Alto contrasto | Aumenta dimensione carattere | Leggi il testo dell'articolo
Home Articoli Rivista Idea «Come nella vita: il momento giusto è all’improvviso»

«Come nella vita: il momento giusto è all’improvviso»

Il fotografo e scrittore Guido Harari presenta per IDEA la mostra che dal 5 aprile al 26 maggio sarà ospitata in Fondazione Ferrero: «Un giorno, nelle Langhe, mi si è aperta una nuova prospettiva»

0
2

Un acuto? «No, è uno sbadiglio». La gig­antesca foto di Luciano Pa­va­rotti con la bocca spalancata, se l’autore con una battuta non ci svelasse questo aneddoto, per tutti probabilmente sarebbe l’istante cristallizzato di “Vincerò” dell’Ignoto Principe alla fine di “Nessun Dorma”, la romanza più nota della Turandot di Puccini. È l’impatto potente che introduce la visita alla mostra “Ha­rari/Italians – Grandi protagonisti dell’Italia tra Novecento e Duemila”, allestita alla Fondazione Ferrero di Alba, dove il fotografo e scrittore Guido Harari espone un’ottantina di ritratti scattati in quasi quarant’anni, a cavallo tra il XX ed il XXI secolo. L’esposizione è aperta dal 5 aprile al 26 maggio (ingresso gratuito – giovedì e venerdì ore 15.00/19.00, sabato e domenica ore 10.00/13.00 -15.00/19.00). Noto soprattutto per i suoi ritratti di artisti della musica mondiale, Harari è considerato tra i più grandi fotografi italiani contemporanei.
Il progetto di Italians, in pratica, parte da lontano, fin dalla fine degli anni Novanta: «Nel 2000 – racconta – decidevo di partire per New York con una mostra che rappresentasse il meglio dell’Italia con i suoi protagonisti, insomma un biglietto da visita con un lavoro che qui da noi nessun giornale mi avrebbe mai commissionato. Tornando in America mi rendevo conto che stavo diventando un po’ allergico ai rituali delle celebrità, dei manager, degli agenti, dei backstage degli artisti. E poi che ero anche un po’ saturo dopo aver girato l’Italia, tra il ’96 ed il ’98, facendo ritratti ad almeno 150 personaggi. Voglio fare libri, mi dicevo, voglio accantonare per un attimo la fotografia, dedicarmi a progetti di approfondimento. Mi rendevo conto che mettendo mano in archivi da scoprire, dialogando con altri fotografi, cercando scritti, diari, appunti il mio diventava un modo di fotografare senza macchina fotografica molto più gratificante del mordi e fuggi di quei cinque, dieci minuti che ti offrivano gli shooting con le celebrità. A quel punto mi sono detto basta».
Harari ritorna in Italia, lo chiama Dori Ghezzi per realizzare totalmente – foto, contenuti, grafica – un libro su Fabrizio De André e scopre che fare libri è un’altra strada che il fotografo vuole percorrere. «Ma era una cosa impossibile da fare a Milano» dice. Il caso vuole che tra i suoi assistenti di studio ci fosse a Milano un giovane di Bra che gli suggerisce di fare un giro nelle Langhe. «Un giorno sono capitato da queste parti – racconta
-. Un cielo e un sole splendidi dopo giorni di pioggia sulle colline. Ho visto. Questo è il posto. Mi si è aperta una prospettiva nuova ed appagante».
Oggi Harari vive ad Alba dal 2004. Ha lasciato Milano e ha portato in Langa anche i suoi genitori. Ha una compagna, Cristina Pelissero, langhetta, produttrice di vino e sua partner nell’impresa editoriale, conosciuta tramite Brian Eno. Hanno aperto Wall of Sound Gallery – Fine Art Music Photography and Books, la sua casa editrice e la sua minuscola galleria fotografica, solo due stanze in via Gastaldi, che fa venire l’acquolina in bocca a tutti quelli che di musica masticano un po’.
Italians è una mostra particolare, tutta figlia di attimi spesso rubati perché «nei ritratti come nella vita – sostiene – il momento giusto è all’improvviso. C’è un picco di attenzione durante uno shooting. In una progressione che ci porta ad immergerci in un mondo altro, si produce e sostiene un livello massimo di concentrazione, di produzione di emozioni. Presto si instaura il silenzio di una comunicazione telepatica, non verbale. Una modalità di incontro non intellettuale, totalmente emozionale».
Poi, ognuno di noi, può trovare la propria chiave di lettura di ogni foto della mostra. Sono immagini che provocano un’ulteriore emozione legata, magari, ad un ricordo della propria vita nel periodo in cui sono state scattate ed ai personaggi che sono raffigurati. Il ricordo di un film, di un concerto, di un opera d’arte, di un gol segnato. Ognuno, alla vista delle foto di Harari, ha una margherita da sfogliare nell’archivio più intimo.
Nell’ambito della mostra c’è anche la proiezione in loop del documentario “Guido Harari. Sguardi randagi”(Italia, 2023, 52’) per la regia di Daniele Cini. «Il documentario racconta la vita e l’arte di uno dei più grandi fotografi italiani contemporanei, maestro dei ritratti musicali. A chiunque venga in mente un’immagine iconica di Lou Reed o David Bowie, Frank Zappa o Kate Bush o di Giorgio Gaber, Fabrizio De André, Vasco Rossi, Gianna Nannini, con ogni probabilità sta pensando a una fotografia di Guido Harari”, come si narra a corredo delle immagini.
Ma volendo si può fare un gioco, immaginare una battuta o una definizione per ogni ritratto: Milva seducente come una Marilyn Monroe rossa, Lina Wertmuller bellissima ed intrigante in una vasca da bagno stile Impero, Umberto Eco che, con una tromba, sembra suonare la carica per sconfiggere l’avanzata della volgarità diffusa, Gianni Agnelli imperatore e condottiero. E poi Enzo Biagi che ammicca come se dicesse: «Ve l’avevo detto», Marcello Mastroianni con l’aria disincantata. Dario Fo ed i suoi “figli” Gaber e Jannacci, oppure innamorato con Franca Rame, Ennio Morricone che non si vede, ma si vedono i suoi occhiali, quanto basta per intuire che è lui. Con questi tanti altri personaggi di ogni ambito: musica, letteratura, cultura, costume, arte, scienza, sport, design, moda.
Italians è come una rassegna dedicata all’improvvisazione, per l’artista una mostra «jazz, non rock».

Articolo a cura di Luis Cabasés

BaNNER
Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial