L’intimità violata e la ferocia del giudizio

L’insegnante vittima di “revenge porn” calpestata due volte: da chi ne ha tradito la fiducia e, ancora di più, da chi l’ha offesa e isolata. Come se colpevole fosse lei

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Provocazione e solidarietà, talvolta, si fondono, colorano manifesti che sembrano pubblicitari ma non suggeriscono prodotti, denunciano ingiustizie. Riproducono “selfie” senza veli, scatti che in realtà lasciano solo immaginare, tra giochi d’ombre e inquadrature, con una scritta che sormonta: #teachersdosex. L’artista, Andrea Villa, ha chiesto a tre insegnanti di inviare quelle immagini e le ha affisse per strada, esponendone i corpi come nel “revenge porn”, dove l’intimità viene rubata e offerta alle cattiverie. Il fine è l’invito a riflettere sulla violenza dei giudizi, che può fare più male della fiducia tradita, ed è un abbraccio alla giovanissima insegnante del Torinese, licenziata e bollata con parole infamanti per aver mandato un video privato al fidanzato che l’ha diffuso. Un gesto di estrema complicità, di totale affidamento, ricambiato da un tradimento vigliacco, da una pugnalata che non vogliamo nemmeno sentir definire, ci è capitato, leggerezza. «Il progetto», scrive Villa, «vuole mettere in luce il problema del “revenge porn” e della discriminazione di genere», ricordando come «molto spesso le donne vengono giudicate per la loro vita sessuale privata» e come «nel mondo dell’istruzione primaria vige l’ipocrisia che una donna non possa avere una sessualità, e le donne sono de-sessualizzate come individui», confidando la speranza «di poter sensibilizzare sui pregiudizi sociali che affliggono da tempo la percezione della sfera privata femminile».
Vogliamo citarlo per premiarne l’iniziativa, per aiutarlo a diffondere il messaggio, perché condividiamo tutto e perché questa rubrica è specchio del suo manifesto: vogliamo fare la stessa denuncia, esprimere la stessa amarezza, solidalizzare con una ragazza calpestata due volte, da chi ha approfittato della sua fiducia, umiliandola, e da chi non ha nemmeno pensato a quest’aspetto della vicenda, ma s’è scagliato contro di lei appena le immagini hanno iniziato a circolare, giudicandola male e abbandonandola nella solitudine e nel dolore, facendola sentire “sporca” come se colpevole fosse lei, quando invece l’unica colpa era amare e fidarsi. Nella scuola dove insegnava, impeccabile e apprezzata, racconta d’aver subito una sorta di processo sommario, apostrofata con frasi irripetibili e costretta a dimettersi. Un marchio addosso tra silenzi e sguardi che trafiggono, battute che abbattono e mortificano. Non ha più visto il suo ex, l’uomo che l’ha ingannata, ma forse, confessa, dentro di sé potrebbe perdonarlo: «È quanto accaduto dopo», sospira, «che ha segnato davvero la mia vita. Mi aspettavo solidarietà dalla scuola, non è stato così». È stata umiliata ancora, messa alla gogna, linciata non soltanto online. Ma capace di reagire, di denunciare chi le ha fatto tanto male, di non piegare la testa e opporsi a un licenziamento ingiusto. Ci piace chiudere con le parole della Sindaca di Torino che l’ha chiamata per esprimerle vicinanza, per dirle «Che non si può stare zitti. Che non ci si può sentire in colpa per colpe che non si hanno. Che non si può pensare di rimanere impuniti. Che non si può girare la testa dall’altra parte». E che invita a denunciare per un cambio culturale che, tutti insieme, possiamo portare avanti. E ricorda quanto sia importante «insegnare ai figli che non c’è nulla di male nello stare in intimità con un’altra persona. E che questo non condiziona minimamente, nella maniera più assoluta, né la morale, né l’immagine, né la professionalità di chicchessia». Un artista e una prima cittadina, ma anche tante semplici persone: l’insegnante ha una ferita profonda nell’anima, però non è così sola.