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«Le mie armi sono pazienza e sorriso»

Dopo un brutto incidente in motorino, Marco Veglia di Morozzo è riapartito dallo sport

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Contro il vento del cambiamento c’è chi costruisce muri e chi, invece, mulini a vento; come Marco Sal­vatore Veglia, diciassette anni e tanta grinta. Una sera di due anni fa, di ritorno da casa del nonno, in sella al proprio motorino, Marco è rimasto vittima di un incidente che gli ha causato la perdita del braccio e della gamba sinistra.

Marco, parlaci di te…
«Abito ai Trucchi, frazione di Morozzo e ho un grandissimo amore per gli animali; fin da bambino sono sempre stato a contatto con la natura, sono cresciuto praticamente nella cascina di mio nonno e di mia madrina, mi piaceva aiutarli e imparare cose nuove. Per questo ho scelto di iscrivermi all’Istituto agrario di Cuneo. Ora a causa del coronavirus, non potendo uscire e di conseguenza andare a scuola e a fisioterapia, cerco di seguire le lezioni online e fare esercizi in casa per tenermi in forma».

Sei molto legato al pilota paraplegico Nicola Dut­­­to, come siete diventati a­mi­ci?
«La prima volta che ho conosciuto Nick frequentavo la ter­za media a Beinette, era venuto a scuola in occasione di un incontro che aveva organizzato con gli studenti. Qualche giorno dopo l’incidente, mia sorella Noemi ha pensato di scrivere alla moglie di Nicola, Elena Foi; dopo il mio risveglio dal coma farmacologico sono venuti a trovarmi in ospedale e da allora mi sono sempre stati molto vicini. Tra di noi è nato un bellissimo rapporto, Nicola lo ve­do un po’ come il mio mentore».

A proposito di sport, come sei entrato a far parte del­la squadra di pallanuoto in­clusiva?
«Non ho mai praticato nessuno sport acquatico in passato, ma alla fine dell’estate 2018 sono stato contattato da Orazio Tal­larita e Andrea Gallone, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Asd Granda Waterpolo Ability, la prima squadra di pallanuoto inclusiva in Piemonte e una delle poche presenti in tutta Italia. Siamo un bel gruppo, siamo molto legati, normalmente ci alleniamo una sera a settimana tutti insieme a Saluzzo e poi ognuno fa allenamenti individuali. Nella squadra ci sono ragazzi che vengono anche da fuori provincia. Non avevo mai praticato pallanuoto, en­trare a far parte di questo team mi ha dato un grande aiuto fisico, ma anche mentale».

Sul tuo profilo Instagram ti descrivi un “Half bionic man”. Chi sono gli “uomini bionici”?
«Dall’estate del 2019 faccio parte di Bionic People, un’associazione composta da persone con diverse tipologie di disabilità che hanno deciso di mettersi in gioco e raccontarsi. L’o­biet­tivo è cambiare la prospettiva che in generale si ha su ciò che si può e non si può fare a seguito di un incidente. Tutti i componenti di questa squadra hanno una storia da condividere e da cui si può imparare molto. Ringrazio di cuore A­lessandro Ossola, uno dei fondatori dell’associazione, per tutta l’amicizia e il supporto che mi ha dimostrato da quando ci siamo conosciuti».

Il tuo motto è “Pazienza e sorriso è ciò che serve”…
«A volte è molto difficile accettare le avversità della vita, ma ho imparato che solo con pa­zienza si riescono a ottenere i migliori risultati. Dopo l’incidente, sono stato ricoverato due mesi in rianimazione, mi ricordo che dopo il periodo di fisioterapia volevo subito utilizzare le protesi più all’avanguardia, ma i miei tecnici dell’arte ortopedica di Budrio mi hanno subito frenato. Ho dovuto iniziare con quelle basilari in modo da abituarmi a usarle per muovermi nel miglior mo­do possibile, riuscendo a riacquistare anche l’equilibrio. Biso­gna darsi del tempo, in qualunque cosa. Non smetterò mai di ringraziare la mia famiglia per essermi stata sempre vicino, l’équipe medica del Santa Croce che mi ha salvato la vita e tutti gli specialisti che mi hanno seguito e continuano ad accompagnarmi, dalla rianimazione fino alla riabilitazione, ma in questo periodo un doveroso grazie va a tutti gli operatori sanitari impegnati nella lotta al Covid-19».

Quali sono i tuoi obiettivi?
«Prima di tutto finire la scuola e continuare l’attività di famiglia. Mi è sempre piaciuto poter aiutare le persone: ultimamente ho avuto molte occasioni di par­lare della mia storia, anche nelle scuole, credo che questo sia un buon modo per essere utile agli altri. Lo scorso febbraio sono stato ospite con la mia squadra di pallanuoto di una serata a Morozzo, organizzata dalla biblioteca Bramardo, la Polisportiva Libertas e il Co­mune in memoria della volontaria Maria Cristina Avagnina, recentemente scomparsa. Mi ha fatto piacere vedere tanto pubblico e poter condividere la mia storia».

BaNNER
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