1989 – Abbattuto il Muro di Berlino

Edificato nel 1961 dall’Unione sovietica era una “barriera di protezione antifascista”, ma serviva a evitare fughe dall’Est Europa

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“Da Stettino nel Baltico a Trieste nel­l’A­dria­tico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente”. Quan­do il 5 marzo 1946, a Fulton, nel Mis­souri, Winston Chur­chill, con la sua proverbiale abilità dialettica, così si pronunciò per definire la situazione geopolitica maturata in Europa nei mesi successivi alla fine della Seconda guerra mondiale, in pochi si sarebbero potuti im­ma­ginare ciò che sarebbe accaduto nei cinquant’anni successivi.
Con quelle parole, il Primo ministro del Regno Unito esplicitava la distanza di vedute e di orientamento che regnava tra i vincitori del conflitto: l’Unione delle repubbliche socialiste so­vietiche da un lato, il mondo occidentale e filo-statunitense dall’altro. C’era­no il comunismo e la soluzione americana, due modi di intendere la politica e la vita sociale che non a­vrebbero mai potuto avere dei punti di contatto e che, infatti, di lì a pochi mesi sarebbero di­ventati veri e propri nemici.
Quella “cortina di ferro” crebbe di intensità nei mesi, fino a materializzarsi fisicamente nel cosiddetto “Muro di Berlino”, edificato a partire dal 13 agosto 1961 dal­la stessa Unione sovietica. For­mal­mente venne definito “bar­riera di protezione antifascista”, ma concretamente non era altro che un muro di divisione, volto a frenare la fu­ga dal mondo sovietico dei berlinesi dell’Est, che cercavano la salvezza ritornando nei territori della Ger­ma­nia federale.
Si inaugurò così, in una notte di mezza estate, il monumento che, più di ogni altra costruzione degli ultimi secoli, avrebbe segnato profondamente la storia dell’Eu­ropa e del mondo intero, dividendoli fisicamente in due parti e concretizzando quell’opposizione che gli storici avrebbero poi definito Guerra fredda.
133 furono le persone che nel corso dei 28 anni di permanenza del muro cercarono la fuga: con piccoli velivoli, a bordo di mongolfiere rudimentali oppure gettandosi dalle stanze dei palazzi di confine, in tantissimi provarono ad abbandonare il mondo sovietico, lasciandosi alle spalle una realtà che andava lentamente sgretolandosi ma non voleva cedere.
A Berlino il 1989 sembrava trascorrere esattamente come e­rano passati tutti gli anni precedenti fin dalla costruzione del Muro. Solo la pressione internazionale e l’apertura del confine un­gherese verso l’Austria nell’estate di quell’anno riuscirono a dare i decisivi colpi di piccone al muro. Il 9 novembre 1989 una folla oceanica si riversò su di esso e lo abbatté, un calcinaccio alla volta, cancellando la follia di un popolo diviso a metà e di famiglie separate senza una ragione.
Oggi che da quell’autunno sono passati più di trent’anni, resta forte il ricordo, non solo a Ber­li­no, dove muovendosi nella città, è possibile vedere la linea di mattonelle tracciata a terra laddove il muro correva, ma anche nel resto d’Europa. A Mondovì, ad esempio, tre ragazzi, Maddalena Ba­rale, Ro­berto Rossetti ed Ettore Pog­gi, all’interno del loro blog di sto­ria “Coffee and history” hanno realizzato nel 2019 il documentario “The Berlin wall”, che in poco più di otto minuti riassume che cosa rappresentarono quei 43 chilometri di cemento e filo spinato. Un buon modo per ricordare e comprendere il perché del mondo di oggi.