Tra i tanti meriti di In­ternet c’è pure quel­lo di aver stravolto i ca­noni secondo i quali una persona può essere universalmente riconosciuta come un’arti­sta. Prendete il caso di Riccardo Palombo: estroso chitarrista di una promettente band negli anni della giovinezza, con la passione per il “bricolage” degli oggetti elettronici fin dalla tenera età, senza la cassa di risonanza offerta dalla rete avreb­be corso il rischio di restare un talento in­compreso o, co­mun­que, avreb­be faticato a espri­mere il suo enorme potenziale. Invece, grazie al web, è riuscito ad affermarsi a livello nazionale, e anche oltre i confini italiani, mostrando a tutti gli effetti i tratti dell’artista.

In realtà, lo ha fatto inconsapevolmente, crescendo passo dopo passo, per assecondare la propria passione per la tecnologia, ma anche per cercare di avvicinarsi il più possibile alla perfezione. To­scano “trapiantato” a Roma, oggi ha quarant’anni ed è uno degli esper­ti di tecnologia più conosciuti (e apprezzati) del web, con una “community” che lo segue di assoluto livello: solo su YouTube i suoi “seguaci” so­no oltre 41 mila.

A renderlo così popolare sono state sicuramente le sue recensioni di di­spo­sitivi informatici, specie i computer portatili, ma ciò che ha fatto la differenza è stata (ed è tuttora) la sua profonda competenza, frutto di continui studi, e la sua genialità lampante, che in un mese, durante il “lockdown”, lo ha portato a reinventarsi riparatore di pc, rigenerando, con l’aiuto della sua comunità digitale (che ha raccolto più di 11 mila euro per l’acquisto del materiale occorrente) e di due aziende, oltre 140 tra computer e tablet a fine vita, che sono poi stati donati a 45 scuole di 15 regioni d’Italia, Piemonte compreso.

Palombo, già da bambino era attratto dalla tecnologia?
«Bella domanda! Più passa il tempo e più mi accorgo che tante cose che cerco ora mi piacevano o, comunque, avevo “cer­cato” quando ero bambino. Ad esempio, avevo una fissa per le tastiere: ne disegnai addirittura una dopo averla vista dal mio vicino di casa. Poi iniziai a confrontarmi con il Com­modore 64 e i primi personal computer: grazie a un amico di famiglia, che mi regalava quelli che sostituiva la sua azienda, realizzai in casa una mini rete con ben dieci pc connessi».

Com’è “maturata” la passione?
«Negli anni ho iniziato a occuparmene, da autodidatta, in mo­do professionale e piuttosto strutturato: acquistavo domini, aprivo siti, tra cui un blog dedicato al sistema operativo Linux».

È riuscito fin da subito a trasformare la passione in un lavoro?
«No. Da giovane avevo anche un’altra passione: la musica. Suonavo la chitarra in un gruppo che era spesso impegnato in concerti in giro per l’Italia. Sono stato a registrare anche a Mon­do­vì, nello stesso studio dei Mar­lene Kuntz. L’impegno mu­sicale mi impedì di trovare un’occupazione fissa. Per questo ho fatto di tutto: sono stato elettricista, ho lavorato per le Ferrovie e ho fatto il pittore».

Poi la svolta, con la decisione di trasferirsi a Roma.
«Sono arrivato nella Capitale senza lavoro, solo con una valigia. Dopo mesi sono riuscito a trovare un’occupazione come sistemista Linux. In parallelo ho continuato ad alimentare il mio interesse per l’informatica».

In che modo?
«Grazie a un’amica che abitava negli Stati Uniti riuscii a presentare, primo in Italia, un piccolo portatile della Asus. Lo feci attraverso un blog creato “ad hoc”: fu un successo. Con i banner guadagnavo quasi il doppio del­lo stipendio da informatico. Que­st’esperienza ha portato alla nascita di altre due realtà web: NetbookNews ed Eeevolution».

Infine, il successo, con l’approdo nel principale sito italiano di tecnologia, HdBlog: un’esperienza che, nel 2019, ha deciso di abbandonare, perché, come ha spiegato ai “fan”, «non bisogna attendere passivi che arrivi il fine settimana»…
«Dopo cinque anni desideravo essere più protagonista, avere più spazio, ma non è stato possibile trovare una soluzione che ci mettesse tutti d’accordo. Così ho deciso di lasciare e lavorare in proprio, anche perché, non avendo figli, posso permettermi di rischiare un poco».

Insomma, il posto fisso proprio non lo digerisce…
«Credo di aver raggiunto alti livelli per quanto riguarda le recensioni. Inoltre, la “mia” community ha un grande potenziale e, insieme, è giusto fare qualcosa di tangibile. La mia preoccupazione è proprio quella di riuscire a lasciare a chi verrà un segno indelebile, un ricordo “ma­teriale” del mio passaggio. È anche per questo che sono co­stantemente insoddisfatto dei ri­sultati che ottengo».

Il progetto di recupero pc durante il “lockdown” dovrebbe averla inorgoglita.
«Sono felice della risposta della “community” e per gli studenti aiutati. Si è comunque trattato di una sfida con me stesso: volevo dimostrarmi, come effettivamente è stato, che la “community” di cui faccio parte ha una profonda sensibilità umana».

Cosa c’è nel suo domani?
«Continuerò a correre in attesa di poter disputare una nuova maratona, a visitare musei, a stu­­diare. Sono galvanizzato quan­­­­­do scopro cose nuove. Sul fronte tecnologico, dopo l’esperienza positiva con il “podcast” “Il mordente”, intendo proseguire su questa strada, anche grazie a una collaborazione, in fase di avvio, con una società sportiva internazionale. Vorrei aprire un blog e unire la lavorazione del legno e la pittura alla tecnologia. La mia ricerca d’arte continua».