«Noi piemontesi dediti al lavoro come Elisabetta»

La Regina d’Inghilterra e la sua famiglia raccontati dalla giornalista e scrittrice Enrica Roddolo

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Si intitola “Elisabetta&I Segreti di Buckingham Pa­lace” (Cairo, 2022) l’ultimo dei li­bri che Enrica Rod­do­lo, giornalista e scrittrice piemontese, residente a Milano, ha dedicato alla famiglia reale inglese. Si tratta di una biografia della sovrana che quest’anno festeggia il giubileo di platino, ovvero i settant’anni di regno. Laureata in Giurispru­den­za a Torino con indirizzo Interna­zionale ed Eco­nomico, la scrittrice ha curato per il Corriere della Sera (di cui è vice caporedattore ad personam) i due volumi “La Regina”, dedicati al­la vita di Elisabetta II, e sono già in stampa due ulteriori libri-in­chiesta che vedranno i Windsor alle pre­se con le sfide dell’attualità.

Enrica, quando nasce la sua passione per i Reali?

«Mentre lavoravo al Sole 24 Ore scrissi un servizio sull’andare per castelli che piacque all’editore di Piemme Edizioni: così mi propose di scriverne ampiamente e nel ’95 uscì il mio primo libro “Guida ai castelli d’Italia”. Fu l’ini­zio di uno studio approfondito, nato dalla convinzione che parlare dei Reali sia un modo originale per occuparsi di storia e politica. Nei miei libri e articoli racconto, infatti, le relazioni internazionali attraverso le nu­merose e potenti famiglie reali europee».

C’è una famiglia a cui è particolarmente legata, a parte i Windsor?
«I Grimaldi di Monaco, a cui ho dedicato il mio libro “La dinastia dei Grimaldi”. Si tratta del casato reale più antico d’Europa, sot­to lo scettro della stessa famiglia da oltre 700 anni, da quando nel 1297 Francesco “Malizia” Grimaldi riuscì a espugnare con l’astuzia la rocca…».

Nell’era della globalizzazione, questa città-stato guidata da un principe è anacronistica?
«Non direi, anzi. Il principe Al­berto, che vanta una grande preparazione internazionale, è una persona estremamente moderna come dimostra la sua attenzione alla sostenibilità che gli è valsa il soprannome di “Prin­cipe ver­de”. Inoltre, è sempre stato un fautore dell’apertura di Monaco a un ambiente globale, basti pensare che il presidente cinese Xi Jinping, dopo la recente visita in Europa, prima di rientrare nel suo Paese, è passato da Monaco, fatto che evidenza la portata internazionale di questo piccolo Stato».

La famiglia reale di cui conosce ogni segreto però è quella inglese.

«La seguo da vicino da decenni ormai. A giugno sono stata in­viata speciale del Corriere della Sera a Londra per raccontare i festeggiamenti per il giubileo di platino e ho rilevato in prima per­sona la straordinarietà di que­sto evento. La copertura del­le celebrazioni da parte della stam­pa internazionale conferma la simpatia nei confronti della sovrana e il suo primato di longevità sul trono: ha infatti già superato per durata di regno la regina Vittoria dell’Ottocento e ora le rimane da battere soltanto il record del Re Sole, Luigi XIV».

La serie Netflix “The Crown” traccia dei Windsor un ritratto a tratti impietoso, tra rigidità di pro­tocollo, tensioni famigliari e l’ossessione per l’immagine di fronte al popolo. In particolare, Filippo, il duca di Edimburgo e marito della sovrana, viene ritratto insofferente e stretto nel ruolo di principe consorte. Si è vicini alla realtà secondo lei?
«Filippo, a cui ho dedicato il li­bro “Filippo and the Queen”, è stato di certo meno istituzionale e più imprevedibile rispetto alla Re­gina, basti pensare alle sue gaffe dirompenti, ma il suo tratto caratteristico rimane un’acutissima intelligenza. Era proiettato verso una carriera militare di suc­cesso, un uomo coraggioso che ha conosciuto il campo di guerra ed erede della famiglia reale di Grecia e Danimarca, ma dal punto di vista del rango e del prestigio famigliare i genitori del­la futura sovrana avrebbero desiderato di meglio. Quando Eli­sabetta scelse Filippo come marito, compiendo così la sua prima scelta politica, fu per l’innegabile fascino, ma più per la sua intelligenza sferzante. Fu l’unico a dire alla Regina sempre quello che pensava e lei spesso si adeguò».

Cosa le consigliò?
«Fu lui a suggerire alla Regina di andare in televisione, negli anni ’60, per i famosi discorsi di Natale. Fu Filippo che ebbe l’intuizione di aprire le porte di Buckingham per il famoso documentario “Royal Family” del 1969, in cui gli attori erano veramente i Windsor: venivano ripresi nella loro quotidianità, dai pasti della Regina alle sue uscite con i bambini».

Perché, da secoli, tutto il mon­­do si appassiona tanto per le vicende dei Reali inglesi?
«Come disse giustamente Wal­ter Bagehot, costituzionalista e direttore dell’Economist nel­l’Ottocento, il successo dei Win­dsor sta nel fatto che sono “a fa­mily on the throne” ovvero han­no l’autorevolezza dell’istituzione ma possiedono anche tutte le dinamiche, i limiti e le passioni che agitano ogni famiglia».

La Regina, il perno di questa istituzione, tanto nella serie televisiva quanto nella vicenda della tragica fine di Diana, fino ad arrivare all’intervista fiume di Harry e Meghan, appare piuttosto fredda, qua­si calcolatrice.
«Elisabetta è una donna che ha conosciuto la durezza della guerra, per cui non ha un atteggiamento morbido nei confronti della vita. Nel 1953 giurò che per tutta la sua esistenza sarebbe stata fedele al suo “duty”, al suo dovere di regnante, ed è rimasta fedelissima a questo vincolo. Il suo dovere è sempre venuto prima di tutto, della famiglia, dei piaceri, del tempo libero. È questo che ancora oggi le impone di presenziare alle cerimonie, no­nostante i 96 anni e le sue difficoltà motorie».

Il tempo di Carlo è ancora lontano, pare di capire…
«Per ora la Regina è lucidissima, confida chi gli è vicino. Non cre­do lascerà il suo posto fino a quando potrà. Anzi, se potesse esserci un desiderio della Regina credo sarebbe quello di spirare mentre svolge questo impegno per la sua nazione».

Nonostante le numerose esperienze all’estero lei ha un background piemontese. Qual è il suo legame con il nostro territorio?
«Mio padre è di Monforte d’Alba e io mi riconosco bene nell’importanza che ha per noi langhetti il senso del lavoro. Siamo abituati a mettere il dovere prima del piacere, è nel nostro Dna, per questo riusciamo a capire il senso del “duty” che governa da oltre settant’anni la vita della regina Elisabetta».