Ivrea: sgominata banda che gestiva il traffico di droga in 23 comuni dell’Eporediese

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I Carabinieri della Compagnia di Ivrea, in collaborazione con i militari territorialmente competenti, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere  nei confronti di 3 persone responsabili di detenzione e spaccio di cocaina.

 Le attività di indagine condotte dai Carabinieri, sotto la direzione e il coordinamento della Procura di Ivrea, hanno permesso di smantellare un gruppo criminale che deteneva il monopolio dello spaccio di cocaina in 23 comuni dell’Eporediese (Ivrea, Rivarolo Canavese, Agliè, Strambino, Ozegna, Castellamonte, Bairo, San Giusto Canavese, San Giorgio Canavese, Cuorgnè, Strambinello, Favria, Baldissero Canavese, Feletto, Salassa, Lusigliè, Bosconero, Montalenghe, Parella, Valperga, Colleretto Giacosa, Burolo e Ciconio). Tre persone sono state arrestate e oltre 35 clienti sono stati identificati. Per consolidare il loro monopolio, battere la concorrenza e aumentare il “pacchetto clienti”, consegnavano la cocaina a domicilio. Per motivi di sicurezza, i clienti dovevano utilizzare un linguaggio criptato “vediamoci per un caffè o per un  aperitivo” per poi poter acquistare le dosi. Tra gli arrestati c’è un uomo di 48 anni, residente a Castellamonte e un complice di 37 anni residente a Torino, titolare di un fast food di kebab,  e ancora un 63enne residente a Rivarolo C.se, disoccupato. Le indagini hanno dimostrato l’esistenza di un ingente traffico di cocaina con la quale, quotidianamente, veniva ceduta, per un giro di affari di circa 150 dosi a settimana (talvolta 15 dosi in una sola ora), per un introito settimanale di circa 12.000 euro.  Gli oltre 400 incontri monitorati con i vari acquirenti, avvenivano in diversi luoghi di volta in volta concordati oppure nei pressi di tre bar: uno sito ad Ozegna, uno ad Ivrea ed uno a Rivarolo. Dalle attività tecniche è emerso che l’esponente della banda portava e custodiva lo stupefacente a bordo della sua autovettura. Quest’ultimo, a sua volta, acquistava la cocaina da un malvivente (Il quale utilizzava una utenza telefonica intestata fittiziamente ad una persona inesistente) al prezzo di 50 euro al grammo. Gli indagati, temendo di essere intercettati al telefono, sia fra di loro che con i rispettivi acquirenti, non usavano mai il termine cocaina e non facevano mai espresso riferimento alla cessione della sostanza stupefacente ma adottavano un linguaggio convenzionale, utilizzando ad esempio riferimenti ad incontri per un caffè piuttosto che per un aperitivo per concordare in realtà gli incontri finalizzati  alla cessione.

 

c.s.