L’opinione di Maura Anfossi: vi spiego il perché

«la nostra mente ha capacità e risorse innate per affrontare le conseguenze di un trauma, ma questo richiede tempo e dolore»

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«Una delle principali differenze tra un trauma e un evento negativo sta nel fatto che il trauma è del tutto inatteso, scatta all’improvviso e genera una sensazione di spaesamento e di sconcerto. Anche da un punto di vista simbolico Castelmagno aveva una connotazione positiva; non era un luogo in cui ti aspetti avvenga una tragedia come quella che ha coinvolto i cinque ragazzi, i quali non stavano facendo nulla di pericoloso.
Una tragedia che ha toccato la comunità tutta e rispetto alla quale noiprofessionisti siamo chiamati a operare per cerchi concentrici, a partire da chi è più all’interno del vortice del trauma, ovvero le persone coinvolte nell’incidente, i loro famigliari e i soccorritori. Nei loro
confronti è stato opportuno attivare un intervento tempestivo e breve piuttosto che lungo ma a distanza di tempo dai fatti. A livello fisico, una frattura si aggiusta anche da sola, ma con il gesso il processo avviene meglio e in minor tempo. La stessa cosa accade per la mente: intervenire subito è come praticare l’ingessatura: fa riaumentare la sensazione di sicurezza, riduce il senso di solitudine velocizzando un percorso comunque naturale. Al “Trauma center” utilizziamo anche l’Emdr, una terapia nata negli Usa in seguito alla guerra del Vietnam per dare sollievo ai reduci che avevano strascichi sensoriali dopo il rientro in patria: sentivano spari anche quando non c’erano e avevano reazioni di allerta quando non c’era più pericolo. Spegnere l’iperattivazione della mente richiede molto tempo e con l’Emdr si favorisce questo processo attraverso una rielaborazione più sana del ricordo. Un ricordo
traumatico non elaborato dà la sensazione che l’evento negativo stia ancora avvenendo.
“Lasciare il passato nel passato” è l’obiettivo che ci si pone con l’Emdr. Anche la prima ondata di Covid è stato un evento altamente traumatico, perché in tre sole settimane è passata da essere una problematica lontana che riguardava i cinesi a una minaccia che toccava i nostri vicini di casa, quando non i nostri parenti.
Se ci fosse una seconda ondata di pandemia, sarebbe certamente un problema molto grande da un punto di vista sanitario, ma avremmo almeno uno schema mentale per affrontarla. Sarebbe un evento in parte atteso e quindi più gestibile, se pur rimarrà una parte di imprevisto, per affrontare la quale dovremmo attivarci, al fine di trovare un nuovo equilibrio».