2009 – L’Aquila colpita dal sisma

Il terremoto distrusse città e opere d’arte, causando la morte di 309 persone

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«Ma domani, do­ma­ni, do­ma­­ni lo so, Lo so che si passa il confine. E di nuovo la vita sembra fatta per te. E comincia domani». Con questo invito a rialzarsi, datato 21 aprile 2009, decine di cantanti e star della musica italiana al­leati sotto l’insegna “Artisti uni­ti per l’Abruzzo” mostravano la loro vicinanza a L’Aquila e a tutti i paesi duramente colpiti dal quinto terremoto più distruttivo d’Italia relativamente all’epoca contemporanea.
Quindici giorni prima, il 6 aprile, alle 3,32, la terra tremò in quelle aree, radendo al suolo grandi centri abitati e portandosi via la vita di 309 persone, morte sotto le macerie. Un terremoto “infame”, perché avvenuto durante la notte, che sorprese gli abruzzesi nel sonno, impedendo loro di mettersi in salvo. Le prime avvisaglie di una possibile strage si erano già materializzate nel dicembre del 2008, con le prime scosse che avevano allarmato la popolazione locale, ma nessuno si sarebbe immaginato che quello sarebbe stato il preludio a quattro anni di terremoti, che raggiunsero l’apice proprio con il sisma di magnitudo 6.3 di quel giorno.
Come accade per eventi tragici di questo tipo, più ancora che le vittime da piangere, per l’intero Paese, sconvolto dalle immagini delle città distrutte e dei tanti monumenti e luoghi di interesse persi per sempre, il vero problema fu quello della ricostruzione, legato soprattutto alla necessità di dare una risposta rapida ai tantissimi sfollati. Furono quasi 80 mila, infatti, le persone che in quei pochi minuti persero tutto ciò che avevano e che, in molti casi, furono costrette ad abbandonare per sempre le loro abitazioni, se non addirittura le terre in cui avevano vissuto. Tra le principali vittime ci furono anche gli studenti universitari, che di­vennero il simbolo di quella tragedia: otto morirono sotto le macerie della “casa dello studente” e quasi 13 mila si ritrovarono senza un letto dal giorno successivo.
La risposta della solidarietà nazionale fu nuovamente eccezionale, con un corposo numero di volontari che si trasferì nelle terre colpite per dare un sostegno ai soccorritori. Cru­ciale fu il ruolo dei gruppi di Protezione civile provenienti dalla Granda; i volontari della sezione di Cuneo hanno con­ser­vato immagini uniche di quel­le settimane, raccolte nel documentario “I volti della speranza”. L’impegno collettivo non impedì, però, che la complessa macchina della ricostruzione avesse intoppi: molti restarono senza un’abitazione per molto tempo e ancora oggi, a oltre dieci anni di distanza, non tutti hanno potuto trovare una sistemazione adeguata, tanto che molte generazioni di laureandi hanno svolto il loro percorso all’interno di strutture ad hoc, immaginate come temporanee e divenute stabili abitazioni per i fuori sede.