Alba da 50 anni amica di Banská Bystrica

Celebrato il mezzo secolo del coraggioso gemellaggio siglato in piena guerra fredda

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Alba negli anni ’60 non era la mè­­ta turistica oggi nota ben oltre i con­fini italiani, ma è stata comprimaria della grande Storia e ha guadagnato ti­toloni sui giornali. Ci è riuscita
so­prattutto in virtù dei primi due gemellaggi, quelli sottoscritti con gli americani di Medford e con i ce­coslovacchi, ora slovacchi, di Banská Bystrica, firmati in piena guerra fredda, quando attraversare la cortina di ferro era impresa ardua per gli occidentali e ancor più per i cittadini dei Paesi del Patto di Varsavia.
Se la perdurante amicizia con la città del­l’Oregon, sollecitata dal Con­so­le americano a Torino, era nel­l’ordine naturale delle co­­se in un Paese della Nato, ciò non to­glie che essa abbia offerto ad Al­ba u­na ribalta mon­diale.
Non esageriamo affatto: quando, il 26 luglio 1962, av­venne la prima storica telefonata transoceanica via satellite “Telstar” tra il sindaco, Osvaldo Cagnasso, e il collega della città gemella, John Snider, la notizia conquistò le prime pagine di tutti i quotidiani e le copertine delle maggiori riviste, come ad esempio “Epoca”.
Ci voleva un po’ più di coraggio, invece, per gemellarsi con un centro d’oltrecortina. E questa era di per sé una notiziona.
Nel suo piccolo, Alba portò un mattone alla costruzione di qualcosa di diametralmente
op­posto al muro di Berlino che si sarebbe sfaldato giusto quattro lustri do­po. Fu un atto di coraggio, al­quanto raro per quei tempi, perché partiva da un’Ammini­stra­zio­ne civica a netta maggioranza democristiana, non certo sospettabile di filocomunismo. Sì, era il periodo del centro-sinistra, ma la pregiudiziale anticomunista, e soprattutto antisovietica, restava all’ordine del giorno.
Ne parliamo perché sono appena stati ricordati i 50 anni del ge­mellaggio con Banská Bystrica e la cerimonia svoltasi nel municipio di Alba (ne parliamo nel box a parte, ndr) ha contato sulla testimonianza, come sempre lu­cidissima, del sindaco che lo volle, Ettore Paganelli.
Nel 1968, ha ricordato l’ex am­ministratore locale ed ex componente del Governo nazionale, il suo assessore Paolo Farinetti, so­cialista e comandante partigiano, si fece latore di una proposta “di­rompente”, tanto più che i sovietici, con l’invasione del 21 agosto, avevano appena stroncato la “primavera di Praga”.
Precisando che non pretendeva che l’idea fosse accolta, comprendendo bene le possibili
o­biezioni politiche, Farinetti spiegò che c’erano legami ideali as­sai forti fra l’albese e la zona di Ban­ská Bystrica. Entrambi i territori nel ’44 erano stati protagonisti di un’in­surrezione contro gli oc­cupanti nazisti e avevano dato vita a libere Repubbliche di breve esistenza, eventi dei quali l’anno dopo si sarebbe celebrato il venticinquesimo.
Inoltre in Piemonte numerosi ce­chi e slovacchi, arruolati a forza nella Wehrmacht, durante la Resistenza avevano disertato e si erano aggregati alle formazioni partigiane. L’Assessore aveva a­vuto un contatto con l’ingegner Gajdečka, addetto commerciale ce­coslovacco a Milano, il quale proponeva un patto di amicizia con qualche Comune italiano, partendo dalle comuni forti radici antifasciste e antinaziste, e si fece latore della proposta al mu­nicipio di Alba.
Paganelli, forse sorprendendo Fa­rinetti, si dimostrò subito fa­vorevole e, infatti, nell’agosto del 1969, una delegazione albese riempi un pullman diretto a Ban­ská Bystrica. Fu un viaggio tutt’altro che facile, quasi epico, come può immaginare chi abbia avuto la fortuna (in fondo lo è stato, essendo un pezzo di Storia che già sconfina nella leggenda) di attraversare il mitico “checkpoint Charlie” a Berlino.
Ad esempio, a un controllo di frontiera, un ragazzo albese ebbe la malaugurata idea di scattare u­na foto a un soldato: apparecchio subito sequestrato, un’ora e pas­sa di trattative per risolvere l’incidente e restituzione della macchina fotografica solo previo eliminazione della pellicola.
Fatto sta che gli albesi arrivarono a destinazione con molto ritardo e non ebbero il tempo di cambiarsi per la cena ufficiale offerta dal sindaco, Jozef Valuška, come dimostrano le foto dell’evento.
Ma, come dice Paganelli, ciò contribuì a dar vita a un’atmosfera di reciproca simpatia.
Il 29 agosto Paganelli e Farinetti furono fra gli unici tre occidentali (il terzo era un ufficiale francese che sul posto aveva partecipato alla Re­sistenza) ammessi sul palco delle autorità dell’imponente sfilata mi­litare per i 25 an­ni dell’insurrezione, dove sedevano il Presidente della Repub­blica, Ludvík Svobo­da, e un or­mai emarginato Ale­xan­der Dubček. E’ facile immaginare l’emozione provata nello strin­­gere loro le mani.
Il primo contatto fu molto positivo e infatti già a ottobre gli slovacchi ri­cambiarono la visita per formare il gemellaggio, ottenendo un’ac­coglienza calorosa come quella che avevano riservato agli albesi. Era scoccata la scintilla della reciproca simpatia, il seme era germogliato e dopo mezzo se­colo, con un mondo completamente cambiato, continua a
of­fri­re ottimi frutti. I rapporti proseguirono nei decenni, coinvolsero tutti i sindaci di entrambe le città e, ad esempio, nel settembre del 2000 portarono alla concessione della cittadinanza onoraria di Ban­ská Bystrica a Pietro Meistro che fu uno dei presidenti del Comitato di ge­mellaggio.
Ecco perché abbiamo scritto che Alba è stata comprimaria della grande Storia. Anzi, per un piccolissimo segmento di essa, ne fu pure protagonista e riuscì, con i legami con Medford e Ban­ská Bystrica, a farsi tramite, indiretto, da Nato e Pat­to di Varsavia.
Mica una cosuccia da poco.