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«Animazione, sogno in 3D che si è avverato»

L’avventura artistica di Nicola Sterpone, albese che vive a Montreal e lavora su progetti coloratissimi, da SpongeBob alle Tartarughe Ninja: «Le mie “marionette”»

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«Sono nato ad Alba nel 1982, ma sono cresciuto a Neive. Posso dire di aver trascorso un’infanzia felice e spensierata scorrazzando in bici nelle campagne langarole e guardando i cartoni animati a casa della non­na dopo la merenda rigorosamente a base di pane e Nu­tella. Di quei tempi ricordo che nelle nostre avventure fantastiche con gli amici ci piaceva im­personare una delle quattro Tartarughe Ninja. Non avrei mai immaginato che 30 anni più tardi avrei lavorato su un loro film». Nicola Sterpone oggi è animatore 3D alla Mikron Animation di Montreal, in Ca­nada.

Un sogno diventato realtà?
«Fino ai 20 anni ignoravo che l’animazione potesse essere un mestiere. Poi un giorno, andai ad una conferenza a Torino dove un certo Luca Prasso presentava il suo lavoro su “Shrek 2” e “Madagascar” (realizzati in Dre­amworks Animation nel 2004). E lì, rimasi folgorato».

Come è arrivato in Canada?
«In seguito a una proposta lavorativa del 2015. Ai tempi vivevo a Valence, nella Drome fran­cese: c’era uno studio d’animazione, Team­To, nel qua­le lavoravo da anni. Ci occupavamo principalmente di serie televisive (“Codice Angelo” e i “Raving Rabbids” tra le più conosciute). Era un buon posto, ma io sognavo il cinema e mi so­no iscritto a una scuo­la di animazione online (iAni­mate) specializzata in lungometraggi (feature animation). Si trattava di svolgere animazioni prima basilari come un personaggio che cammina, poi sempre più complesse e proporle a un insegnante veterano del settore che lavorava in un grande studio americano (Dre­am­works o Disney solitamente) per ricevere critiche e correzioni direttamente da lui. L’u­nico intoppo era che gli incontri avvenivano nel cuore della notte per la differenza di fuso orario. Dopo alcuni moduli uno dei miei insegnanti, Ted Ty, leggenda vivente dell’animazione che vanta oltre 20 anni di storia in film che hanno fatto la mia infanzia (“Il Re Leone”, “Mu­lan”, “Lilo e Stitch”… ), mi propose di raggiungerlo in un piccolo studio d’animazione a Montreal (sua città natale), per aiutarlo a terminare un piccolo film indipendente,“Ballerina”. Doveva essere un contratto di pochi mesi, ma poco dopo il mercato dell’animazione è fiorito a Montreal soprattutto grazie a politiche fiscali vantaggiose attuate dal Quebec e le opportunità per me che ero un animatore con già 10 anni di esperienza si sono moltiplicate. Così sono rimasto qui».

Come è lavorare nell’animazione 3D rispetto ai cartoni animati di qualche anno fa?

«Un po’ come giocare con una marionetta. Solo che questa marionetta è dentro a un software di animazione, non casca a terra se la solleviamo a mezz’aria e non dobbiamo preoccuparci di danneggiarla. I vantaggi di questo approccio sono molteplici, primo fra tutti è che non è più fondamentale essere maestri del disegno. Inoltre è possibile rifinire la propria animazione anche una volta completata, raggiungendo livelli di dettaglio altissimi».

Quali competenze e abilità bisogna avere per essere un animatore 3D?

«Una preparazione artistica di base è fondamentale per sapere come creare una bella immagine. I nostri personaggi sono co­me attori, quindi anche la recitazione è importante. Chiara­mente lavorando nel cinema o televisione bisogna conoscere il linguaggio di questi mezzi di co­municazione. Si lavora al computer, quindi anche sapersi de­streggiare tra software complessi è cruciale. Last but not least, questo lavoro parla inglese».

Quali possono essere i futuri sviluppi nel settore?
«Siamo in un periodo di grandi cambiamenti, a fianco dei leggendari studi americani sono nate nuove realtà immediatamente passate alla ribalta grazie all’originalità dei loro contenuti e alle nuove tecnologie di produzione\diffusione. Le piattaforme di streaming hanno cambiato la nostra maniera di fruire dei contenuti audiovisivi, ora il pubblico è più educato e chiede di più in termini di qualità e quantità. I social media permettono un’interazione quasi diretta con le case di produzione, le star, addirittura gli studi come Mikros Animation (dove lavoro) che erano al sicuro dietro le quinte. Credo che ci sarà un fiorire di contenuti creati da studi indipendenti grazie all’avvento dell’intelligenza artificiale che potrà essere utilizzata per ottimizzare e semplificare i processi produttivi».

Il suo ultimo lavoro?
«L’ultimo di cui posso parlare è “Teenage mutant Ninja Turtles, Mutant May­hem” (“Tartarughe Ninja: Caos Mutante” in italia). Come detto, è stato emozionante lavorare su un franchise che ho amato così tanto da bambino, ricordo che dopo aver firmato il contratto ho chiamato mia madre e le ho chiesto “ti immagini se l’avessi saputo da bambino?”, “saresti saltato da tutte le parti…” mi ha risposto. Al di là dell’aspetto emotivo, queste tartarughe so­no molto diverse da quelle che ricordavo. Innanzi tutto sono dei veri teenagers, non interamente padroni delle tecniche di combattimento. Ho dovuto rinfrescare la mia memoria di adolescente per farli muovere in modo credibile. Un altro aspetto interessante è stato lo stile grafico del film, grezzo e in controtendenza rispetto agli standard disneyani. “Spiderman, into the Spider­verse” è stato un apripista in questo senso».

SpongeBob: perché è speciale?

«È un altro personaggio a cui sono molto legato, forse il più rappresentativo di una serie di personaggi irriverenti e di rottura nati negli anni ’90. Forse verso la fine degli anni ’80 ci si era stufati di un certo manierismo e sono usciti questi cartoni un po’ assurdi come i Sim­p­sons, South Park, Ren e Stimpy e appunto SpongeBob. Ha più livelli di lettura, fa divertire giovani e adulti senza necessariamente essere volgare».

“Tartarughe Ninja”, “Paw Pa­trol”, “Capitan Mutanda”: in quale di questi lavori si è trovato più a suo agio?
«Ognuno mi ha lasciato qualcosa di indimenticabile. “Capitan Mutanda” è stato il mio primo film internazionale e lavorare per Dream­works era da sempre uno dei miei sogni. I protagonisti sono due bambini che disegnano fumetti e finiscono per trasformare il preside della loro scuola in un supereroe, non posso negare di aver fatto qualcosa di molto simile tra i banchi del Liceo Cocito ad Alba decenni prima. “Paw Patrol” è stato una sorpresa, il regista Cal Brunker voleva sostanzialmente un ac­tion movie. Per animare i veicoli ci siamo ispirati a “Tran­sformers” e “Fast and Fu­rio­us”. Su “Tartarughe Ninja” fra le altre cose Mikros Anima­tion ha organizzato workshop con esperti di arti marziali perché imparassimo come si ma­neggiano katane, bo, sai e nunchuck».

Ha in programma un viaggio nelle Langhe?

«Ci verrò presto. Mi mancano gli agnolotti al plin!».

BaNNER
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