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Massimo, Anna e quella foto ricordando Totò

Che cosa unisce Troisi a Cuneo? Vi raccontiamo una storia che arriva fino al Salone del Libro di Torino

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Non c’è una data precisa. O, almeno, non la conosciamo. Con ogni probabilità siamo a cavallo tra gli anni Settanta ed Ot­tanta.
Una foto, leggermente sfocata, un po’ rovinata dal tempo come avviene alle foto stampate da un rullino, forse infilata in un libro e dimenticata lì. Un uomo accovacciato sul marciapiede, a braccia alzate come un calciatore che ha appena gonfiato la rete con una sua prodezza, e una ragazza in piedi, quasi in posa. L’imbocco del Viadotto Soleri, ancora senza le alte barriere protettive antisuicidio che si vedono oggi. Il cartello che indica l’ingresso di Cuneo, quello degli anni Cinquanta, i segnali che ricordano il limite di velocità in città e il divieto di suonare il clacson. Tanto sole, una vecchia Simca 1000 bianca che esce dal capoluogo, una Vespa nel traffico che va verso il centro. Quasi in primo piano gli alberi di Lungostura Kennedy e i palazzi moderni costruiti negli anni Sessanta. Sullo sfondo la Bisalta e le altre montagne che fanno da quinta alla città, accarezzate da nuvole basse che, però, non minacciano pioggia. Potrebbe essere un giorno estivo, potrebbe essere una foto di una gita. Chissà…
Ma che ci fa Massimo Troisi seduto sotto il cartello che indica il nome di Cuneo all’imbocco del viadotto Soleri? È lui, con Anna Pavignano, sua compagna nella vita per lungo tempo e sceneggiatrice dei film più importanti dell’attore napoletano, ad essere immortalato dallo scatto. Nessuno sa chi sia l’autore della foto. L’unica cosa che sappiamo è il perché: la colpa è tutta di Totò.
I più âgées ricorderanno certamente il film “Totò a colori”, del 1952, con la regia di Steno, quasi sicuramente il primo lungometraggio a colori uscito in Italia. Si trattava di una raccolta di sketch che in teatro avevano già avuto enorme successo. La maggior parte con Totò e Mario Castellani, la sua spalla storica. Uno scompartimento di vagone letto, Antonio Scan­nagatti (Totò) con la sua bombetta e le sue smorfie, l’onorevole Cosimo Trombetta (Ca­stellani), distinto politico in viaggio per Milano, un alterco che cresce e s’infiamma, la celebre battuta del comico napoletano: «Sono un uomo di mondo. Ho fatto tre anni di militare a Cuneo. Le basti questo!».
Una battuta che è diventata sinonimo del principe An­tonio de Curtis (nome completo Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Com­neno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio), che ne è diventata l’emblema forse più dei quarti di nobiltà che Totò non dimenticava mai di sottolineare. Una curiosità: la quasi totalità della pellicola venne girata nei teatri di posa della Ferrania a Cairo Mon­tenotte in valle Bormida di Spigno, in quel territorio che i liguri chiamano le Langhe Savonesi.
Per questa ragione, e solo per questa, Massimo Troisi un giorno prende la sua auto e con Anna decide di andare a vedere Cuneo. È una sorta di tributo a Totò da parte di un attore che, dalla critica cinematografica viene considerato il suo erede sulle scene. Troisi, come si può vedere nella foto, è raggiante, ha raggiunto un luogo che nel suo immaginario personale e in quello collettivo, diventa un posto sacro da venerare come fosse una specie di reliquia della comicità italiana e partenopea in particolare.
Cosa poi abbiano fatto a Cuneo Massimo Troisi ed An­na Pavignano non è dato sapere, ma quell’istantanea diventa il suggello di un rapporto stretto tra i due attori che nella vita, tra l’altro, non si sono mai conosciuti personalmente. È vero però che hanno condiviso un modo di recitare, molto pirandelliano, dove l’uomo, il personaggio, la maschera diventano un tutt’uno che, spesso parte dal copione, ma che nella recitazione tende ad improvvisare lasciando da parte schemi scritti nella scenografia.
«Questa foto è nuovamente spuntata alla ribalta grazie al documentario “Laggiù qualcuno mi ama” del regista na­poletano Mario Martone, vincitore del David di Donatello 2024 come miglior documentario – racconta Danilo Paparelli, il celebre vignettista cuneese – nel quale si racconta della storia pubblica e privata di Troisi».
Paparelli, oltre ad essere una matita nota, da anni collaboratore di IDEA e illustratore di personaggi su numerose testate italiane, è il presidente dell’associazione Uomini di Mondo di Cuneo nata nel 1998, a cui si possono iscrivere gratuitamente tutti coloro che, anche per un solo minuto, hanno fatto il servizio di leva o il servizio civile nella provincia Granda. Ecco quindi il nesso che ha portato Paparelli ad incontrare Mar­tone all’appena concluso Sa­lone del Libro di Torino per consegnargli la tessera di socio.
«Martone non ha fatto il militare a Cuneo», racconta Pa­parelli, «in quanto esonerato per aver vissuto, alla fine degli anni Settanta, in Cam­pania a quei tempi classificata come “regione terremotata”. Con la nostra provincia, però, è comunque legato da un’intensa attività professionale, basti pensare alle tante scene girate sul nostro territorio ai tempi di “Noi credevamo”, la pellicola dedicata al Ri­sorgimento italiano”. Il film di Martone, che è stato per dieci anni dal 2007 il direttore artistico del Teatro Stabile di Torino, nel 2010 ha vinto ben sette David e molte di queste scene hanno trovato sede alla Castiglia di Saluzzo. Ma anche Savigliano e alcune località del Pinerolese hanno visto la troupe del regista partenopeo in azione.
Da qui il tutto, così è spiegato l’arcano della foto. Una qualsiasi coppia di fidanzati in gita, d’estate. Semplicemente Massimo ed Anna, una città per loro sconosciuta, al riparo dalle luci della ribalta, una placida giornata di sole in una placida meta.

Articolo a cura di Luis Cabasés

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