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«Qui ho trovato gente concreta e operosa»

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«Come mi sen­to in questi giorni? Con­fuso e felice». Ema­nuele Ricifari prende in prestito il titolo di una canzone della sua conterranea Car­men Consoli per descrivere il suo stato d’animo attuale. Diviso tra la felicità per essere tornato a lavorare nella sua Sicilia dopo tanto tempo e il “trambusto” di un trasferimento arrivato un po’ all’improvviso, che lo ha costretto a salutare prima del previsto una terra e delle persone a cui è rimasto profondamente legato. Dopo due anni e mezzo a Cuneo, nei giorni scorsi, Ricifari è infatti diventato il questore di Cal­tanissetta. Nella sua regione, lui che è originario di Catania.

Neanche lei, forse, si aspettava che avvenisse tutto così in fretta, vero?

«Sapevo che c’era questa intenzione, dal momento che a Cuneo ero già rimasto 2 anni e mezzo. Però no, così in fretta non me lo aspettavo. Pensavo che il trasferimento potesse avvenire intorno a dicembre o gennaio e, comunque, non in Sicilia. Ma ora sono qui, confuso e felice».

Ce lo provi a raccontare il suo stato d’animo di questi giorni.
«Sono confuso per la repentinità con cui è avvenuto questo trasferimento. Si immagini che sono partito solo con un trolley; completerò il trasloco in un secondo momento. Non sono riuscito a salutare tutti a Cuneo, ma anche a questo rimedierò. Sono arrivato a Caltanissetta e mi sono trovato a incontrare moltissime persone in pochi giorni. Per questo dico che ora è tutto un po’ confuso. Però, allo stesso tempo, sono felice di essere tornato in Sicilia dopo 31 anni. Quando ho cominciato questo lavoro, sono rimasto solo poche settimane nella mia regione, poi mi hanno mandato in Calabria e da lì ho cominciato a girare l’Italia. Tornare nella mia terra, da questore, è una gran­de soddisfazione. Lo vedo un po’ come un atto di restituzione: qui ci sono nato e cresciuto, ho studiato e mi sono formato. Devo tanto a questa terra e ades­so finalmente posso ridare un po’ di quello che ho ricevuto».

Qual è il suo bilancio dell’esperienza cuneese?
«Largamente positivo. Insieme a validi collaboratori, credo di essere riuscito a far crescere notevolmente l’organizzazione e l’efficienza delle procedure interne della Questura, che dopo aver perso tante forze, è aumentata anche numericamente. Contemporaneamente, dal punto di vista “esterno”, credo che la Polizia di Cuneo sia riuscita ad acquisire una posizione di centralità, diventando un punto di riferimento come autorità locale per la pubblica sicurezza: era la missione che mi era stata chiesta dal capo della Polizia. Credo che l’obiettivo sia stato raggiunto».

In questi due anni e mezzo, c’è un’operazione, un episodio, un fatto che ricorderà con particolare soddisfazione?

«Mi viene da dire l’ultima operazione portata a termine brillantemente dalla Squadra mobile, con cui è stata sgominata una banda di criminali che rubava nelle case degli anziani dopo aver guadagnato la loro fiducia: comportamenti spregevoli, che siamo soddisfatti di aver fermato. Ma sono particolarmente orgoglioso anche di come sono state gestite la Fiera del tartufo di Alba e la campagna della frutta nel Saluzzese, soprattutto quest’anno, in tempi di Covid».

C’è stato, al contrario, un mo­men­to molto difficile?

«Devo dire che, appena sono arrivato, ho avuto un’impressione di desolazione. L’am­biente lavorativo mi sembrava depresso, sia internamente che esternamente. Avevo la sensazione di una Questura che fosse ferma da molto tempo. Ho capito che c’era molto da fare».

In questo periodo, a Cuneo, lei si è distinto per le decisioni forti che ha saputo prendere, anche dividendo l’opinione pubblica.
«C’era bisogno di questo e sono soddisfatto di come mi sono comportato, anche perché i risultati dicono che avevo ragione. Il giudizio che conta è quello dei cittadini e la maggior parte di loro si è dimostrata vicina e solidale. Mi hanno chiesto di provare a fare le stesse cose anche a Caltanissetta, pur essendo ov­viamente una realtà diversa. Vogliono che esporti il “modello Cuneo”, questo significa che si è lavorato bene».

A proposito di Caltanissetta, ha già avuto modo di capire la realtà e di comprendere il lavoro che occorrerà svolgere?
«Mi sono preparato e continuo a farlo, passando anche notti a studiare questa nuova realtà: non solo le problematiche e il tasso di criminalità, ma anche il tessuto sociale ed economico. Mi approccio a questa nuova esperienza con curiosità, sento una grande responsabilità amplificata ancora di più dal fatto che io sono un uomo di questa terra».

Tornando a Cuneo, che idea si è fatto dei cuneesi durante la sua permanenza nella Granda?

«Che è una comunità silenziosa, rispettosa, concreta e operosa. Tutte qualità che facilitano il compito di chi deve tutelare la sicurezza».

Cosa le mancherà di più?
«Le facce sorridenti del mio personale la mattina, quando arrivavo. Dall’esperienza cuneese mi porto dietro alcune straordinarie amicizie, e guardate che per un siciliano significa portarsele dietro per tutta la vita. Mi mancherà so­prattutto l’aspetto umano, ma anche una città e una provincia di una bellezza incredibile, dove tor­nerò sicuramente. Il cibo? In Si­cilia si mangia bene, ma le assicuro che mi mancherà anche quello».

Un consiglio per il suo successore, Nicola Parisi?
«Nicola non ha bisogno di consigli. È un collega straordinariamente valido, oltre che un ami­co, visto che abbiamo cominciato insieme nel 1988. A lui va solo l’augurio di un buon lavoro e un grande in bocca al lupo».

BaNNER
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