«Un verso può davvero cambiare la nostra vita»

Antonio Scommegna, presidente del Cenacolo “Clemente Rebora”, illustra il fascino della poesia

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La ricerca della bellezza assume forme e modi differenti, si esprime con sfumature che variano a seconda dei tempi e dei luoghi, delle mentalità e dei bisogni. Ma è certamente una costante della storia umana provare ad alzarsi da terra verso il cielo, guardare all’arte nel tentativo di allontanarsi dalle brutture della quotidianità o, al contrario, per provare a capire maggiormente il tempo in cui siamo immersi. Forse, la pretesa di una visione universale, di una comprensione totale dei problemi e delle inquietudini dell’uomo è un’illusione; spesso, della forma del mondo ci rimangono solo dei segni, piccoli pezzi di uno spaccato più ampio. Dei frammenti di realtà, insomma, che possono però darci degli sprazzi di bellezza e, per qualche istante, di salvezza. A quei Frammenti Lirici, come titola l’importante raccolta di versi di Clemente Rebora, guarda l’Associazione Culturale Cenacolo a lui dedicata di Savigliano, da quarant’anni attiva nel campo della promozione della poesia e delle arti, che ha da poco celebrato i quattro decenni di attività con una serata pubblica. Il presidente dell’associazione, Antonio Scommegna, docente saviglianese in pensione, si è fermato a chiacchierare con noi a proposito dell’evento, della poesia, e del senso che questa può ancora avere oggi.

Presidente Scommegna, perché avete pensato di creare un’associazione per valorizzare la poesia?
«A fine anni ’70 si trattava semplicemente di un gruppo di appassionati che si ritrovava a Savigliano presso la chiesa di don Giovanni Rayna. Qual­cuno, già allora, riteneva che la poesia fosse un mezzo per fuggire dal tempo, per scappare: noi pensavamo, al contrario, che fosse un aiuto per trovare una via di uscita dalle problematiche dell’esistenza. E che fosse soprattutto un grande simbolo della vita, perché i versi utilizzano le parole, che sono alla base della nostra società e del nostro esistere. L’idea della nostra associazione, nata ufficialmente nel 1992, è dunque promuovere un’azione educativa attraverso la poesia perché pensiamo che il problema umano fondamentale sia la questione culturale».

Che cosa significa?
«Che oggi più che mai è necessario far conoscere la bellezza della cultura, trovare le forme dell’armonia e dell’equilibrio per provare a comprendere questo mondo. Capimmo di essere sulla strada giusta e di aver intercettato un bisogno profondo quando, nei nostri primi anni, nacque un premio nella nostra zona sempre legato all’ambito della poetica che vide l’adesione di centinaia di persone: c’era e c’è un forte bisogno di pensare in maniera profonda».

Avete trovato terreno fertile?

«Abbiamo avuto un grande aiuto da figure importanti dell’università di Torino, come i professori Barberi Squarotti, Lauretano, Masoero e siamo riusciti a stabilire un ottimo rapporto con le istituzioni locali e il mondo della scuola, con cui abbiamo attivato diversi percorsi di collaborazione».

Quali sono le vostre attività principali in questi spazi?
«Da anni portiamo avanti laboratori di scrittura con i ragazzi delle medie e delle superiori, che attraverso la poesia riescono, spesso in maniera sorprendente, a esprimere le loro emozioni. Alcune di queste, poi, vengono raccolte ogni anno in un libro. Oltre a ciò, va sicuramente segnalato il festival in calendario da più di dieci anni e l’occasione del 21 marzo, la giornata mondiale della poesia, in cui piantiamo un albero in ricordo di un grande artista. Tutte queste esperienze non mirano solo ad allargare il numero dei soci, ma principalmente ad appassionare le persone a queste tematiche».

Ritiene che la poesia sia stata di aiuto in questo anno e mezzo così complesso?
«Pensiamo alla bellezza in tutte le sue forme, alla musica cantata dai balconi nelle prime fasi della pandemia, ai pensieri, alle frasi che circolavano sui social network e sui media. La gente si è fermata a riflettere e sono uscite tante cose belle e importanti».

Che ruolo ha oggi, dunque, la poesia?
«La poesia parte dalle nostre esperienze, dagli affetti della nostra vita: nasce cioè da quello che è privato, che poi attraverso la lirica diventa pubblico. Ed è questa capacità di emozionarci toccando le nostre corde più profonde che rende la poesia sempre attuale, permettendoci di capire cose scritte mille anni fa. O di riscoprire cose che pensavamo di aver messo da parte e che invece sono ancora lì a parlarci».