«La mia missione nel cuore di Haiti dove manca tutto»

Padre Massimo è rientrato nella sua Borgo San Dalmazzo, ma continua a prodigarsi per portare aiuti nell’isola caraibica. Il ruolo delle aziende cuneesi

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Cuneese doc, classe 1965, Padre Mas­simo Miraglio è un missionario camil­liano che opera ad Haiti da cir­ca 20 anni. Dopo oltre 4 anni di assenza, è tornato nella sua città, Borgo San Dalmazzo, per riabbracciare la mamma e i vecchi amici. E anche per raccontare la sua storia a chi, ancora, non la conosce. Una storia af­fascinante, oltre che curiosa: da giovane Massimo era uno dei “belli” del liceo, un ragazzo spigliato e, a tratti, ribelle. L’anima della festa, il leader della compagnia: uno dei primi a chiedere l’esonero dall’insegnamento di religione al Liceo Classico S. Pellico di Cuneo, non appena la modifica dei Patti Late­ranensi la rese opzionale. L’in­segnante era l’allora Don Giu­seppe Guerrini, poi divenuto Ve­scovo di Saluzzo ed, oggi, Vescovo Emerito: qualche an­no dopo, al termine di una conferenza su Haiti, hanno sorriso insieme dell’ironia della vita.

L’amore di Padre Massimo per Haiti pone le radici in un breve periodo di volontariato sull’isola caraibica, oltre 30 anni fa. A questo seguì il servizio civile a Torino, presso l’ufficio stranieri del Comune. In quel periodo si avvicinò all’Ordine dei Ca­milliani e al mondo delle missioni, decidendo nel 2005 di lasciare tutto e partire. Prima laico, poi frate, infine sacerdote nel 2004, Padre Massimo ha operato per 18 anni a Jeremie, una delle principali città dell’isola. Qui il progetto dei Ca­milliani riguardava la creazione di un ospedale, oggi in attesa di ultimazione, per fornire le cure di base a questo popolo abbandonato. Haiti è una terra dimenticata, un «inferno caraibico», così come è stato definito: nella perla delle Antille, situata tra Cuba, Santo Do­mingo e Giamaica, nessuno è al sicuro dalle bande criminali. Oltre 200 gang comandano un Paese dove lo Stato è diventato impotente, così come spesso le organizzazioni umanitarie.
«Per chi non ha toccato con mano la povertà e la miseria di questo Paese, è difficile immaginare come realmente viva la gente qui. Fame, paura, mortalità infantile, assenza di un si­stema sanitario, penuria di be­ni di prima necessità: questa è la realtà di Haiti. Eppure non ab­biamo perso la speranza, la­voriamo incessantemente per migliorare la vita di queste persone, sfiancate, la cui sola colpa è essere nate nel posto sbagliato» racconta Padre Mas­simo, con gli occhi illuminati di chi è mosso da qualcosa di grande. Dal tristemente noto terremoto del 2010 al brutale uragano Matthew, la storia di Haiti è funestata da tragedie immani. Dall’assassinio del pre­sidente Moise nel 2021 il Paese, già dilaniato dalla corruzione, è dominato quasi totalmente da bande criminali che razziano, stuprano e uccidono impunite. La violenza è ormai all’ordine del giorno, ma ovattata dal colpevole silenzio dei media internazionali e dall’impotenza delle organizzazioni umanitarie, che hanno ormai abbandonato un Paese in pre­da al caos ed agli abusi più efferati. «Haiti è diventato troppo pericoloso anche per i volontari negli ultimi tempi. Final­mente le Nazioni Unite hanno acconsentito ad inviare un contingente militare, sebbene a di­stanza di un anno dal nostro primo, accorato, appello. Non ri­solverà la situazione, ma speriamo ci aiuti ad arginare quanto possibile i danni, e soprattutto a proteggere le poche infrastrutture sensibili che in questi anni siamo riusciti a costruire» continua il missionario. Ad ago­sto Padre Massimo ha ricevuto l’incarico dal Vescovo di Jeremie di prendere le redini del­la Parrocchia di Pourcine, villaggio montano di circa 4mi­la persone. «È un posto estremamente isolato, ma almeno qui siamo al riparo dalla violenza. Per raggiungere il villaggio sono necessarie 3 ore di motocicletta e 3 di cammino da Jeremie. Questa è la nostra “for­tuna”, nonostante il risvolto della medaglia implichi l’assenza di acqua, luce, scuole, si­stemi fognari, ospedali. Sop­periamo come possiamo, ad esempio raccogliendo l’acqua piovana. La quasi totalità degli abitanti vive di agricoltura, no­nostante le avverse condizioni climatiche. Prima che l’uragano si abbattesse anche in questa zona si coltivava il caffè, che poi veniva esportato. Siamo sopravvissuti gra­zie alla commercializzazione dei fagioli, ma ora stiamo cercando di reintrodurre la coltura del caffè».

A Pourcine Padre Massimo, gra­zie al sostegno dei Padri Camilliani, ha aperto un asilo e una scuola elementare: un lembo di speranza a cui aggrapparsi, un segnale di fiducia nel futuro. Di questo parla con sincera commozione quando, una volta ogni 4/5 anni, ritorna in Italia e cerca anche da qui di aiutare il Paese che negli ultimi 20 anni è stato per lui casa. Sentendo le sue parole, taglienti e al contempo delicate, tante realtà commerciali e imprenditoriali hanno deciso di apportare un sostegno concreto alla cau­sa. Aziende del territorio come Merlo, Balocco, Biesse, Inalpi e Ferrero supportano da an­ni l’operato dei Padri Camil­liani ad Haiti, rendendo possibili tanti piccoli ma grandi progetti. Nella capitale arrivano con­tainer di aiuti umanitari pro­venienti dall’Italia, e in particolar modo dal Cuneese, dove un gruppo di volontari av­viato dai genitori e da alcuni ami­ci di Massimo si prodiga per fare una, seppur piccola, differenza nella vita di tanti haitiani. Per chi volesse sostenere la Missione di Haiti è stata creata la Madian Orizzonti Onlus, che fa capo ai Padri Camilliani di Torino. I riferimenti: Iban IT22S0200801046000101096394 c/o Unicredit intestato a: Madian Orizzonti Onus – bic swift: UNCRITM1BDH Causale: contributo nuova Parrocchia a Pourcine.

Articolo a cura di Matilde Benedetta Botto