«Rileggere la storia per ridefinire la verità oggi è possibile»

Il conduttore di “Freedom” è stato al Castello di Scarnafigi: «Sui Templari c’è ancora tanto da indagare e da studiare. La cultura non è grigia e polverosa. Con il mio programma vado ininterrottamente in prima serata da 25 anni. Ho lavorato sempre benissimo a Torino, quando cerco riposo vengo a Camerana»

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Quella di domenica è stata de­­cisamente una giornata speciale, a Scarnafigi, trascorsa nel segno dell’investigatore dei misteri e delle leggende: Roberto Giacobbo, il giornalista e divulgatore conosciuto dal pubblico televisivo tra “Voyager” e “Freedom” . C’è da premettere che proprio la “città dei formaggi” è sede dell’Associazione Octavia, composta da 17 comuni della pianura saluzzese che hanno in comune uno stesso retaggio storico-culturale e similitudini anche per il profilo socio-economico e produttivo. Ospite di Octavia, Gia­cobbo ha pranzato a Torre San Giorgio per la Sagra del Fritto Misto per poi spostarsi al Castello di Scarnafigi. Qui i visitatori hanno potuto am­mirare la mostra dedicata ad Aligi Sassu (in confraternita), fare un tour virtuale delle Terre di Mezzo e degustare i sapori dei comuni di Octavia (al villaggio) fino alla lectio magistralis di Giacobbo, ar­ricchita anche dal racconto del recupero del Castello della Rotta, mansione templare vicino a Moncalieri, da parte di “Leon” Lorusso.

«La storia riveste sempre grande importanza per un territorio – ci ha detto Giacobbo, che abbiamo contattato per IDEA alla vigilia dell’evento -, anche qui c’era la possibilità di fare divulgazione attraverso un contenuto di natura culturale, ma non per questo “noioso”. Chi ha detto che la cultura deve essere grigia e polverosa? Può divertire, in un incontro che serve anche a condividere conoscenze».

Di cosa ha parlato, in seguito, a Scarnafigi?
«Prima della lectio ho raccontato il dietro le quinte del mio programma “Freedom – Oltre il confine”, poi ho fatto riferimento a una serie di eventi storici che hanno in­teressato il territorio e l’Italia in generale soprattutto nel periodo relativo ai Templari, intorno al 1200».
A proposito di Templari, sono storie che si prestano sempre a varie interpretazioni: perché?
«Arrivano già nell’interpretazione di chi volontariamente le ha raccontate nel corso degli anni, ogni cronaca as­sume così connotati diversi in rapporto a chi la tramanda e a come lo fa. Si dice che la storia è raccontata dai vincitori. Ecco, la cosa bella è che adesso, grazie all’innovazione tecnologia, alla digitalizzazione e al maggior confronto delle fonti, possiamo riesaminare con molta attenzione vecchi documenti e ampliare quindi la nostra conoscenza».

Mettendo quindi maggior­men­­te a fuoco la verità storica?
«Nel momento in cui si hanno più informazioni e non solo il riassunto che arriva fino a noi, si riesce a capire meglio cosa sia più coerente con la realtà. Si combattono così le interpretazioni che possono portare all’abbaglio storico. Moltipli­cando le fonti, invece, si può capire – anche se non con precisione – che cosa è realmente accaduto».

Il fascino dei Templari nasce e si sviluppa anche da queste interpretazioni dubbie?
«Non facevano certo co­municati stampa, molte cose che conosciamo si basano su deduzioni in base ai loro comportamenti. Ad esempio, pensare che loro conoscessero la sindone prima che la storia lo abbia raccontato è qualcosa che non nasce come una notizia da loro diffusa. Ma nel mosaico vitreo della cattedrale di Chartres c’è una scena della deposizione di Gesù sulla Sindone, con la stessa macchia di sangue impressa sul telo custodito a Torino, solo che quell’immagine è anteriore alla prima notizia storica della Sindone stessa. Non è che i Templari ci abbiano detto “la Sindone ce l’avevamo noi”, ma quella macchia, quel tre rovesciato sulla fronte di Cristo, è una coincidenza non da poco. Ed è solo un esempio».

