L’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani (Uncem), fondata nel 1952, sta celebrando i suoi settant’anni. A Cuneo, ovvero nel cuore di quella piccola grande Italia che l’Uncem l’ha fondata, la ricorrenza è stata festeggiata con un partecipatissimo convegno che si è svolto lunedì 25 settembre, nel salone d’onore della Camera di Commercio.
Un evento pubblico di assoluto interesse, promosso proprio dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di Cuneo e dall’Uncem, durante il quale è stato riservato un ricordo particolare ai fondatori dell’Unione, i cuneesi Giovanni Sartori e Giovanni Carlo Giraudo, oltre che ad altre figure di spicco nell’ambito dell’organismo, come Lido Riba (ne parliamo in modo più approfondito nel box a fianco). Sono intervenuti, tra gli altri, Mauro Gola, presidente della Camera di Commercio di Cuneo, Roberto Colombero, presidente di Uncem Piemonte, Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, Silvano Dovetta, consigliere alla Montagna della Provincia di Cuneo, Patrizia Manassero, sindaco di Cuneo e i past president Uncem Guido Gonzi ed Enrico Borghi. L’appuntamento è poi proseguito con una serie di relazioni, presentate da Alessandro Durando, consigliere della Camera di Commercio di Cuneo, Marco Bussone, presidente nazionale Uncem, Giampiero Lupatelli del Consorzio Caire, Aldo Bonomi, presidente di Aaster, e Alberto Ceriani, docente dell’Università di Pavia. Anche noi di IDEA abbiamo seguito l’evento e, a margine, abbiamo intervistato il presidente di Uncem Piemonte, l’ex sindaco di Canosio, a lungo presidente della Comunità (poi Unione) Montana Valle Maira, Roberto Colombero.
Colombero, quando, nel 2020, si insediò come presidente di Uncem Piemonte disse che i territori montani avevano bisogno di ottenere giustizia sociale e ambientale. A che punto siamo?
«Diciamo che i lavori sono in corso… La giustizia sociale e ambientale a cui facevo riferimento deve essere un obiettivo e, al tempo stesso, uno strumento. Uno strumento per creare sviluppo a favore dei territori montani. In tutto questo, è essenziale avere una visione il più possibile contemporanea delle sfide che ci attendono. Noi ci stiamo muovendo proprio in questa direzione: ci sono difficoltà, ma ci sono pure dei segnali che fanno intuire che il cambiamento, per quanto complicato, è possibile».
Ha parlato di visione contemporanea. Quali sono le altre parole chiave?
«Servizi, innovazione, sostenibilità ma soprattutto comunità. Il termine attorno al quale ruota davvero tutto è proprio “comunità”. Dobbiamo tornare a dare peso e valore alla generazione e alla ri-generazione delle comunità. Bisogna cioè far sì che in tutti gli ambiti – dalla transizione digitale a quella ecologica – le comunità tornino a essere protagoniste. Come si fa? Mettendo in condizione queste comunità di avere opportunità reali e concrete. Altrimenti, le comunità dei territori montani continueranno a essere spettatori – paganti, purtroppo – di uno sviluppo che interessa quasi esclusivamente altre realtà».
Da dove si parte allora?
«Di fronte a ogni decisione che si prende – dal turismo all’agricoltura – è necessario fissare come fulcro la comunità. E lo si sta capendo, per fortuna. Si pensi ad esempio alle comunità energetiche, alle cooperative di comunità o alle associazioni fondiarie».
In questo processo quale può essere il ruolo di Uncem?
«Continuiamo a portare avanti la nostra missione originaria, ossia essere i sindacati dei territori montani. Lo facciamo cercando di stimolare, cercando di essere, per dirla nel gergo dei casari, dei fermentatori. Dei fermentatori di innovazione culturale».
È soddisfatto dei risultati che state ottenendo?
