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Il whisky che verrà

Per i cuneesi il nome “Bordiga” (datato 1888) significa da sempre liquori artigianali. Le ricette storiche sono il segreto per restare sul mercato, dal gin “Occitan” al distillato di malto “spiga”

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Come si fa a mettere insieme una piccola azienda di impronta squisitamente locale con i gusti veloci a volte pure feroci di questa epoca in cui le tendenze cambiano troppo spesso e il più delle volte senza basarsi su concetti di qualità?
Me lo ha spiegato Claudio Arneodo che quindici anni fa con alcuni soci ha rilevato Bordiga, un nome che dal 1888 per i cuneesi significa liquori artigianali. Da allora non solo i dipendenti sono triplicati, ma dagli alambicchi antichi escono prodotti in grado di affermarsi sul mercato con qualità e stile. Il trucco, racconta Arneodo, sta nell’applicare strategie moderne a una produzione che vuole continuare a utilizzare antichi prodotti che devono valorizzare il patrimonio della tradizione. È importante quindi ispirarsi alle storiche ricette di casa Bordiga raccolte in libri antichi per potenziare la terra cuneese e il suo patrimonio inestimabile.
Detto così sembra facile, ma non è da tutti produrre un Gin come l’Occitan e riuscire a emergere e a rimanere stabili su un mercato in cui i gin fanno a gara per sfoderare profumi, botaniche, etichette, packaging al limite dell’assurdo. Tutta moda, tutta tendenza da cui poteva essere facile lasciarsi prendere la mano. Invece Occitan, con la sua etichetta pulita e semplice ha dato una risposta a chi nel gusto cerca qualità ed equilibrio.
La particolarità di questo Gin dal sapore secco e pulito è che viene prodotto con il ginepro raccolto nelle valli cuneesi. La vera perla però è la versione con l’etichetta verde. Non solo perché è certificata biologica, ma perché Bordiga la produce in seguito alla festa della raccolta del ginepro che ha luogo ogni fine settembre nel piccolissimo comune di Montemale ai piedi della Valle Grana. Si tratta di una festa che oramai è diventata tradizione, ma riesce a spiegare perfettamente lo stretto connubio che questa azienda vuole allacciare con la terra cuneese. Un concetto che supera di molto l’abusato concetto di territorio, in quanto terra significa luogo, ma anche e soprattutto valorizzazione dei prodotti che rischiamo di dimenticarci.
Volete un altro esempio? Spiga.
Si tratta di un distillato di malto che deriva dalle coltivazioni ripristinate di orzo, ma soprattutto di segale in Val Maira, di preciso in quel luogo meraviglioso che si chiama Elva. Coltivare cereali in montagna è al giorno d’oggi una pazzia, per la fatica e per i costi. Su quei pendii scoscesi il lavoro deve essere fatto a mano come una volta perché i mezzi meccanici moderni non riescono a lavorare. Chi è stato a Elva sa che soltanto raggiungerla è impegnativo, ma poi viene ripagato dalla vista di uno dei luoghi più incantevoli del mondo. Lo stesso credo valga per il distillato di malto che solo tra un paio d’anni potrà fregiarsi del nome Whisky. Tornare a far rivivere le montagne con un’agricoltura eroica è più che impegnativo, ma il risultato arriva netto e preciso in un sorso di un distillato che non solo è buono, ma sa di buono.

Articolo a cura di Paola Gula

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