«La musica apre tutte le porte del mondo»

Tosca a Cuneo con il concerto-documentario «Codificare suoni per comunicare amore»

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Tutto ruota attorno alle immagini di un documentario, “Il suono della voce”, che martedì 4 agosto all’Arena Live Festival di Cuneo sarà al centro dello spettacolo di Tosca. «Sono le immagini del viaggio svolto nel mondo per alcuni miei concerti con operatore al seguito».

Come è nata l’idea?
«Dopo una serie di concerti tra Tunisi e Algeri (poi da Parigi a Lisbona) dove ho incontrato anche personaggi speciali co­me ad esempio Lina Ben Mhenni, la blogger protagonista della rivoluzione dei gelsomini che purtroppo è morta all’inizio di quest’anno. Ho registrato un’intervista con lei, poi un’altra con la “pasionaria” che ha salvato tantissimi ragazzi dal reclutamento nell’Isis. Alla fine, assieme alla regista Manuela Giordano, abbiamo proposto il documentario a Rai Cinema e il progetto è diventato realtà».

Qual è il messaggio del documentario?
«La musica è un linguaggio che arriva prima della lingua. Anche se non comprendi le parole, ne apprezzi le sonorità. Questo è stato il motore che mi ha spinto».

Una ricerca tra musica e parole?
«Una ricerca musicale svolta viaggiando e conoscendo nuo­ve realtà. Con la possibilità di contaminare la mia musica: can­zoni italiane da cantare in un’altra lingua oppure viceversa. In certi paesi, come il Bra­sile, portare una propria canzone è portare un regalo. Sia per gli artisti che vengono accolti e sia per il pubblico».

Che cosa le è rimasto dopo il suo viaggio?
«La musica. Le contaminazioni con la tradizione popolare, la nostra musica, il nostro sangue. Qualcosa che fa capire l’importanza della contaminazione e della condivisione. Non c’è un solo messaggio, nella musica. Può essere sociale o politico… Ma è sempre legato all’accoglienza, all’abbattimento delle barriere».

Un mix di conoscenze che diventa valore aggiunto?
«Certo. Grazie alla mia arte posso mescolare mille culture e sono felice di poterlo fare, di conoscere artisti, usi, costumi, approcci alla musica. E quindi alla vita, alla verità. È un arricchimento. Come sempre accado, quando si ha la giusta disposizione d’animo. Senza voler imporre nulla, ma accettando gli altri. In fondo sono gli stessi meccanismi che regolano i rapporti tra moglie e marito, tra fratelli, tra le persone».

Musica mediterranea e latina: qui i contatti con la nostra musica sono più riscontrabili?
«In realtà i punti di contatto sono ovunque. Anche in Africa, per esempio: i canti dei “muezzin” non hanno forse sonorità simili a certe melodie siciliane? “Fior di Limone” è una canzone molto araba. E ho trovato radici romane in Brasile e Portogallo. Tanto che ho adattato “Barca­rolo romano” di Balzani e in portoghese è bellissima».

Ecco “il suono” della musica…
«La cosa più bella è la codificazione. Tu non sei di una lingua, diventi di quella lingua quando inizi a pensare così. Perché co­difichi. La musica trasmette sonorità codificabili in altri linguaggi. E il messaggio arriva, un messaggio d’amore. Questo è il regalo, bellissimo, incredibile».

Chi assisterà allo spettacolo avrà queste informazioni?
«L’idea forte è che si deve entrare in un luogo sconosciuto senza essere prevenuti, per poterlo apprezzare. Un grande insegnamento. In Algeria siamo stati ospiti di una donna che ci ha accolto nella “casbah” e ha cucinato per noi. Era il periodo degli attentati. Avremmo potuto aver paura di essere rapite. E avevamo paura. Ma tutto è stato sorprendente. Una scoperta. Conoscere e far sapere è un privilegio speciale».

Dopo il Covid sarà tutto più difficile?
«In questa guerra abbiamo imparato a conoscere il nostro nemico. Ora credo che in qualche modo ci siamo “ricentrati”, stiamo ritrovando un’armonia con la natura. L’abbiamo troppo bistrattata. Se il virus è nato da un esperimento o da un contagio animale, alla base c’è comunque un errore dell’uomo. È un segnale, la natura va rispettata. Per me è un miracolo poter fare così tanti concerti adesso, rispettando le regole di sicurezza. Siamo di nuovo in gioco, è un bel segnale, possiamo riamare la vita».