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«Risorgimento quante storie da riscoprire»

Il presidente del Museo Nazionale, Mauro Caliendo, ha mostrato al Rotary “Canale Roero” il tour virtuale dei luoghi dove nacque l’Italia

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Dover rinunciare agli incontri in presenza ha di cer­to ri­percussi­o­­ni negative sulla capacità di interessare la platea, ma non quando il relatore è bravo e preparato come Mauro Ca­liendo, ospite del più recente appuntamento organizzato dal Rotary Club “Canale Roero” del presidente Carlo Borsalino, grazie al quale ha portato un pubblico al­la scoperta “virtuale” del Museo del Ri­sor­gimento di Torino.

Presidente Mauro Caliendo, come è stato il tour virtuale del Museo del Risorgimento dedicato al Rotary Canale Roero?
«Diciamo che abbiamo fatto una panoramica partendo ovviamente dalla prima storica Camera dei deputati, ovvero il Parlamento subalpino, dove Cavour e Garibaldi hanno discusso, litigato e trattato per dare il via all’architrave dell’Italia attuale. Ancora oggi, tra l’altro, si tratta dell’unico Parlamento ancora integro esistente in tutta Europa. Un gioiello».

Quali sono state le reazioni dei visitatori?
«Ho fatto passeggiare gli ospiti nelle varie sale del museo svelando i dettagli più curiosi e presentando i personaggi principali. C’è sempre grande interesse, vengono fuori le nostre reminiscenze scolastiche e ci si rende conto dell’importanza di certi personaggi. Qualcuno si stupisce di aneddoti poco conosciuti, altri fanno domande su Garibaldi. Vengono fuori storie che vanno oltre il fatto storico ma che rimangono impresse nella mente, perché evidenziano il lato più umano di questi personaggi».

Marco Bardazzi su La Stampa ha fatto un raffronto sulle celebrazioni dedicate negli Usa a George Washington rispetto a quelle che in Italia dedichiamo ai nostri padri fondatori come Camillo Benso di Cavour. Perché tanta differenza?
«Sicuramente è un campo dove ci sarebbe molto lavoro da fare. Ma forse in Italia, rispetto a un paese come gli Stati Uniti, abbiamo una storia (millenaria) così ricca che diventa più difficile scegliere un personaggio simbolo rispetto a un altro. Comun­que, sono stati realizzati alcuni sceneggiati recentemente e in passato. È una storia importantissima e al nostro nuovo consiglio d’amministrazione, è stato chiesto proprio questo da parte della città di Torino e della Regione Piemonte: di fare chiaramente un salto di qualità sul piano della comunicazione, perché la storia dei padri fondatori è preziosa e deve essere ancor di più fatta conoscere un po’ a tutti. È la missione di questo museo. Ecco perché serate come quella del Rotary, sono un’occasione piacevole per portare avanti una missione».

Gli uomini del Risorgimento erano davvero tanto diversi rispetto al contesto attuale?
«Direi innanzitutto che questi personaggi, a differenza del mondo attuale dove tutto è diventato specialistico, esprimevano talenti a 360 gradi. Rappresentavano spesso tan­te cose insieme: erano pittori, poeti, politici e soldati. Per esempio, Massimo D’Aze­glio era stato esattamente tutto questo, un protagonista poliedrico. Senza contare che tanti aspetti della nostra vita politica contemporanea sono nati in quel contesto: il voto di fiducia oppure, in senso lato, il parlamentarismo così come lo viviamo oggi».

Non sarebbe il caso di studiare meglio e di più quel periodo, per noi così significativo?
«Certo. Ne varrebbe la pena. Pensiamo a Garibaldi, uno dei più conosciuti al mondo, venne ricevuto in Inghilterra e trattato come un mito vivente, mandarono addirittura una nave a prelevarlo e c’era una folla di mezzo milione di persone ad aspettarlo. Lui che aveva messo le basi per l’Unità d’Italia, poi regalata, per così dire, a Vittorio Emanuele II, ha finito la sua vita in una sorta di voluta indigenza. Questo per sottolineare la portata morale di questi uomini. E oltre alle storie più conosciute ce ne sono tante altre, in un secolo molto fertile sotto questo punto di vista. Posso citare personaggi come Santorre di Santarosa, Costantino Nigra o Isacco Artom. Oppure gli episodi meno noti come per la Repubblica d’Alba, durata tre giorni, così come la Repub­blica d’Asti».

Rispetto a oggi, quale messaggio potrebbe arrivare da quell’epoca?
«Diventa difficile fare paragoni tra due ere tanto diverse. Cavour andava fiero del fatto che ci fosse il Parlamento e non un uomo solo al comando. Sembra un po’ un aspetto da approfondire e da riscoprire».

Ci sono anche storie di donne coraggiose e speciali, spesso dimenticate. È così?
«Tutti conoscono Anita Ga­ribaldi, la prima a scendere in campo, però ci sono state altre donne importanti nella storia risorgimentale. Se lei ha avuto un ruolo, diciamo, più di colore, la contessa di Castiglione, Virginia Oldoni, è stata invece strategica se pensiamo alla sua vicenda in Francia con Napoleone III di cui fu peraltro l’amante. Ma ci fu anche Cristina Trivulzio di Belgioioso, altra donna che passò dalle parole ai fatti nel nome dell’ideale italiano, protagonista ben oltre il cliché dell’epoca. Oppure penso a Eleonora Pimentel, a Napoli, giornalista e politica. Tante bellissime storie. I miei figli spesso mi chiedono: papà, perché leggi sempre fino a tardi? Io rispondo, perché mi diverto. È così che dovremmo rivedere questo periodo storico, come un film decisamente avvincente».

A proposito, se la immagina una trasposizione per Netflix?
«Assolutamente sì. Trovo in­credibile, per esempio, che non ci sia mai stata una versione cinematografica dell’impresa di Gabriele D’An­nun­zio a Fiume. Per citare una vicenda post-risorgimentale…».

Finalmente si riaprono le por­te anche del Museo del Risor­gimento.
«Sì, con tutte le difficoltà del caso. È stato un colpo durissimo, come per altre realtà. Però, dall’altro lato, questa sosta forzata ha velocizzato il percorso di aggiornamento e ammodernamento digitale. Come lo sviluppo dei tour via web e la comunicazione in streaming. Questo è un punto ormai fondamentale per i musei che devono per forza avere questa chiave multimediale».

Sono in arrivo novità?
«Certamente, ci stiamo lavorando. Qualche anticipazione? Spero che già in autunno ci sia la possibilità di portare il museo nelle case delle persone, anche se ovviamente ve­nirlo a vedere di persona resta un’esperienza unica. Lo stupore di chi entra qui per la prima volta ha un valore assoluto. Dopo la visita si rimane colpiti dalla bellezza di questo luogo e anche dagli odori. Vale soprattutto per il Par­lamento subalpino. La sua straordinaria eleganza colpisce il visitatore assieme all’odore del legno, alla sua antichità. Un posto magico, perfetto».

BaNNER
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