Casa Cavassa, dimora di proprietà di Galeazzo Cavassa e del figlio Francesco, entrambi membri di una famiglia originaria di Carmagnola e vicari generali del marchese di Saluzzo, fu costruita prima del secolo XV, e dal 1505 diventa possedimento esclusivo di Francesco, la cui committenza diviene determinante per la decorazione dell’edificio secondo un programma colto, basato sui modelli figurativi del Rinascimento e sulle nuove tendenze stilistiche diffuse in area padana. Alla fine dell’Ottocento diviene un museo per volontà del marchese Emanuele Tapparelli D’Azeglio, nipote dello scrittore Massimo, diplomatico cosmopolita, appassionato d’arte e d’antiquariato, che nel 1883 acquista l’edificio e intraprende poderosi lavori di restauro.
Alla morte del marchese, nel 1890, l’amministrazione comunale eredita l’edificio con tutti gli arredi e gli oggetti d’arte in esso conservati: oggi casa Cavassa è il museo civico della città di Saluzzo.
Il portale del palazzo è sormontato dallo stemma di Francesco Cavassa, costituito dall’immagine scolpita di un pesce (il cavedano, pesce d’acqua dolce che risale la corrente, denominato nel dialetto del marchesato chavasson e nel dialetto piemontese quajastr). A metà del fregio è inciso in lettere capitali romane il motto della famiglia Cavassa: “Droit Quoi Quil Soit”.
Il loggiato interno è delimitato da un porticato con colonne in marmo e da una splendida balaustra scolpita (datata al 1460). Sulla parete destra, si trova il bassorilievo raffigurante Francesco Cavassa, attribuito ipoteticamente allo scultore Matteo Sanmicheli, mentre sulla parete opposta si possono ammirare le tre finestre bifore, recuperate durante il restauro del periodo 1886-1889. Le finestre probabilmente appartenengono all’epoca più antica dell’edificio (1350-1400) e sono circondate da una fascia di formelle in terracotta con decorazioni vegetali e floreali.
In alto, sopra le finestre, si conservano gli affreschi dei segni zodiacali (1480-1500), mentre al primo piano, sulla stessa parete, si trovano gli affreschi a monocromo (detti anche “a grisaille”), raffiguranti le Fatiche di Ercole. Si tratta di sette riquadri che raffigurano alcune imprese del mitico eroe greco Ercole; gli affreschi sono stati realizzati tra il 1506 ed il 1511 da Hans Clemer, artista di origine fiamminga che opera a Saluzzo dal 1490 al 1511. Fin dalla creazione del museo, nel 1890, il loggiato è stato adibito a lapidario ovvero utilizzato come spazio per la presentazione di oggetti in marmo e in pietra, molti dei quali appartenuti al marchese Tapparelli. Tra i vari oggetti si segnala la vasca in pietra dell’antica fontana della Drancia, realizzata per volontà del marchese Ludovico I nel 1481 (in origine la vasca si trovava nella piazza di fronte al castello dei marchesi).
Il museo si snoda tra quindici stanze con soffitti lignei dipinti e pareti decorate, e ospita opere d’arte di notevole rilevanza storica e artistica. Si possono ammirare, sopra il ballatoio in legno, le opere realizzate tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo di Hans Clemer: le Imprese di Ercole e la pala raffigurante la Madonna della Misericordia. Il museo conserva inoltre il coro ligneo di gusto tardogotico proveniente dalla Cappella Marchionale di Revello, una culla, datata 1560, proveniente dal castello di Lagnasco e i ritratti cinquecenteschi di Carlo Emanuele I di Savoia e della moglie.
Dal 1990 Casa Cavassa si trasforma in un museo moderno, potenziando i servizi per il pubblico: una biglietteria con piccolo bookshop, una biblioteca specializzata, un proprio archivio, un vasto programma di attività educative (per differenti target di visitatori). Ma soprattutto, attraverso una serie di interventi sulle strutture, vengono pienamente recuperati gli spazi interrati, oggi utilizzati per ospitare esposizioni temporanee, nonché una sala riscaldata con funzione di aula didattica e sala conferenze. Nello stesso tempo si è proceduto (grazie ai contributi finanziari della Regione Piemonte e della Fondazione Cassa di risparmio di Saluzzo) al restauro delle collezioni mobili e delle principali decorazioni pittoriche. Infine, attraverso un attento studio delle fonti documentarie, si è ripristinto l’allestimento pensato dal marchese Tapparelli, inserendo le opere d’arte giunte al museo dopo il 1890 nelle sale lasciate vuote dal suo fondatore.