La Granda festeggia un altro successo sportivo. È quello di Giovanni Mocci, giudice del Tribunale di Cuneo, che nei giorni scorsi, dopo la vittoria ottenuta nel 2022, si è confermato campione italiano magistrati di tennis (in singolo e in doppio) e di padel (in doppio). Sardo di origine ma ormai cuneese d’adozione, il magistrato attivo nella Sezione Penale del foro di Cuneo ha conquistato il massimo titolo nazionale in Toscana, primeggiando nel torneo che ha visto partecipare una cinquantina di professionisti del mondo giudiziario. E poi è stato premiato da una leggenda della racchetta tricolore, Paolo Bertolucci, oltre che dal giornalista sportivo di Sky, Stefano Meloccaro. Lo abbiamo intervistato.
Magistrato Mocci, per il secondo anno consecutivo si è laureato campione d’Italia. Si è di nuovo emozionato?
«Assolutamente sì! La gioia è stata di nuovo grandissima. Non è mai facile confermarsi, specie poi, come successo in Toscana, quando si hanno di fronte avversari di altissimo livello».
Quando ha preso la racchetta in mano per la prima volta?
«Amo da sempre il tennis. Ho iniziato a praticarlo attorno ai sei anni. Da allora non mi sono quasi più fermato. E oggi di anni ne ho quasi trentasette…».
Come mai a un certo punto ha interrotto l’attività?
«Giocavo in continuazione, e cercavo sempre di fare risultato. Partite, tornei, competizioni varie. Ho forse premuto troppo sull’acceleratore e così sono arrivato a sedici anni che mi sentivo un po’ “saturo”. E poi c’è un’altra cosa: me la cavavo piuttosto bene, ma avevo capito che non sarei riuscito a sfondare ad alti livelli».
Per quanto tempo è rimasto lontano dal tennis?
«Per sette-otto anni. Ma in fin dei conti, questo stop è stato positivo…».
Perché?
«Perché quando ho ripreso, l’ho fatto con ancora maggiore entusiasmo. La passione si è immediatamente riaccesa e nel giro di qualche anno ho anche ricominciato a fare tornei».
Così è tornato a vincere anche in provincia di Cuneo, proprio come faceva in Sardegna.
«Sono, e ne vado fiero, originario di Nuoro: effettivamente, da quando lavoro al Tribunale di Cuneo, ossia dal 2020, ho ottenuto una serie di buoni risultati. Ho vinto quattro tornei e raggiunto diverse finali, oltre ad aver conquistato i titoli nazionali di categoria».
In Granda si è trovato bene…
«Proprio così. Sia per quanto riguarda l’aspetto lavorativo, grazie a ottimi colleghi – dai giudici al personale di Cancelleria e agli avvocati -, sia per quello sportivo. Ma anche dal punto di vista sociale e della qualità della vita».
Peraltro, da quando è a Cuneo, gioca pure a padel.
«Una premessa: noi che giochiamo a tennis da tanto tempo siamo fedeli al primo amore. Devo dire, però, che anche il padel inizia a divertirmi. E il merito va ascritto al presidente del Tribunale di Cuneo, Paolo Giovanni Demarchi Albengo: giochiamo spesso insieme».
In Toscana, nel torneo di padel, ha giocato con il collega Andrea Vacca, sostituto procuratore a Cagliari.
«Anche lui è un caro amico. È stata una grandissima soddisfazione vincere con lui, anche perché non eravamo i favoriti».
Federer o Nadal?
«Nemmeno il minimo dubbio: Federer è il Tennis con la “t” maiuscola. Mi vergogno quasi a dirlo: nonostante il mio modo di giocare sia completamente diverso dal suo, mi sono sempre ispirato al campione svizzero».
E tra gli italiani?
«Fognini, anche se ormai ha già raggiunto il culmine della sua carriera, è un talento assoluto. Poi ci sono, in ordine sparso, Sinner, Musetti, Sonego e Berrettini. Insomma, possiamo essere fiduciosi».
Ci sono punti di contatto tra questo sport e la vostra professione?
«Rispondo in base alla mia esperienza personale: il tennis, con tutto ciò che implica, mi ha aiutato molto nell’approccio al concorso da magistrato e mi aiuta ora a gestire con una certa lucidità tutti i casi, compresi i più complessi».
Altri sport oltre al tennis?
«Il calcio. L’ho praticato molti anni e adesso gioco nel campionato magistrati con il Cagliari (perché lì ho fatto il tirocinio)».
Anche a calcio ha vinto il titolo italiano?
«Ci è sfuggito per un soffio, in finale, contro il Catania».
Ecco il prossimo obiettivo.
«Sì, spero di avere la rivincita».
E fuori dallo sport?
«Sono concentrato sull’attività al Tribunale di Cuneo: è una realtà particolarmente efficiente con professionisti molto competenti e disponibili che lavorano al massimo. È davvero una bella sensazione».
Il presidente del tribunale Demarchi Albengo: «Lo sport è una scuola di vita»
Il primo tifoso del giudice Giovanni Mocci è il presidente del Tribunale di Cuneo, Paolo Giovanni Demarchi Albengo, anche lui, peraltro, campione in campo sportivo, visto che nel suo palmarès conta anche il titolo nazionale di sci nautico. Ma come ha accolto la vittoria di Mocci? «Con grande gioia – ci ha risposto Demarchi Albengo -. Primo perché Giovanni Mocci è un amico, oltre che un collega. Poi perché credo che ognuno di noi debba coltivare delle proprie passioni al di fuori dell’ambiente di lavoro. Avere diversi interessi stimola l’elasticità mentale e la resilienza». Colleghi, amici ma anche compagni di allenamenti. E chissà che in futuro non lo diventino pure in partita. «In passato ho partecipato a diverse gare nazionali di sci alpino, oltre che, più recentemente, di sci nautico, con qualche vittoria, anche di squadra – ha osservato il Presidente del Tribunale di Cuneo -. L’anno prossimo vorrei tornare a questo tipo di competizioni e pure a quelle della “racchetta”, magari proprio in coppia con il collega pluricampione». Sorge spontanea una domanda: vista la grande passione dei magistrati cuneesi per il tennis, verrà organizzato il torneo ufficiale del Tribunale? «Al momento no – spiega, sorridendo, il Presidente -. Un conto è trovare il tempo di allenarsi, cosa già parecchio complicata. Altro è organizzare un evento. Magari quando sarò in pensione. Battute a parte, vedo con favore tutte le iniziative che stimolano la pratica sportiva; lo sport non solo fa bene alla salute (e quando c’è salute, pure il cervello funziona meglio) e aiuta scaricare le tensioni che si accumulano in un lavoro di responsabilità come il nostro, ma è efficace come scuola di vita, perché aiuta a confrontarsi con gli altri e ad affrontare le difficoltà, senza mai perdersi d’animo».