficile; e così quel «fuoco» percepito nei confronti degli sbandati, dei drogati e degli ultimi, di natura, per chi crede, divina, aveva dovuto misurarsi, più prosaicamente, con i tanti rifiuti ricevuti. All’inizio, le persone arrivate in quella che oggi è considerata la “casa madre” dormivano per terra, in una struttura senza porte e finestre: prima una trentina, poi cinquanta, per poi accorgersi che le richieste di aiuto, in quegli anni ’80 così eccessivi e smodati, superavano tutte le previsioni. Una casa dopo l’altra («non le conto più», dice ora madre Elvira), l’attività della Comunità si è allargata diventando una realtà internazionale, che oggi si avvale di decine di sacerdoti, suore e famiglie che scelgono di collaborare nei percorsi di recupero per le persone che si sono smarrite attraverso i centri di ascolto, i gruppi per i genitori (a cui spesso necessita un aiuto per affrontare la difficoltà vissuta dai familiari), il lavoro e, naturalmente, la preghiera. Certo, il Covid-19 ha bussato anche a queste porte e ha costretto la Comunità a pensare a nuove modalità organizzative e di gestione: anche qui sono arrivate soluzioni telematiche, computer e mezzi informatici per non smarrire il decisivo contatto umano. In tempi più normali, a chi si ritrova a chiedere l’aiuto della struttura viene presentata una prospettiva quotidiana di lavoro e pensiero. Sveglia presto, intorno alle 6, e poi spazio al lavoro, inteso come un prendersi cura di sé e dell’ambiente circostante, intervallato dai pasti comunitari e dalle orazioni: in mezzo, costanti momenti di riflessione e “revisione” personale con alle spalle l’idea di una vita semplice e ordinata, in grado di riportare armonia nell’esistenza. La Comunità Cenacolo, negli anni, ha diversificato le sue attività, coniugandole di volta in volta con le esigenze dei territori, dedicandosi all’aiuto contro le dipendenze ma anche alle famiglie in difficoltà e ai bisognosi “tout court”, arrivando, nelle zone più complesse (Brasile, Messico, Perù e Liberia), a sostenere i bambini di strada con il progetto “Missioni”. Cercando così di tenere un occhio rivolto al cielo ma continuando a guardare, sempre, dai tetti in giù.