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«Musica e sorrisi proprio come piaceva ad Alberto»

Enzo Rolfo presenta la serata speciale a Gallo Grinzane per ricordare il figlio e aiutare la ricerca

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«Lo ricordiamo con il sorriso e tanta musica, perché è questo che gli sarebbe piaciuto. E con una speranza: bisogna trovare al più presto nuove cure e autorizzare a sperimentare protocolli innovativi che potrebbero fare la differenza per arrivare alla guarigione».
Papà Enzo Rolfo presenta co­sì “Tutti in piazza per Al­berto”, l’evento che sta organizzando insieme alla sua famiglia e alla Pro Loco di Gallo Grinzane per sabato 18 maggio. Qui, in piazza della Chiesa, dalle 20, inizierà una serata di musica e festa per ricordare suo figlio Alberto, scomparso a soli 16 anni lo scorso novembre. L’ingresso è gratuito. «Al netto delle spe­se vive, doneremo tutto l’incasso delle donazioni all’As­so­ciazione Italia­na Tumori Cerebrali». Non c’è bisogno di prenotarsi. Fino a tarda serata, si esibiscono Roberto Molinario, MA­dj, Edmmaro e Rvrs.
Quella di Alberto è una storia che, negli ultimi anni, intreccia speranze e sofferenze. Per lui, che fino all’ultimo ha sperato di riuscire a lasciarsi alle spalle la malattia. Per la sua numerosa famiglia (oltre al papà, la mamma Sandra e i tre fratelli Andrea, Simone ed Edoardo) e i tanti che, in paese e non solo, lo conoscevano bene.
Per tutti, era “Betto”, studente in gamba alla scuola Ei­naudi di Asti. «Era un ragazzo come tanti alla sua età: sempre allegro, appassionato di musica, gli piaceva stare in compagnia – ricorda papà Enzo -. Frequentava molto Grinzane e i paesi del nostro territorio. Qui conosceva tan­te persone e aveva un sogno: con i suoi amici, andare fino al mare della Liguria in bicicletta».
Nulla di cui preoccuparsi fino alla primavera del 2022. «Ci siamo accorti di un “boom” della sua crescita, con alcune conseguenze che all’inizio non sembravano preoccupanti: zoppicava un po’, a volte aveva male a una gamba e alla pancia. Sembrava che tutto si sarebbe risolto nel giro di qualche mese, come capita a diversi adolescenti. Alberto aveva solo quindici anni».
Invece non è stato così. Papà Enzo ricorda bene la data: 17 maggio 2022. «Abbiamo eseguito una risonanza e, da lì, i dottori hanno capito che Alberto aveva un tumore al midollo. La situazione era de­licata, ce l’hanno detto subito. Dopo il ricovero all’ospedale Regina Margherita di Torino, c’è stata subito una prima operazione: quattordici ore sotto ai ferri. Poi altre quattro».
È l’inizio di un lungo percorso di cure, interventi, tentativi per curare quel brutto male che sembra non lasciare scampo. Cosa aiuta, in quei giorni difficili, a guardare avanti? Papà Enzo allarga le braccia: «Non hai alternative. Ti fai forza con la famiglia, con chi ti vuole bene e anche con Alberto. Dopo poco ha saputo che aveva perso l’uso delle gambe e sarebbe rimasto in carrozzina. Ma è rimasto ugualmente un “guerriero”. Voleva andare avanti, pensava al futuro. Si accontentava delle piccole cose. Se un giorno aveva un po’ di appetito e un po’ meno dolore degli altri, era ottimista e felice».
È andato avanti per diciotto mesi, sempre con la famiglia al suo fianco. Per quel tumore lì, non ci sono ancora protocolli di cura che abbiano successo. La famiglia le prova tutte; Enzo va in Israele, negli Stati Uniti… «Sapevamo che lì c’erano dei centri di ricerca che si occupano di questa patologia. Anche un centro specializzato di Boston ha fatto degli esami particolari per provare a risolvere la situazione di Alberto. È tutto molto difficile. I protocolli medici attuali non danno risultati, ma le normative impongono di sperimentare quelli prima di tentare con altri innovativi. Abbiamo poi avviato una cura con un nuovo farmaco. Alberto ha resistito per diciotto mesi, molti più di altre persone colpite dalla sua malattia».
Poi si è spento, a novembre dell’anno scorso. Un momento buio, un dolore per tutta Gallo Grinzane. Non era ancora maggiorenne, portato via per un male che non si è ancora capaci di curare. «Ecco l’importanza della ricerca – rimarca il papà -. Il tumore che ha colpito mio figlio è raro. Significa che anche trovare risorse per studiarlo è molto complicato. Però bisogna farlo, se si vuole essere in grado di salvare delle vite. Io sono entrato nel direttivo dell’Associazione Italiana ­ Cerebrali per questo. Hanno tanti progetti di raccolta fondi. Alberto non tornerà tra noi. Ma se, nel suo ricordo, aiuteremo altre persone a guarire o anche solo a vivere più a lungo, sappiamo che lo stiamo ricordando nel modo migliore».

Articolo a cura di Luca Ronco

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