Pacchi di serenità

Amadeus ripropone Affari tuoi, confermandosi volto popolarissimo della tv: dall’Anno che verrà a Sanremo ai Soliti Ignoti entra in tutte le case con leggerezza. E piace a un pubblico d’età e gusti diversi, come Corrado, Bongiorno e Carrà cui si ispirava da bambino

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Tornano i pacchi di Affari tuoi e qualcuno rimpiange i Soliti Ignoti. Lì, in fondo, abilità e intuito erano basilari per accumulare un tesoretto, adesso si torna al puro caso, alle carte distribuite dalla fortuna. Dettagli: al di là di format e regolamenti, a garantire il successo è la verve del conduttore, mistura di brio moderno e confortante aplomb da presentatore classicissimo, rassicurante e ironico, vicino di pianerottolo e vip. Amedeo Umberto Rita Sebastiani – questo il vero nome, dimenticato, di Amadeus -, ragazzo di sessant’anni, nato a Ravenna, piace essenzialmente per la fusione di maschere, perché si adatta a gusti opposti e conquista fasce d’età diverse, così raggiungendo un pubblico che varca i bacini d’utenza tradizionali. Le battute, il sorriso, il talento incollano telespettatori d’ogni livello a game concepiti per target annoiati, così come avvicinano insospettabili snob a quel fenomeno nazionalpopolare che è Sanremo.
Alla base del segreto, oltre a una simpatia innata e a una predisposizione naturale alla tempistica che le telecamere richiedono, un percorso professionale che ha abbracciato più esperienze e cominciato con una lunga gavetta, utile a sviluppare interazione e improvvisazione, la forza della semplicità e la disinvoltura con il microfono. Gavetta autentica, tra bar e discoteche, poi una radio minuscola prima tappa della crescita che lo porta a Radio Deejay, scoperto da Cecchetto e lanciato con Fiorello e Jovanotti, ai quali è tuttora legatissimo, quindi ad altre importanti emittenti nazionali. L’approdo in tv nel 1993 con il Festivalbar, ma l’impronta forte è impressa dal preserale, dove trova terreno fertile la vocazione che gli permetterà di rastrellare consensi e record a Sanremo: «Trasmettere leggerezza, regalare un sorriso, portare un clima di serenità nelle case».
Non stanca, Amadeus. Il suo volto, la sua voce, le sue parole gentili, sono ormai parte della nostra quotidianità. E non si stanca lui, perché il lavoro è passione – non però ragione unica di vita, come per tanti colleghi tristemente – e i dubbi del mondo dello spettacolo sull’immagine inflazionata non lo sfiorano: successo e gradimento, al contrario, appaiono proporzionali alla presenza in tv, difatti ci accompagna ininterrottamente dalla notte di Capodanno che tramuta in immenso karaoke al festival di Sanremo che ha lunghe vene politiche e sociali ma resta orgoglio nazionale e ricolloca al centro la musica, attorno a serate fredde d’inverno e tiepide di primavera passate a indovinare pacchi o fisionomie. D’altronde chi si è mai stancato di Corrado, Mike Bongiorno o Raffaella Carrà, i personaggi che Amadeus bambino seguiva sul piccolo schermo e sognava di emulare? Abitava a Verona, lontano dalle rotte della tv, ma ci credeva e ha lottato e sofferto, finché eccolo in ogni nostra casa con tanti bambini che sognano di diventare Amadeus: «Ho la fortuna di format che funzionano – si schermisce -, di mio ci metto la naturalezza e l’entusiasmo: fingere è difficile e dopo tanti anni impossibile». Chiuse le telecamere, del personaggio resta nulla: evade dalla mondanità e si rifugia in famiglia, con la moglie Giovanna e i figli Alice – nata dal primo matrimonio con Marisa – e José il cui nome è un omaggio a Mourinho, l’allenatore che ha scritto grandi pagine sulla sua Inter.