«Sì. Operiamo cercando di mettere insieme diversi portatori di interesse, creando relazioni, specie nel mondo della Pubblica Amministrazione, delle organizzazioni datoriali, delle associazioni di categoria. E i primi frutti si stanno vedendo: mai come in questo preciso momento storico, infatti, c’è stata un’attenzione così elevata per le esigenze e le caratteristiche delle cosiddette aree interne».
“Essere fermentatori di innovazione culturale”. A cosa si riferisce esattamente?
«Vogliamo favorire un salto di paradigma culturale sulle sfide che oggi devono essere prioritarie per l’intero Paese. L’Italia, del resto, eccezion fatta per le poche città metropolitane, è costituita principalmente da piccoli centri, che fanno del Bel Paese una realtà rurale. Bisogna averne consapevolezza. Solo così si potranno dare risposte reali ai bisogni della gente».
Servono riforme?
«Dobbiamo anzitutto chiederci quale sia oggi il soggetto giuridico più funzionale ad affrontare le sfide odierne. I Comuni restano fondamentali ma mancano degli altri strumenti indispensabili. Mancano gli strumenti che definiscano in maniera efficace in che modo i Comuni possono stare e lavorare insieme, quali risposte si devono dare a determinate necessità. Una seria riflessione sull’architettura attuale dello Stato andrebbe fatta, a partire da una revisione organica del Testo Unico degli Enti Locali. Tutto ciò ovviamente andando oltre qualsiasi ideologia».
Cosa si immagina quindi per il prossimo futuro?
«Vorrei fare capire in concreto che l’Italia, se prendesse consapevolezza di essere una grande comunità diffusa, troverebbe tanti elementi di forza. In tale ragionamento i territori montani, come dicevo, dovranno essere la priorità. E non ci si limiti a guardare quelle esperienze montane che costituiscono già un elemento luminoso. Si definisca a livello istituzionale un’organizzazione contemporanea e prospettica capace di rendere luminoso l’intero sistema-Paese».
«Lido Riba sempre con noi: ci ha insegnato il valore delle relazioni»
Nella storia dell’Uncem un significativo capitolo porta la firma del compianto Lido Riba, amministratore di Caraglio che ha guidato l’Uncem Piemonte – come presidente – dal 2005 al 2020. A un anno dalla sua scomparsa, noi di IDEA desideriamo ricordarlo e rendergli omaggio, alla luce del suo forte impegno profuso a favore dello sviluppo del nostro territorio e anche del legame che aveva stretto con la nostra rivista. Per tratteggiarne il profilo abbiamo interpellato il suo successore alla presidenza dell’Uncem piemontese, Roberto Colombero: «Di Lido non parlo mai al passato: continua a essere presente e a entrare in ogni discorso che riguarda i territori montani – ha dichiarato Colombero -. Porto sempre con me il suo sorriso, simbolo della sua incredibile capacità di creare relazioni a prescindere dalle ideologie. Non è una cosa affatto banale, specie se fatta già in un’epoca in cui le ideologie erano motivo di importanti divisioni. In questo modo, Lido è riuscito a vincere diverse battaglie per il territorio. È questo il suo insegnamento che deve accompagnarci ogni giorno». «Del resto – ha aggiunto il presidente di Uncem Piemonte, Roberto Colombero – abbiamo toccato con mano, durante il Covid, quanto siano fondamentali le relazioni. E oggi più che mai ne abbiamo bisogno, soprattutto in politica. Non dimentichiamo mai che a fare la differenza sono le persone. Lido ne è sempre stato convinto: per questo, oltre che essere contemporanea, la sua visione è decisamente proiettata verso il futuro. E a tutto ciò si aggiunge un aspetto: questa sua capacità di creare relazioni, che a ben vedere è quasi un dono, non l’ha tenuta per sé, ma l’ha condivisa e l’ha addirittura insegnata, mostrando una generosità incredibile, rarissima al giorno d’oggi, soprattutto in ambito politico».