«Mi diverte la mia vita da recensore digitale»

Il ruolo della tecnologia analizzato dal “re delle recensioni” Andrea Galeazzi

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Troppo spesso si considera ancora la tecnologia come un’entità “se­pa­­rata” dall’uomo, quasi ostile. Colpa, for­se, dei suoi “processori”, dei suoi “bit” e dei suoi “pixel” che, effettivamente, di “umano” paio­no ave­re ben poco. In realtà, è tutta una questione di cultura, sensibilità e, per certi versi, adattamento. In pa­role povere: non ci siamo ancora del tutto abituati a concepire i di­spositivi elettronici come un’e­sten­sione del nostro corpo.

Un’e­stensione che, se “sfruttata” con cognizione di causa e un briciolo di competenza, è in grado di stravolgere (in meglio) la nostra quotidianità. Può essere riassunto così l’approccio (tecnologico) alla vita di An­drea Galeazzi, architetto mi­lanese, ormai da un ventennio
au­tentica celebrità su Internet grazie al­le sue videorecensioni di “smart­­­phone” e accessori digitali.

Galeazzi, le sue recensioni so­no una sentenza. In che modo ha costruito la sua credibilità?
«Questo lavoro mi diverte e ap­passiona. Di conseguenza, da­van­ti al­la videocamera, sono spontaneo, sin­cero e trasparente. E quando faccio una recensione divento un “talebano”».

Cioè?
«Dico le cose come stanno, senza scendere a compromessi. An­che quando il prodotto che sto recensendo presenta difetti o, co­mun­que, non si dimostra all’altezza del­le aspettative».

Un esempio?
«Qualche anno fa, quando venne lanciato lo Stonex One, lo smart­phone “tutto italiano” pubblicizzato da Francesco Facchinetti, ricevetti pressioni affinché ne parlassi bene a ogni costo. Non lo feci e, anzi, nel video ne evidenziai gli aspetti negativi. Se avessi taciuto queste cose, avrei perso la mia credibilità».

Quindi nelle sue recensioni non fa mai pubblicità.
«Mai. Racconto la mia esperienza d’uso. Senza condizionamenti».

Ci sono però aziende che la pagano per presentare i loro prodotti.
«Certo! Ma in questo caso non faccio recensioni. Mi limito a parlare del prodotto in questione, anche qui senza esimermi dall’evidenziare eventuali caratteristiche o funzionalità negative».

Un “recensore digitale” come guadagna lo stipendio?
«Con le monetizzazioni dei video su YouTube, con la pubblicità os­pi­tata sui propri spa­zi web e affiliandosi ai principali canali di vendita online, oltre che, come dicevo, con gli incarichi ricevuti da privati».

È stato tra i primi in Italia a proporre videorecensioni di cellulari sul web. Com’è nata l’idea?
«Con l’amico Luca (Bordoni, oggi a Sky Sport, nda), proposi all’allora portale italiano di riferimento in ambito tecnologico, Telefo­ni­no.net, un “format” dedicato alle prove di telefonini, appunto. Loro ci diedero “carta bianca”. È così che è iniziato tutto».

Come ha affinato le recensioni?
«Il “format” è rimasto grossomodo lo stesso, salvo alcune “aggiunte”, quali le “schede tecniche” e le informazioni, seppure sommarie, ottenute impiegando strumenti di misurazione. E poi è variata leggermente… la sce­na: all’inizio, in video, si vedevano soltanto il telefonino e le mie mani. Oggi compare anche il mio volto…».

E, ogni tanto, quello di Chiara, sua moglie.
«Quando siamo insieme oppure quando devo testare la qualità dell’audio in entrata di un telefono o di un paio di cuffie è inevitabile che la coinvolga… E, comunque, non c’è “beta tester” migliore di Chia­ra per sperimentare un asciugacapelli o un’asciugatrice».

La presenza di Chiara, peraltro, funziona molto bene.
«Tra di noi c’è una bella sintonia. In ogni caso, lei compare in video so­lo quando ne ha voglia. Lo fa per divertimento: non bada alla notorietà né tantomeno al numero di visualizzazioni. È una fortuna che sia al mio fianco. Sono sempre più felice di averla sposata».

Immagino che la vostra sia una casa ad alto coefficiente “do­motico”.
«Dispositivi e “gadget” non mancano… Presto pubblicherò il video “24 ore in una casa domotica”, dove racconterò la nostra quotidianità, fortemente accompagnata dalla tecnologia».

Quanto è di aiuto la tecnologia tra le mura domestiche?
«Si può vivere be­nissimo con­ti­nuan­do a premere bottoni e ad al­zare le tapparelle “a mano”, ma farsi svegliare da un “device” che, da solo, sa sollevare gli avvolgibili e “accendere” il notiziario è un gros­so aiuto. Il grado di supporto che si può ottenere è proporzionale alle singole capacità di programmare i vari dispositivi».

Insomma, i dispositivi tecnologici sono ormai un’estensione del nostro corpo…
«Lo “smartphone” è un’interfaccia tra noi e il mondo. Tutta la nostra vita passa da quel dispositivo che, attraverso le applicazioni, ci consente di fare tante cose in maniera automatizzata o, comunque, più confortevole, spesso con un notevole risparmio di tempo. Ciò a pat­to che venga usato in modo corretto e responsabile».

L’innovazione tecnologica ap­plicata al settore della mobilità.
«È dappertutto: nei navigatori, negli strumenti che consentono di individuare i punti di interesse. E poi ci sono auto, bici e monopattini elettrici. Detto ciò, è impensabile che tutti, dall’oggi al domani, passino all’elettrico: le infrastrutture di ricarica non sono ancora adeguate. Ma il processo di svolta verso la sostenibilità è avviato».

Il nostro Paese, però, non sembra ancora pronto…
«Durante il “lockdown”, se da un lato, specie con le videochiamate, si è compresa l’utilità della tecnologia, dall’altro è emerso lampante il fatto che l’Italia sia ancora ca­ratterizzata da un pesante “digital divide”. Ci stanno mettendo una “pezza” le reti di telefonia mobile».

Qual è, dunque, la sua “ricetta”?
«Si dovrebbe investire in maniera più intelligente; gli incentivi per la banda larga o per la digitalizzazione, invece, sono sempre un po’ “mediati” dagli interessi. Fossi il Premier, destinerei il 50% delle risorse alla formazione e al potenziamento delle infrastrutture».

Vuole fare politica?
«No, ho ancora mille cose divertenti da fare…».

Quindi la tecnologia non l’ha ancora stancata…
«Effettivamente gli “smartphone” si sono piuttosto omologati. Per “va­riare” recensisco anche altri prodotti che mi piacciono, co­me auto, ebike, elettrodomestici e cibo».

A quando la recensione del tartufo bianco d’Alba?
«Sono un affezionato visitatore di Cheese e adoro le Langhe: a questo punto attendo un invito ad Alba! (ride, nda)».