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«Per il rilancio si punti su aziende e territorio»

«Le imprese dovranno essere in grado di parlare al consumatore in modo nuovo»

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Proseguono le interviste di IDEA a personalità di spicco del territorio in questo momento di criticità. Su come ripensare il futuro dopo la crisi legata al Covid-19 abbiamo rivolto alcune domande a Giuseppe Tardivo, professore ordinario di economia e gestione delle imprese presso l’Università di Torino e co-fondatore della sede cuneese del Campus di management ed economia. Tardivo, a un eccezionale curriculum accademico, affianca una qualificata attività professionale e consulenziale come componente dell’Advisory Board di UniCredit e membro del Consiglio di indirizzo della Fondazione Crt e del Consiglio di amministrazione della Fondazione azienda sanitaria ospedaliera “Santa Croce e Carle” di Cuneo. Svolge inoltre un’importante attività di consulenza per imprese, enti, organizzazioni nazionali e internazionali.

Professor Tardivo, quale dovrà essere il ruolo delle imprese dopo il “lockdown”?
«La terribile esperienza che stiamo vivendo non cesserà quando il coronavirus sarà debellato poiché alcune limitazioni nei comportamenti sociali si perpetueranno nel tempo sia per le restrizioni governative sia per il cambiamento delle abitudini nelle preferenze dei consumatori. Le imprese dovranno essere capaci di “parlare” al consumatore in modo nuovo, di affrontare il mercato con strategie competitive innovative, di utilizzare strumenti di comunicazione diversi da quelli tradizionali. L’economia del dopo Covid dovrà essere basata su prodotti, processi, servizi, comunicazioni e modelli organizzativi che tengano conto di uno scenario diverso da quello finora sperimentato. Dovranno inoltre essere capaci di interpretare correttamente i segnali del mercato, avere elevata flessibilità e agire in tempi brevi. Ma il sistema produttivo dovrà anche sforzarsi di realizzare, in accordo con le autorità di riferimento, il concetto, da tempo dimenticato, di “bene comune”, che ha recuperato il suo giusto valore sostituendosi a quello del “relativismo egoista” per lungo tempo rimasto l’unico parametro di comportamento dell’economia globale, tutelando le fasce di popolazione più debole e promuovendo la “sostenibilità sociale”».

In che modo le imprese potranno concretamente realizzare la “sostenibilità sociale”?
«La crisi in atto potrebbe aprire l’opportunità di una rivoluzione radicale nel comportamento e nella mentalità delle imprese e degli imprenditori che porti al centro della programmazione economica, a prescindere dagli aspetti legati alla sanità, sei grandezze fondamentali: investimenti, ricerca, occupazione, ambiente, competitività ed educazione. La leva degli investimenti è chiara: più spesa pubblica e meno imposte. Ma la risposta non è solo quantitativa. La ripartenza dovrà affrontare anche i termini qualitativi del problema. Potrebbe essere il momento di andare oltre il “Green Deal”, dando forza al pilastro più importante della crescita: investimenti in ricerca e sviluppo, correggendo al contempo gli squilibri finora perpetuati nei settori di sanità ed educazione».

Cosa cambierà nel marketing?
«Il marketing dovrà adeguarsi al nuovo scenario di mercato rispondendo in maniera appropriata ai nuovi bisogni dei consumatori, introducendo sistemi di produzione intelligenti e mezzi di comunicazione diversi da quelli tradizionali. Si dovrà superare il concetto di mercato di massa con esperienze personalizzate. Dovrà essere ripensato il riposizionamento nella quasi totalità dei settori industriali, anzitutto quelli di spettacolo, trasporti, sport, turismo, ristorazione, convegnistica, ma tutti indistintamente saranno toccati dall’esigenza del cambiamento. Crescerà in modo esponenziale la cosiddetta “shut-in economy”, ossia il consumo connesso alle attività fatte in casa. Il marketing 4.0, focalizzato sullo “smart working”, assumerà un ruolo fondamentale per la sopravvivenza delle imprese in termini di competitività e capacità di “stare sul mercato”».

Su cosa dovranno basarsi strategie e politiche di rilancio?
«Si dovrà anzitutto riconoscere il ruolo degli enti locali per gli investimenti e per l’organizzazione dei servizi pubblici sostenendo sia le grandi aziende sia il tessuto delle piccole e medie imprese, dell’artigianato, di turismo e ristorazione, dell’agricoltura. Giocheranno un ruolo decisivo innovazione e infrastrutture digitali. Occorrerà definire strategie integrate per favorire la solidarietà e la sussidiarietà delle diverse aree europee riconoscendo il ruolo fondamentale delle comunità locali. Un discorso a parte merita l’export, punto di forza di tantissime imprese, che sta subendo un duro colpo (basti pensare agli effetti dirompenti dell’annullamento delle principali manifestazioni fieristiche sulla commercializzazione dei prodotti italiani). Occorrerà, come ha recentemente sottolineato il presidente di Confindustria Cuneo Mauro Gola, pensare, oltre a una massiccia iniezione di liquidità, a un piano straordinario di promozione del “made in Italy” in grado di rilanciare la visibilità dell’Italia nel mondo. Le imprese non possono aspettare e va abbandonato qualsiasi atteggiamento passivo. Il futuro comincia oggi».

BaNNER
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