«Se la Germania chiede a Merkel di svegliare Roma»

Annalisa Chirico, voce controcorrente: «Il Governo naviga a vista, andiamo incontro a un’estate nera»

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Giornalista e scrittrice, spesso il punto di vista di Annalisa Chirico è fuori dal coro o controcorrente. Lo è anche a proposito della gestione politica del coronavirus.
Si è aperto il dibattito sulla fase 2: lei che idea si è fatta?
«Se la fase uno, quella dell’emergenza sanitaria, si è ca­ratterizzata per errori e sottovalutazioni, quella che si apre, dell’emergenza economica, rischia di contraddistinguersi per un elevato grado di incertezza. Ho l’impressione che il governo non vo­glia assumersi la re­sponsabilità di decidere. Ma il pae­se non può aspettare: bisogna riaprire, e presto».

Molti imprenditori la­mentano la mancanza di indicazioni per una riapertura che in molti casi poteva già essere operativa. È d’accordo?
«Non dobbiamo tenere chiuse le aziende ma metterle nelle condizioni di operare in sicurezza, questa è la sfida. Dob­biamo dominare la paura, non lasciarci sopraffare da essa. Nelle ultime settimane il farmaceutico e l’agroalimentare hanno continuato a operare senza che si registrassero problemi per la sicurezza, il che vuol dire che si può lavorare rispettando le prescrizioni in vigore. Con il virus convivremo a lungo ma conviverci non significa subirlo. La pandemia non deve trasformarsi in carestia».

L’impressione è che la Merkel sia riuscita a dettare una linea molto più chiara in Germania con prospettive più incoraggianti. Perché in Italia si è persa an­che questa occasione?
«Mi limito a notare che mentre il governo italiano bloccava interi comparti industriali co­me l’acciaio i nostri competitor tedeschi non si sono mai fermati. Stiamo perdendo quote di mercato perché, quando un cliente si rivolge a un altro fornitore, poi è difficile recuperarlo. Le aziende tedesche dell’automotive hanno rivolto un ap­pello ad Angela Merkel affinché solleciti il governo di Roma a far ripartire l’industria della componentistica. Credo che sia una fotografia abbastanza iconica».

In generale quale futuro si a­spetta per l’Unione europea do­po l’emergenza?
«L’Ue si è mossa in ritardo e in ordine sparso. Mentre la pandemia a inizi marzo divampava con migliaia di morti, la presidente della Commissione Ur­sula von der Leyen posava in una photo opportunity con la giovane ambientalista Greta. Certe immagini valgono più di mille parole».

Lei ha sottolineato come siano state ingiuste certe critiche alla Lombardia che resta la locomotiva dell’economia italiana. Ma come valuta la gestione sanitaria dell’emergenza coronavirus in quella regione?
«È stata la regione più colpita, in due mesi ha registrato più di cinque volte i morti civili della Seconda guerra mondiale. Se ci sono stati errori, per esempio nel caso delle Rsa, le iniziative giudiziarie in corso faranno luce su eventuali responsabilità. Trovo però aberrante che qualcuno abbia colto l’occasione per sparare contro il modello lombardo o per parlare addirittura di una nemesi contro i lombardi troppo interessati ai “dané”: è moralismo becero e inopportuno. La Lombardia è e rimane la locomotiva d’Italia, con un modello sanitario di eccellenza, in cima alle classifiche europee. Solo lo scorso anno 120mila italiani si sono recati in Lombardia per ricevere cure adeguate. Mi domando che cosa sarebbe accaduto se l’epicentro della crisi avesse colpito un’altra regione, con un servizio sanitario diverso».

Tra Pd e Cinque stelle ci sono posizioni diverse su Mes ed Eurobond. Che cosa accadrà al governo di Conte nell’immediato futuro?
«Il governo naviga a vista ma in questa fase, mi creda, dobbiamo domandarci che cosa accadrà all’Italia nelle prossime settimane se non si cambia passo. Servono ricette economiche potenti per evitare la catastrofe economica. Il Fmi stima un calo del Pil di oltre 9 punti percentuali per l’anno in corso, ci sono migliaia di aziende che rischiano di non riaprire mai più, nell’ultimo mese tre milioni di italiani – negozianti, parrucchieri, commessi, estetisti, camerieri – hanno varcato la soglia della povertà. Il turismo, che vale il 13 per cento del Pil, affronterà un’estate nera. Serve una road map chiara per ripartire subito e in sicurezza. Serve una cabina di regia all’altezza».

La politica che lascia spazio ai virologi e alle task force di e­sperti: le piace?
«Per un virologo la riapertura è possibile soltanto quando l’indice di contagio è pari a zero. La politica deve ascoltare la scienza e poi assumersi la responsabilità di decidere contemperando i diversi interessi in campo. Del resto, se così non fosse, eleggeremmo direttamente gli scienziati alla guida della Repubblica».

Dalla Campania il governatore De Luca ha annunciato l’intenzione di «chiudere i confini al Nord». Che ne pensa?
«Io sono per abbattere le frontiere, non per erigerle. E penso che ai pizzaioli napoletani andrebbe consentito di consegnare le pizze a domicilio. De Luca, che è uno sceriffo raffinato, di formazione umanistica, sa bene che i divieti devono poggiare su basi solide, sennò servono solo a qualche diretta Facebook».

La ricordiamo ospite delle Lan­ghe ad una recente occasione con IDEA: che ricordo ha del Piemonte?
«Spero di tornare presto nella vostra terra. Le Langhe sono il nostro diamante nascosto, e dico “nascosto” perché, nonostante i diversi riconoscimenti internazionali, non hanno an­cora espresso a pieno le loro potenzialità. Sono ammirata dall’intraprendenza operosa della vostra gente che nelle avversità sa rimboccarsi le ma­niche senza perdersi d’animo. E poi le vostre eccellenze enogastronomiche sono tra le mirabilia del mondo. Sono golosa di nocciole e tartufi… dunque a prestissimo!».