Arpino e Mucci, due intellettuali nel segno di Bra e del ciclismo

Destini incrociati: entrambi hanno descritto la città condividendo la stessa passione per lo sport e una eccelsa capacità nel raccontare storie e personaggi

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Un vanto di Bra è rappresentato dal legame solido della città con Giovanni Arpino, scrittore e uomo di cultura, giornalista indimenticabile che dedicò una parte significativa del suo lavoro anche allo sport. Al calcio soprattutto: il suo celebre romanzo “Azzurro tenebra” – nato dal racconto dei Mondiali del 1974 e narrato sulle pagine del suo quotidiano, La Stampa – resta un’opera di riferimento nel campo della letteratura sportiva.
Giampaolo Ormezzano, suo collega ed amico, ha ricordato sulle pagine del libro “Pedala pedala – Cent’anni di ciclismo a Bra” anche il breve coinvolgimento di Arpino sul terreno del ciclismo, definendo quell’esperienza «una breve epifania». Eppure, sempre secondo il grande Gpo, «… probabilmente il ciclismo dentro Arpino stava da sempre, era alla base del suo “pedalare” nella vita, lavorando tanto con intransigente moralità. Ci stava nell’Arpino lettore, nell’Arpino scrittore, ci è tornato nell’Arpino giornalista anche calcistico, agente con il decalogo puro e intransigente del ciclista».
E ancora: «Io penso a molti personaggi dei suoi libri, e specie a “Domingo il favoloso”… come a tipi che portano sempre in tasca la molletta – di legno, no di plastica, per carità – con cui stringere alla base il pantalone, ad evitare che finisca “mangiato” o sporcato dalla moltiplica grande, presso la quale la stoffa passa con grossi rischi quando è il momento della pedalata per rigare la città». Uno scrittore, il braidese Arpino (nato a Pola il 27 gennaio 1927, morto a Torino il 10 dicembre 1987 e sepolto nel cimitero di Bra), che Ormezzano esalta in particolare per la qualità descrittiva dei suoi dialoghi: «senza i “disse” e i “rispose”, ma con verbi sempre adatti alla situazione del momento e alla psicologia del personaggio, il quale ogni volta, prima di parlare, esegue un movimento, di faccia o d’animo, sintomatico: “propose”, “s’incupì”, “infilò”…».
Proprio Arpino, da giovane, immortala nel suo “Gli anni del giudizio”, un altro intellettuale legato a Bra, ovvero Velso Mucci, ritratto come «uomo grosso in maglione scuro e basco» che «sorrideva e il suo volto massiccio diventava più giovane in quel largo sorriso di ragazzo».
Arpino era affascinato da questo personaggio che faceva il pendolare tra Bra e Roma e che conosceva personaggi della cultura come Maccari o De Chirico. Sono destini che si incrociano. Bra diventa così lo scenario di “L’uomo di Torino” di Mucci e de “Gli anni del giudizio” di Arpino, con l’odore del cuoio a fare da sfondo (negli anni ’20 era fiorente l’industria delle concerie).
Mucci, che da giovane era stato anche riserva della Juventus, nel ’62 accettò da L’Unità l’incarico di seguire il Giro d’Italia firmando un corsivo ironico con la firma “Mucci al Giro”. E fu una scoperta straordinaria, fonte d’ispirazione per analisi divertite e memorabili.