«Economia e salute avanti alla pari ma con test sicuri»

L’immunologa Antonella Viola sorpassa Briatore: «Sono i politici a decidere le riaperture»

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Immunologa, docente di Patologia generale all’Università di Padova, direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Pediatrica: Antonella Viola ha un curriculum eccellente da ricercatrice nel campo delle scienze biologiche oltre a una serie di conferenze tenute nei centri di ricerca di tutto il mondo, dall’Imperial College di Londra all’istituto Pasteur di Parigi, dall’Harvard Medical School di Boston all’Università di Oxford. Grazie a referenze tanto qualificate il suo coinvolgimento mediatico nell’ultimo periodo, dominato dalle incertezze sul coronavirus, è aumentato in maniera esponenziale. Tanto che, dopo un intervento in diretta tv a “Piazzapulita” su La7, ha dovuto fronteggiare un primo effetto collaterale…
Professoressa, alcuni giorni fa Flavio Briatore l’ha criticata per aver sorriso all’ipotesi di riapertura delle discoteche che portano lavoro – ha spiegato l’imprenditore – a 90 mila persone in Italia: se la sente di chiarire la sua posizione?
«Non nei confronti di Briatore, ma con i tanti lavoratori del settore che pagano le tasse e sono ovviamente preoccupati, sì. E l’ho già fatto in diverse occasioni. La mia posizione è che non siamo noi scienziati a dover prendere queste decisioni: noi dobbiamo rispondere a domande precise, per esempio se c’è maggiore rischio di contagio all’aperto o al chiuso, se i bambini sono contagiosi… Non decidiamo noi se i locali o le scuole si aprono perché sono decisioni complesse che riguardano anche l’economia e la politica. Il mio sorriso rivolto al giornalista aveva quel significato: non rispondo perché mi stai facendo la domanda sbagliata. A parte questa polemica, ho difeso in diverse occasioni la necessità di partire con la Fase 2 proprio perché la situazione economica non permette di aprire solo in condizione di rischio zero. Ma ovviamente dobbiamo tutti essere consapevoli che non possiamo ricominciare a vivere esattamente come prima perché si rischia di tornare ad un secondo disastroso lockdown».
È possibile delineare un quadro della situazione in questo momento della Fase 2 per quanto riguarda l’emergenza virus?
«Siamo in una situazione estremamente delicata perché i contagi si registrano ancora, anche se in maniera molto diversa da regione a regione, e quindi in giro ci sono molte persone asintomatiche che possono fungere da veicolo dell’infezione. D’altro canto c’è una fortissima voglia di tornare alla normalità che spinge le persone a sottovalutare il rischio. Siamo ancora indietro per quel che riguarda l’organizzazione del tracciamento e dei test, mentre mi pare che molte regioni si siano ben organizzate dal punto di vista degli ospedali. Ma la situazione non è uniforme sul territorio. È importante quindi continuare a ricordare che se non staremo attenti, i numeri potrebbero iniziare a salire in maniera preoccupante. Le misure prese dal governo hanno funzionato, lo abbiamo visto tutti: bisogna continuare a fidarsi delle indicazioni che riceviamo».
Si sente ottimista alla luce delle prime riaperture o crede che registreremo un passo indietro?
«Io non posso che basarmi sui dati e per questo è troppo presto. Sapremo come sta andando non prima del 14-15 maggio. Solo allora inizieremo a capire se ha funzionato tutto».
Dallo spettacolo allo sport: stesse prospettive per il campionato di calcio?
«Di nuovo, non lo chieda a me. Vedo difficile l’ipotesi di riempire uno stadio però… Mentre per il cinema e il teatro, con le ovvie precauzioni, credo si dovrebbe discutere di come ripartire».
La sicurezza sanitaria può portare alla rovina economica, mentre la ripartenza economica può portare alla diffusione del virus: è questo il quadro?
«Salute ed economia sono strettamente legate: se ci sono molti malati lo stato deve trovare le risorse per curarli tagliando altrove e se l’economia frena, mancano i soldi anche per la cura dei pazienti. La situazione è difficilissima, questo lo abbiamo capito tutti. Ci vuole quindi prudenza e buon senso, trovare un compromesso accettabile tenendo conto di tutto. Ma se ripartiamo organizzati e prudenti possiamo tenere la situazione sotto controllo: dipenderà dalla capacità delle regioni di identificare immediatamente eventuali nuovi focolai di infezione e isolarli, ma anche dai nostri comportamenti quotidiani».
Anche lei confida nella disponibilità di un vaccino oppure ritiene che ci siano cure che possano già adesso portare a risultati incoraggianti come ad esempio il plasma?
«Cura e prevenzione sono due concetti diversi: con la cura le persone si ammalano, vanno in ospedale e lì vengono curate; con il vaccino non si ammala nessuno. Non sono due strategie in contrapposizione. Il vaccino è ovviamente la soluzione definitiva perché ci protegge dal contagiarci ma finché non lo avremo bisogna cercare le migliori cure possibili per i pazienti che hanno sintomatologia severa. Il plasma non è una novità nella cura delle malattie infettive e può essere una valida strategia: ma aspettiamo di avere i risultati di studi clinici controllati, prima di trarre conclusioni».