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«Io, giudice a Cuneo campione italiano di tennis e padel»

Il magistrato sardo Giovanni Mocci, nel foro cuneese dal 2020, ha ottenuto un importante risultato sportivo

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La Granda fe­­­steggia un altro suc­­cesso sportivo. È quello di Gio­vanni Mocci, giudice del Tri­bunale di Cuneo, che nei giorni scorsi, dopo la vittoria ottenuta nel 2022, si è confermato campione italiano magi­stra­ti di tennis (in singolo e in doppio) e di padel (in doppio). Sardo di origine ma ormai cu­neese d’adozione, il magistrato at­tivo nella Sezione Penale del fo­ro di Cuneo ha conquistato il mas­simo titolo nazionale in To­scana, primeggiando nel torneo che ha visto partecipare una cinquantina di professionisti del mondo giudiziario. E poi è stato premiato da una leggenda della racchetta tricolore, Paolo Ber­to­lucci, oltre che dal giornalista spor­tivo di Sky, Stefano Meloc­ca­ro. Lo abbiamo intervistato.

Magistrato Mocci, per il se­condo anno consecutivo si è laureato campione d’Italia. Si è di nuovo emozionato?
«Assolutamente sì! La gioia è stata di nuovo grandissima. Non è mai facile confermarsi, specie poi, come successo in Toscana, quando si hanno di fronte avversari di altissimo livello».

Quando ha preso la racchetta in mano per la prima volta?
«Amo da sempre il tennis. Ho iniziato a praticarlo attorno ai sei anni. Da allora non mi sono quasi più fermato. E oggi di anni ne ho quasi trentasette…».

Come mai a un certo punto ha interrotto l’attività?
«Giocavo in continuazione, e cercavo sempre di fare risultato. Partite, tornei, competizioni varie. Ho forse premuto troppo sull’acceleratore e così sono arrivato a sedici anni che mi sentivo un po’ “saturo”. E poi c’è un’altra cosa: me la cavavo piuttosto be­ne, ma avevo capito che non sa­rei riuscito a sfondare ad alti livelli».

Per quanto tempo è rimasto lontano dal tennis?
«Per sette-otto anni. Ma in fin dei con­ti, questo stop è stato positivo…».

Perché?
«Perché quando ho ripreso, l’ho fatto con ancora maggiore entusiasmo. La passione si è immediatamente riaccesa e nel giro di qualche anno ho anche ricominciato a fare tornei».
Così è tornato a vincere anche in provincia di Cuneo, proprio co­me faceva in Sardegna.
«Sono, e ne vado fiero, originario di Nuoro: effettivamente, da quando lavoro al Tribunale di Cuneo, ossia dal 2020, ho ottenuto una serie di buoni risultati. Ho vinto quattro tornei e raggiunto diverse finali, oltre ad aver conquistato i titoli nazionali di categoria».

In Granda si è trovato bene…
«Proprio così. Sia per quanto ri­guarda l’aspetto lavorativo, grazie a ottimi colleghi – dai giudici al personale di Cancelleria e agli avvocati -, sia per quello sportivo. Ma an­che dal punto di vista sociale e della qualità della vita».

Peraltro, da quando è a Cu­neo, gioca pure a padel.
«Una premessa: noi che giochiamo a tennis da tanto tem­po siamo fedeli al primo amo­re. Devo dire, però, che anche il padel inizia a divertirmi. E il merito va ascritto al presidente del Tribunale di Cuneo, Paolo Gio­vanni Demarchi Albengo: giochiamo spesso insieme».

In Toscana, nel torneo di pa­del, ha giocato con il collega Andrea Vacca, sostituto pro­curatore a Cagliari.
«Anche lui è un caro amico. È stata una grandissima soddisfazione vincere con lui, anche perché non eravamo i favoriti».

Federer o Nadal?
«Nemmeno il minimo dubbio: Federer è il Tennis con la “t” maiuscola. Mi vergogno quasi a dirlo: nonostante il mio modo di giocare sia completamente di­verso dal suo, mi sono sempre ispirato al campione svizzero».

E tra gli italiani?
«Fognini, anche se ormai ha già raggiunto il culmine della sua carriera, è un talento assoluto. Poi ci sono, in ordine sparso, Sinner, Musetti, Sonego e Ber­ret­tini. Insomma, possiamo es­se­re fiduciosi».

Ci sono punti di contatto tra questo sport e la vostra professione?
«Rispondo in base alla mia esperienza per­sonale: il tennis, con tutto ciò che implica, mi ha aiutato mol­­to nell’approccio al con­­corso da ma­gistrato e mi aiuta ora a gestire con una certa lucidità tutti i ca­si, compresi i più complessi».

Altri sport oltre al tennis?
«Il calcio. L’ho praticato molti anni e adesso gioco nel campionato ma­gistrati con il Cagliari (perché lì ho fatto il tirocinio)».

Anche a calcio ha vinto il titolo italiano?
«Ci è sfuggito per un soffio, in finale, contro il Catania».

Ecco il prossimo obiettivo.
«Sì, spero di avere la rivincita».

E fuori dallo sport?
«Sono concentrato sull’attività al Tribu­nale di Cuneo: è una realtà particolarmente efficiente con professionisti molto competenti e disponibili che lavorano al massimo. È davvero una bella sensazione».

Il presidente del tribunale Demarchi Albengo: «Lo sport è una scuola di vita»

Il primo tifoso del giudice Gio­vanni Mocci è il presidente del Tribunale di Cu­neo, Paolo Giovanni Demarchi Al­ben­go, an­che lui, peraltro, cam­pione in cam­po sportivo, visto che nel suo palmarès conta anche il titolo nazionale di sci nautico. Ma come ha accolto la vittoria di Mocci? «Con gran­de gioia – ci ha risposto De­marchi Al­bengo -. Primo perché Gio­vanni Mocci è un ami­co, oltre che un collega. Poi perché credo che ognuno di noi debba coltivare delle proprie passioni al di fuori dell’ambiente di la­voro. Avere diversi interessi stimola l’e­la­sticità mentale e la resilienza». Col­leghi, amici ma an­­che compagni di allenamenti. E chissà che in fu­turo non lo diventino pure in partita. «In passato ho partecipato a diverse gare nazionali di sci alpino, oltre che, più recentemente, di sci nautico, con qualche vittoria, an­che di squadra – ha osservato il Pre­­sidente del Tribu­nale di Cu­­­­­neo -. L’anno prossimo vorrei tornare a questo tipo di competizioni e pure a quelle della “racchetta”, ma­gari proprio in coppia con il collega pluricampione». Sorge spontanea una domanda: vi­sta la grande passione dei magistrati cu­neesi per il tennis, verrà or­ga­nizzato il torneo ufficiale del Tri­bu­na­le? «Al mo­mento no – spie­­ga, sorridendo, il Pre­­sidente -. Un con­­­­­to è trovare il tem­po di allenarsi, cosa già parecchio complicata. Al­tro è organizzare un evento. Ma­­­gari quan­­do sarò in pensione. Battute a parte, ve­do con favore tutte le iniziative che stimolano la pratica sportiva; lo sport non solo fa bene alla sa­lute (e quando c’è salute, pure il cervello funziona meglio) e aiuta sca­ricare le tensioni che si accumulano in un lavoro di responsabilità come il nostro, ma è efficace come scuola di vita, perché aiuta a confrontarsi con gli altri e ad affrontare le difficoltà, senza mai perdersi d’animo».

BaNNER
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