La città dove la bici è tradizione «Un antico legame che emoziona»

Dai pionieri ai campionissimi, passando per il Circuito degli Assi e la Granfondo: da sempre Bra è fortemente legata al mondo del ciclismo. E non si vuole fermare

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Gino Bartali al Circuito degli Assi del 1950 attorniato dai tifosi braidesi - Foto: Archivio Renzo Chiesa

L’arrivo, anzi, il ritorno del Giro d’Italia a Bra ac­cende l’entusiasmo, porta aria di fe­sta, infiamma la passione per lo sport all’aria aperta e per il territorio. E fa riaffiorare le radici di un legame con le due ruote a pedali che ha una storia antichissima. Sì, perché già in epoche ormai molto lontane – distanti quasi un secolo e mezzo dai nostri giorni – le corse in bicicletta erano già una passione sotto la Zizzola. O, comunque, stavano per diventarlo.
Volendo – seppure in maniera sintetica – ripercorrere questi piacevoli e intensi flash­back, si scoprono ma­ree di ricordi, cimeli, fotografie, storie. Segno che Bra e il territorio che la circonda hanno una naturale propensione nei confronti di questo mitico sport. Le prime “istantanee” di cui vi è traccia – come è ben descritto nel ricchissimo volume “Pedala, pedala… Cent’anni di ciclismo a Bra”, curato da Livio Berardo, Franco Guida ed Ettore Molinaro (Città di Bra, 1994) – risalgono alla fine del­l’Ottocento e, soprattutto, ai primi anni del Novecento: raccontano di un’attività (pionieristica) in crescita, di gare rese avvincenti dal sapore di polvere e leggenda, dei primi forti atleti locali, di tanti altri ciclisti che, qualche decennio dopo, avrebbero poi avuto la fortuna di abbracciare (nel vero senso della parola) i due grandissimi del ciclismo italiano, Gino Bartali e Fausto Coppi, immortalati in diverse occasioni in terra braidese o, comunque, in compagnia di ciclisti che rappresentavano quella terra. «Coppi in maglia iridata di campione del mondo, Bartali con la consueta grinta», come commenta il giornalista Beppe Conti.
Poi venne il periodo storico del Velo Club Chiesa di Bra e del Circuito de­gli Assi, capace negli anni Cin­quanta del No­ve­cento, di richiamare enormi campioni internazionali, come Bartali, appunto, Alfredo Mar­tini, Nino De­filippis e Charly Gaul: «I migliori anni – li definisce Conti – per tanti ragazzi che non sono diventati celebri ma grazie al ciclismo, alle corse in bicicletta, sono riusciti ad affrontare la vita con coraggio e dedizione, con entusiasmo e successo».
Fatiche, ma non solo. Nella storia del movimento ciclistico braidese – in cui spiccano anche, tra gli altri, il Gruppo Soresina, il Gruppo Press-Crb, il Gs Rolfo e l’Auxilium Salesiani – c’è spazio per le soddisfazioni. E quante soddisfazioni. A questo proposito, il nome forse più azzeccato è quello di – osserva Conti – «Matteo Cravero, campione locale che, riuscendo a disputare il Giro d’Italia, suscitò infiniti entusiasmi».
Come è accaduto – prima volta in assoluto – con l’arrivo della tappa del Giro La­vagna-Bra, nel 1994, fortemente voluta dal Comitato provinciale per il Giro all’epoca presieduto da Ferruccio Dardanello e vin­ta da Mas­simo Ghirotto, e con la partenza, nel 1999, dell’altrettanto celebre Bra-Borgo San Dalmazzo, la frazione della Corsa Rosa dopo la quale Paolo Savoldelli – come ha confermato in una recente intervista alla Rivista IDEA – venne soprannominato Il Falco, per via delle sue straordinarie doti da discesista. E c’è da starne certi che accadrà lo stesso con la Bra-Rivoli, un’altra giornata di grande ciclismo destinata a diventare leggenda.
Tutto ciò senza dimenticare un’altra corsa, tutta braidese, che fa parte ormai, a pieno titolo, degli annali di questa disciplina: la Granfondo Bra Bra, bravissima a raggiungere – proprio pochi giorni fa – il prestigioso traguardo della 30esima edizione. Attorno a queste incredibili vi­cende – tanto sportive quanto uma­ne – c’è una smisurata cultura che si è sviluppata nel corso degli anni, di gara in gara. Una cultura alimentata da straordinari scrittori e cantori. «E Bra – conclude Conti – anche in questo senso è all’avanguardia, perché è, ad esempio, la città di Giovanni Arpino, grandissimo narratore sottovalutato da tanta critica ma che con alcuni romanzi ha raggiunto vette altissime in letteratura». Cartoline, frammenti, diapositive, emozioni – rievocati nel libro so­pra menzionato anche da Pietro Fraire, Bernardo Negro, Renato Arduino, Renzo Chiesa, Alfredo Man­go, Gio­vanni Bergesio, Giuseppe Ma­nas­sero, Michelino Davico e Piero Dar­da­nello – diventano, in vista del ri­torno della Corsa Rosa, una splendi­da occasione per riscoprire (o sco­prire, se necessario) la magia impareggiabile che sa regalare il ci­clismo. Soprattutto quando si unisce in un legame così straordinario con il territorio che lo celebra.