Torino è considerata “città magica”, ci è venuto più volte?
«Ci ho lavorato tanto. Pensi che sono stato uno degli autori di un programma televisivo degli anni ’90, condotto da Carlo Conti che è un mio grande amico (ci conosciamo da quando eravamo piccoli) su Rai 2 per la tv dei ragazzi, ovvero “Big”. Così, quando poi per la trasmissione “Vo­yager” mi dissero di scegliere in quale studio Rai avrei voluto registrarlo, indicai Torino perché sapevo che in quella sede, nel centro di produzione di via Verdi, si lavorava bene e c’erano tante persone valide. Ero felice di ritornare lì, anche se la mia vita e la mia carriera si erano nel frattempo sviluppate a Roma. Ma sapevo che a Torino avrei trovato tanti amici».

E c’è un legame anche con il Cuneese?
«Uno dei registi di “Voyager” è di Cuneo, così come un altro nostro collaboratore, poi ho nuovi amici a Ca­merana che vado spesso a trovare per concedermi un po’ di silenzioso buon riposo e dove gusto anche dell’ottimo cibo a La Pavoncella».

Potreste tornare da queste parti con “Freedom”?
«Siamo sempre alla ricerca di nuovi spunti, però non diciamo mai “oggi andiamo in quella zona”, ma sempre “oggi ap­profondiamo questo argomento” e poi in base alle storie che approfondiamo siamo pronti a partire».

Se guarda indietro, tra i suoi viaggi, c’è una storia che merita di essere raccontata più di altre?
«Ce ne sarebbero tantissime. Ma scelgo qualche numero: sono in onda ininterrottamente in prima serata da 25 anni, passando da La7 alla Rai fino a Mediaset. Credo che questo rappresenti un po’ un unicum nel panorama televisivo, an­che perché parliamo di un programma dai contenuti culturali. E poi, la prima serata è il fronte della programmazione tv. Tutto questo senza mai un’interruzione negli anni. Ho avuto la fortuna di avere sempre al mio fianco grandi professionisti. Da soli non si fa nulla, i risultati si ottengono lavorando con la squadra, trovando la giusta sintonia, stando bene insieme. È così che ho raggiunto le 400 prime serate in onda. Non male, come ripeto, per un programma come quello che conduco, di divulgazione culturale, che parla di avventura e leggende, che parte alle nove e un quarto di sera e si fa seguire dsgli spettatori fino a mezzanotte. Per me è stato e continua ad essere un viaggio molto bello e stimolante, sempre basato sulla forza della conoscenza e sul rispetto di tutti».

Come definirebbe la sua av­ventura giornalistica?
«Da giovane avevo due sogni: uno era quello di scrivere, l’altro vendere automobili. Di­ciamo che scrivendo mi sono potuto comprare qualche au­tomobile».

CHI È

Conduttore televisivo, giornalista, divulgatore e scrittore. Autore di pubblicazioni e di programmi di successo, documentari incentrati su storia, cultura e scoperte scientifiche nei campi dell’archeologia, ufologia, paranormale, misticismo e pseudoscienza

COSA HA FATTO

Da concorrente, partecipò al gioco a premi “Bis” condotto da Mike Bongiorno, vincendo 14 milioni di lire. In Rai debutta con “Misteri” e su Mediaset con “La macchina del tempo”. Nel 2003 lancia “Voyager – Ai confini della conoscenza” e dal 2018 conduce “Freedom – Oltre il confine”

COSA FA

Il cortile del Castello di Scarnafigi pieno in ogni ordine di posti: così è stato accolto Roberto Giacobbo per la sua conferenza, domenica scorsa, sul tema dei templari e sulle ricerche che sono state svolte nrl corso degli anni per approfondire una storia ricca di affascinanti misteri. Le proiezioni sul tema e il racconto del giornalista hanno coinvolto gli spettatori