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Aldo Viglione. La politica di valore

Trentacinque anni fa l’addio al primo presidente cuneese della Regione Piemonte. Scelse di combattere per la Liberazione con i partigiani della “Val Pesio”

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Domani, venerdì primo dicembre, saranno trascorsi esattamente 35 anni dal giorno della scomparsa di Aldo Viglione, uomo politico molto apprezzato e primo presidente cuneese della Regione Piemonte. In quel primo dicembre 1988 Viglione stava rientrando a Morozzo da Torino guidando la sua Fiat Croma. Un incidente gli costò la vita, quando aveva 65 anni. Era nato l’11 settembre 1923 nella “terra del cappone”, proprio nel giorno del suo ventesimo compleanno fece una scelta di vita che lo avrebbe segnato profondamente: era stata resa nota via radio da appena tre giorni la notizia dell’armistizio e decise di abbandonare gli studi in legge per combattere per la Liberazione. Rag­giunse i partigiani in Valle Pesio, entrò a far parte di “Giustizia e Libertà” con il nome di battaglia “Aldino”, legandosi a Duccio Galimberti e Ignazio Vian, e iniziò la sua Resistenza, prima come membro della brigata “Valle Gra­na”, poi come commissario della brigata “Val Pesio”, ruolo delicato che i partigiani gli assegnarono vedendo in lui l’uomo di grandi valori che avrebbe poi dimostrato di essere. Due giorni dopo questa importante nomina, il 17 dicembre 1944, venne arrestato e costretto a una dura prigionia nei Forti di Nava, ma dopo dieci giorni riuscì a evadere tornando alla testa della sua squadra. Terminato il conflitto, non abbandonò mai lo spirito di “Aldino” il partigiano: divenne avvocato, ma gli anni della guerra gli avevano fatto intuire che quella della politica sarebbe stata la sua strada. Fu prima consigliere comunale a Bo­ves, quindi consigliere provinciale per il Partito So­cia­lista, per poi essere eletto consigliere regionale nel 1970, anno dell’istituzione del­le Regioni. Aveva aiutato l’Italia repubblicana a nascere e visse come un secondo man­dato quello di accompagnare la nascita della Regione Piemonte. Nel 1973 fu eletto presidente dell’Assemblea re­gio­nale e due anni dopo di­ven­ne il terzo presidente del­la storia della Giunta regionale piemontese, dopo Edoar­do Calleri e Gianni Oberto Tare­na. Rieletto per altre due legislature, mantenne il suo incarico fino al tragico giorno d’inverno che ne segnò il destino, lasciando in dote l’introduzione di un’infinità di innovazioni: affrontò i primi grandi impegni della Regione come il piano sanitario, la legge urbanistica e il piano di sviluppo; si adoperò nel recupero dei beni monumentali con i restauri di Palazzo Lascaris, poi sede del Consiglio regionale, della manica nuova di Palazzo Reale e dei Castelli di Rivoli e di Ivrea e fu grande fautore della banca dati delle leggi regionali. Proprio alla sua grande lungimiranza politica si deve anche la preziosa collaborazione con Diego No­velli, sindaco comunista di Torino a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta, nella lotta contro il terrorismo.
Se ne andò nello sgomento dell’intero Piemonte, che perdeva in un sol colpo un padre della Liberazione e un vero punto di riferimento nella storia delle istituzioni regionali. E ora, 35 anni dopo, sulle pagine di IDEA vogliamo testimoniare il valore dell’uomo e del politico con questo ricordo.

BaNNER
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