«La disabilità non è limite, ma occasione»

La cantante Annalisa Minetti, anche atleta a tutto tondo, si mette in gioco per solidarietà

0
154

Annalisa Minetti è la cantante che tutti conosciamo ma è anche molto di più. È un’atleta a tutto tondo, che dello sport e dei più sani principi che lo animano, ha fatto uno stile di vita: lealtà, generosità, caparbietà. E ancora metodo, organizzazione, energia. Un’e­nergia inesauribile che mette al servizio delle cause in cui crede, che sono tante e diverse, rivolte a fare di questo mondo qualcosa di un po’ più giusto o almeno tollerabile.

Annalisa, mi racconti dell’iniziativa prevista per il prossimo 19 dicembre
«Per me si tratta di un atto di amore. È la prima edizione del progetto “All run Christmas”, una gara amichevole di corsa da Altipiani di Arcinazzo (comune in provincia di Roma, ndr) ad Anagni, in cui ogni partecipante, a fronte di una quota di iscrizione simbolica di 5 euro, porta con sé anche un giocattolo da destinare ai bambini le cui famiglie non si possono permettere regali. Io nel tempo sono venuta a conoscenza di tante situazioni difficili e il Covid non ha fatto che peggiorarle. Ho pensato a una gara sportiva perché il dono non sta solo nel regalo ma anche nella fatica. Io adoro i percorsi faticosi».

Come atleta si dedica a sport molto diversi, dalla corsa al ciclismo al nuoto, vincendo più volte competizioni paralimpiche nazionali e internazionali. Cosa rappresenta per lei lo sport?
«Lo sport è la dimostrazione fisica che si può essere specialmente abili. Io da quando ho perso la vista ho cercato di condizionare la mia disabilità facendone un’occasione e non un limite. Ho fatto anche judo ma ho capito che non fa per me perché non sopporto il dolore fisico. Ora mi dedico al triathlon (ciclismo, nuoto e corsa), anche se con il nuoto non sono ancora competitiva. Sono una scheggia a rana ma il triathlon prevede il crawl. Mi sto allenando da metà settembre».

Il progetto “All run Ch­ris­t­mas” nasce nell’ambito di Acsi-Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero di cui lei è responsabile nazionale per le pluridisabilità. In cosa consiste concretamente il suo operato?
«Nell’adattare lo sport alle diverse disabilità, non solo la mia perché in fondo la disabilità è una. Sono laureata in scienze motorie e sono anche istruttrice di fitness. Quando ho capito che non avrei potuto essere io a seguire gli allievi ho fatto in modo che fossero loro a seguire me. Posso mostrare, posso fare da guida, posso essere io a capitanare la squadra. Ho messo a punto un manuale rivolto ai laureati in scienze motorie per insegnare a comunicare con i sordomuti in aula. Con mio marito invece (Michele Panzarino, docente e ricercatore scientifico in Te­cnologie della Riabilitazione ndr) abbiamo ideato lo skymano, una specie di pallamano, uno sport semplice e accessibile a tutti, indipendentemente dalle diversità e disabilità, siano esse motorie, sensoriali, cognitive o di qualsiasi altro genere».

L’evento “Lo skymano: lo sport per tutti” è stato presentato l’estate scorsa di fronte a decine di sostenitori del mondo dello sport e della cultura. Tra questi la sua amica Giusy Versace, an­ch’es­sa atleta paralimpica.

«Era venuta da Padova facendo il viaggio di notte pur di essere presente. Io e Giusy siamo come il copia incolla: lei è me e viceversa. Siamo simili, leali e crediamo fortemente nella collaborazione».

Veniamo alla musica. Il pubblico televisivo l’ha conosciuta come concorrente di Miss Italia e ricorda la sua performance con Fabrizio Frizzi che l’accompagnava al pianoforte quando cantò Caruso, l’ultima sera. Cosa l’è rimasto di quel momento?
«Una grande gratitudine verso Fabrizio e verso Enzo Mirigliani. Anche se a Miss Italia ero arrivata per caso, spinta da un’agente che mi aveva sentita cantare in un locale e aveva insistito perché partecipassi a Miss Lombardia. Can­tare era il mio sogno e Fabrizio ha fatto in modo che qualcuno legato a Sanremo potesse sentirmi. Non ho mai conosciuto una persona sempre così vera nella gentilezza e nei modi».

E poi Sanremo è arrivato, più di una volta, e le vittorie al seguito, gli incontri, i progetti. Con Toto Cutugno avete fatto lunghe tournée. Com’è come compagno di viaggio?

«Irruento come me, ma io sono un po’ più diplomatica. Lui è tutto fuoco, un’onda che ti coinvolge e sconvolge e non sai cosa aspettarti».

Quando ha incominciato a cantare?

«A quindici anni. Prima ballavo, studiavo danza classica. Ma ho ca­pito presto che la musica è il mio istinto, la mia cura, la di­men­­­sione che mi appartiene più di ogni altra».

Con che cantanti ha incominciato a orientarsi?
«Ascoltando Aretha Franklin, Barry White e Claudio Baglioni, Gianni Morandi. Le loro non sono parole, ma racconti che diventano musica».

Ecco, Baglioni. Tra le tante collaborazioni c’è quella con lui, più volte, dalla partecipazione al festival “O’ Scià” a quella all’album Q.P.G.A., in cui duetta nel brano “Buon viaggio della vita”
«Claudio è un lord, sempre calmo e disponibile. Se lo cerco per un evento a carattere sociale mi dà sempre il suo appoggio. Non lo ricordo fisicamente ma lo immagino bello, adoro il suo modo di appoggiare la voce quando parla. Se fossi più grande gli farei la corte (ride). Invidio sua moglie (e ride di nuovo)».

Altro momento memorabile della sua vita è la presentazione del Giubileo dei disabili, e l’incontro con Giovanni Pao­lo II.
«Giovanni Paolo II rappresenta il mio Papa. L’equilibrio tra due mondi, tra la seconda vita e questa. Sapeva dire la parola giusta al momento giusto. Ed era un uo­mo di spettacolo, capace di porsi come il regista buono sempre. Era brillante, simpatico, l’amico che tutti vorrebbero. Fu lui a dirmi “non ti dannare per le grandi opere ma comincia dalle piccole cose”’. Anche per questo mi dedico al sociale».

Lei ha due figli, un maschio di quattordici anni e una femmina di tre. Com’è come ma­dre?
«Sono una gran rompipalle ma li lascio liberi di fare le loro scelte. Lavoro anche con i bambini dell’età evolutiva e non faccio l’insegnante in casa. Litigo con i figli come con un amico. Mio figlio, per esempio, non mi assomiglia per niente. Quello che ci unisce però è la cucina».

Perché, sa anche cucinare?
«Adoro cucinare e inventare. Non seguo mai le ricette in mo­do preciso. Mi piace preparare la lasagna bianca con la pasta fatta in casa, con i frutti di mare, e anche gli arrosti, i roast beef, facendo molta attenzione al punto di cottura. Poi da milanese sono brava nella cassoeula».

Articolo a cura di Alessandra Bernocco