L’opinione di Antonella Olivieri

«La nutrizione iodica è migliorata e sono diminuite le patologie legate alla carenza di iodio, serve ancora attenzione per le donne in gravidanza»

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IL FATTO
Sugli scaffali dei supermercati ci siamo abituati a trovare il sale iodato a fianco di quello tradizionale. Quando è nato e quali risultati ha portato negli anni?

In passato non era raro che – soprattutto nell’area delle regioni alpine – fossero diffuse malattie legate all’ingrossamento della ghiandola tiroidea, come il gozzo. Solo ai primi del ’900 fu chiaro che queste patologie erano legate alla carenza di iodio. Così nel 1922 il chirurgo svizzero Hans Eggenberger raccolse firme per una campagna in cui credeva molto e che chiedeva alla sanità pubblica di mettere in commercio il sale iodato. Ebbe successo.
In seguito, nel 1992, l’Oms e la Fao hanno sottolineato l’importanza di promuovere campagne di educazione che avessero come fine la necessità di informare sui rischi da carenza iodica e, nel 1997, il Ministero della Salute ha cominciato a promuovere l’uso del sale arricchito con iodio fino al disegno di legge operativo nel 2005 con la legge 55 che ha definito modalità di utilizzo e vendita del sale alimentare arricchito con iodio: nei punti vendita deve essere garantita la presenza di questo prodotto a fianco del sale comune. Il sale iodato assicura un buono sviluppo mentale e fisico del bambino e regola le funzioni della tiroide, quindi preserva importanti funzioni dell’organismo: la produzione di energia, la crescita, lo sviluppo, la regolazione del metabolismo basale e quindi il bruciare i grassi in eccesso, la prontezza mentale.
Uno studio coordinato dall’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (Osnami) dell’Iss appena pubblicato dal Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism ha confermato la sicurezza del programma nazionale di iodoprofilassi. Dopo 15 anni di promozione dell’uso del sale iodato l’Italia è “iodosufficiente”, con una forte diminuzione dei rischi legati alla carenza nutrizionale di iodio, primi fra tutti il gozzo e la sua evoluzione in gozzo nodulare, anche se qualche criticità ancora rimane per la nutrizione iodica in gravidanza.
«I dati suggeriscono che quindici anni di promozione dell’uso di sale iodato hanno significativamente migliorato la nutrizione iodica nella popolazione, portando ad una minor frequenza delle patologie legate alla carenza nutrizionale di iodio e dimostrando che il programma di iodoprofilassi nel nostro Paese è sicuro – ha commentato Antonella Olivieri, responsabile scientifica dell’Osnami -. Rimane qualche preoccupazione per la nutrizione iodica in gravidanza, periodo della vita in cui il fabbisogno di iodio è aumentato per soddisfare le esigenze fetali».
In base alla ricerca, esiste una prevalenza di uso del sale iodato del 71,5% negli adulti e del 78% nelle mense scolastiche. Il consumo è maggiore al nord, nelle donne e nelle persone con un maggiore status socioeconomico. Negli ultimi anni, in seguito alla promozione per il sale iodato, la prevalenza del gozzo in età scolare è risultata del 2,2%, molto inferiore alla soglia del 5% sopra la quale questa patologia viene definita endemica. Anche la presenza di noduli alla tiroide nella popolazione infantile è risultata bassa, intorno al 2%.