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Alla scoperta di realtà fuori dai soliti radar

Nove ristoranti del territorio e 45 ricette nel nuovo libro “sui generis” di Paola Gula

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Chi sa fare, fa; chi non sa fare, ne par­la. È una massima che si applica a molti campi, ma non al cibo e alla cucina. Per trattare come si deve questi temi servono competenze trasversali. Cibo e cucina sono letteratura e matematica, tradizione e creatività, biologia e chimica, storia e geografia. Per parlare di cibo e cucina, insomma, bisogna saperne. E non guasta neanche parlarne “planando sull’argomento dal­l’alto”, per dirla alla Cal­vino. Cosa che dimostra di saper fare Paola Gula, giornalista enogastronomica e scrittrice che ha da poco pubblicato per Golem edizioni “…E di passione q.b.” un libro di storie e ricette di territorio, con la prefazione dello chef stellato Davide Palluda («Ne ha subito colto il carattere peculiare, ha capito che il filo conduttore è il racconto e in effetti ricevo molti messaggi di persone che mi dicono di averlo letto di filato, come un’unica storia, cosa non usuale per un libro di ricette», commenta soddisfatta la scrittrice).

Paola, tre libri pubblicati in due soli anni: ci ha preso gusto…
«Eh sì! Ma questo terzo libro è arrivato inaspettato, prendendo una strada tutta sua: durante una presentazione di un mio romanzo con Filippo Bessone, Giancarlo Caselli di “Golem edizioni” se ne è uscito con la proposta: “Ma perché non scrivi un libro di ricette?”. Io ho subito messo in chiaro che sono una che mangia, non una che cucina. Poi ho pensato alle realtà che avevo conosciuto lavorando per anni nel mondo delle guide enogastronomiche e mi sono detta che poteva essere l’occasione per scrivere finalmente di certi ristoranti fuori dai radar delle solite guide. Così è nato “… E di passione q.b.”, che racconta nove ristoranti (tutti della provincia di Cuneo, tranne uno alessandrino) che bisogna proprio andare a scovare e che io già apprezzavo dal punto di vista gastronomico, ma di cui non conoscevo le storie. E, lo posso assicurare, sono storie bellissime. Ognuno di essi mi ha raccontato la sua e ha offerto 5 ricette, che hanno assunto così un altro valore, sono entrate a far parte del racconto. Per ogni ristorante una sezione viene dedicata alla cantina, a chi cura la carta dei vini e gli abbinamenti con i piatti perché ritengo che sala e cucina siano ugualmente importanti: non solo nella scelta dei vini si coglie il taglio del ristorante, ma se non ti trattano bene in sala, anche se hai mangiato benissimo, in quel ristorante non torni».

Pare che tutti ormai sentano il dovere o la necessità di parlare di cibo. Pensa sia un fenomeno transitorio?

«Spero e credo che questo fenomeno stia un po’ rientrando. Certo siamo molto lontani dal mondo in cui ho cominciato, quando di cibo si scriveva solo sulle riviste. Ora è innegabile che molti, per esempio tra i blogger, si improvvisino».

Come è nata questa passione per il cibo e da cosa è suffragata?
«Mia madre era un’insegnante con una passione straordinaria per la cucina, mio padre un veterinario che ogni sera rientrava a casa con quel che gli allevatori gli regalavano e così, fin da piccola, ho assaggiato tanto, conosciuto tanti sapori. Ho preso però un’altra strada, mi sono laureata in lingue e ho girato per il mondo, poi sono entrata a lavorare in banca, mi sono sposata e ho avuto quattro figli. Ho attraversato un momento di grave crisi per il lavoro, che non sentivo mio, dunque su consiglio di mio marito ho ripreso a fare quel che avevo sempre amato e ho iniziato a scrivere per un giornale locale. Venni a conoscenza del fatto che l’Ais stesse cercando di mettere in piedi un corso da sommelier, ne scrissi e fu un successo, dunque presi a scrivere di vino e a frequentare qualsiasi corso in materia. Poi sono seguiti i corsi di analisi sensoriale del tartufo bianco d’Alba e, beh, non ho più smesso: ho capito che volevo scrivere di questo ma che dovevo studiare molto. L’ho fatto e ho lavorato per diverse guide enogastronomiche, ma solo ora, a distanza di anni, posso dire che il vero divertimento è coniugare cibo e scrittura, scrivendo a mio nome e come voglio io. Ecco perché continuo a lavorare in banca: voglio avere la tranquillità per scegliere cosa fare e come farlo».

BaNNER
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