Ferruccio Dardanello: «una bella realtà che ha scritto splendide pagine di storia»

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La qualità della Banda di Mondovì è una fusione tra la bravura dei musici e l’impegno fattivo della parte amministrativa, che ha sempre colto con attenzione e lungimiranza le nuove esigenze. Dal primo presidente, Castellino, anch’egli suonatore (al violoncello), a Mattia Germone che oggi è attivo “numero uno” del’associazione (coadiuvato dalla vice Sara Canavese e da un gruppo direttivo vivace): «Sono onorato», dice Germone, «di presiedere la banda durante questa importante ricorrenza. Una realtà che va promossa sempre di più, perché di eccellenza per l’intero territorio. I musici sono tutti volontari, per le loro prestazioni con la banda non percepiscono compensi: ma nonostante questo, la qualità è altissima, perché tutti fanno un lavoro eccezionale». Tra coloro che si sono succeduti alla guida della banda è senz’altro da ricordare Fer­ruccio Dardanello: per lui il sodalizio musicale monregalese è sempre stata una… questione di famiglia. «Ereditai l’onere e l’onore della presidenza della banda da mio papà Stefano nel 2003», racconta Dardanello, «dopo che la stessa era stata in mano a mio zio “Pinotu” Ellena e ancor prima a mio nonno, Marco Manassero. Mio padre fu presidente per oltre 30 anni». Una saga familiare che ha visto cambiare profondamente le peculiarità della banda, ma che l’ha vista soprattutto crescere dal punto di vista qualitativo e dei consensi, soprattutto nel corso della presidenza di Ferruccio: «Abbiamo avuto stagioni fantastiche», continua Darda­nello, «dalla presenza sul Reno al Parlamento Europeo, al Giro d’Italia… Con la musica della banda si sono vissuti momenti esaltanti che restano vere e proprie pietre miliari della storia della città. Al gruppo abbiamo aggiunto professionisti che hanno incrementato il valore di quello che già esisteva: tanto che le nostre esecuzioni sono sempre state apprezzatissime da tutti, anche dai palcoscenici più prestigiosi». Oggi Dardanello è presidente onorario: la storia continua, insomma… «e non possiamo farne a meno», osserva, «perché così facendo esportiamo il nome di Mondovì fuori le mura. Con la banda, che resta un elemento culturale e musicale di eccellenza non solo locale».