Carne ed insaccati vanto internazionale dell’intera provincia

La fassona piemontese ha una velocità di crescita media, una capacità di ingestione molto limitata e un ottimo indice di conversione

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L’allevamento degli animali è di lunga tradizione, favorito da un ambiente dove le zone di pianura, collina e montagna permettono uno sfruttamento razionale e coordinato delle risorse foraggere.
È nel cuneese che si è sviluppata ed evoluta al meglio la Razza Bovina autoctona Piemontese, un tempo utilizzata per la produzione di latte, di carne e per il lavoro, oggi allevata soprattutto per la produzione della carne, di elevata qualità, idonea per la preparazione di gustosi piatti tipici quali l’insalata di carne cruda o il bollito. Molti allevatori seguono un disciplinare di produzione, rigido e in linea con la tradizione, definito dal Consorzio di Tutela della Razza Piemontese.
Una particolare produzione è rappresentata dal Bue grasso di Carrù, vitello di razza Piemontese castrato, portato a pesi elevati e venduto in occasione della Fiera del Bue Grasso di Carrù di dicembre.
Tra le carni ovine, va ricordato l’Agnello sambucano, prodotto con la razza autoctona della Valle Stura pressoché scomparsa negli anni Ottanta e poi recuperata con un intelligente lavoro che ha coinvolto tutta la comunità locale, con la nascita di un Consorzio di produttori, e di un ecomuseo della pastorizia.
Dai dati statistici risultano allevati in provincia, più di 400.000 bovini, quasi 900.000 suini, 30.000 ovini e 15.000 caprini, quasi 10 milioni di polli e più di 1,5 milioni di conigli. Numeri che confermano l’importanza dell’attività di allevamento.
Per scoprire le origini della razza bovina Piemontese, occorre risalire al periodo preistorico, precisamente al Pleistocene: come racconta nelle sue ricerche Milo Julini, già professore alla Facoltà torinese di Veterinaria, risale a quest’epoca “l’intrappolamento di un tipo di bovino Aurochs (ndr l’antico uro, ormai estinto) tra le Alpi e gli Appennini”, in un’area al tempo acquitrinosa e paludosa corrispondente grosso modo all’attuale Piemonte, ponendo le premesse per lo sviluppo di una razza autoctona, destinata ad evolversi in modo naturale e non derivata, come in altri casi, da manovre dell’uomo sul patrimonio genetico.
La seconda tappa di questo processo avvenne 30.000 anni fa quando irruppe sulla scena un altro gruppo di bovini formato da zebù originari di una regione asiatica identificabile con l’odierno Pakistan. Insediandosi nel nostro territorio, gli zebù si mescolarono ai bovini autoctoni dando origine alla razza Piemontese, definita “tauroindica antica”. In Piemonte fin dal Medioevo l’allevamento dei bovini fu una voce fondamentale dell’economia contadina, in considerazione della triplice attitudine di questi animali, che venivano utilizzati per la produzione di latte, formaggi e burro, ma anche per ricavarvi la carne, inizialmente destinata alle tavole dei meno abbienti e poi, a partire dal Trecento, con l’allevamento in stalla, consumata anche dalle classi più agiate, e infine, specialmente nelle aree di pianura, come forza lavoro, per il traino di carri e aratri. Per questi impieghi lavorativi, nelle nostre campagne si ricorreva soprattutto al bue, termine che designa il maschio adulto castrato, da tenere distinto dal toro, il maschio adulto fertile, capace di garantire con l’accoppiamento la qualità della razza e la discendenza.
Le femmine presentano un mantello color bianco mentre i tori hanno normalmente un mantello grigio con sfumature con sfumature scure nelle zone degli arti e del collo. La pelle è fine ed elastica e le ossa sono piccole. La sua caratteristica peculiare è data dal notevole sviluppo muscolare, soprattutto nella zona delle cosce. Questa particolarità determina che la sua carne presenti un limitato tenore di grasso sottocutaneo che da un lato consente di ottenere una elevata resa alla macellazione, dall’altro rende la carne particolarmente tenera e magra senza tuttavia che il gusto ne risenta. Presenta, inoltre, un tasso di colesterolo molto basso, addirittura inferiore a quello del pollo e della sogliola.
Per suo valore dietetico e nutrizionale la Piemontese è stata riconosciuta, a livello internazionale, come una delle migliori carni al mondo.
Tradizione vuole che un vecchio detto sottolineasse che “del maiale non si butta via niente”. Così in ogni famiglia contadina si allevava e si macellava il maiale, utilizzando la carne soprattutto per fare salumi e insaccati, che potevano essere conservati e quindi consumati in un lungo periodo. Per tale ragione vi è una grande diffusione di tipi diversi di salumi a seconda delle diverse località: dal Prosciutto Crudo di Cuneo Dop, al salame cotto, dal lardo alla pancetta. Negli ultimi anni si sono rivalutate molto anche razze o produzioni dimenticate come la Gallina Bianca di Saluzzo e la Gallina Bionda Piemontese. La pianura cuneese regala anche la Helix pomatia e Helix aspersa, lumache allevate a ciclo biologico completo sul libero terreno, all’aperto, con alimentazione esclusivamente vegetale. Il prodotto viene poi spurgato naturalmente e portato sul mercato completamente asciutto e pulito per essere cucinato.