Raphael Rossi a Busca: “Credo ancora nello Stato, perchè lo Stato siamo noi”

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Lui ha preferito denunciare, perché in mezzo c’erano soldi pubblici, soldi di tutti ma, se non fosse stato per il sostegno di tanti, oggi avrebbe molte meno ragioni d’entusiasmo nel raccontare la sua storia. In occasione dell’incontro organizzato da Idee.Comunità in collaborazione con il Presidio Libera di Busca nella serata di venerdì, Ideawebtv.it ha scambiato quattro chiacchiere con Raphael Rossi, tecnico in materia di rifiuti e testimone di giustizia.

 

Allora Raphael, come raccontare in breve la tua storia?
“Sono nato nel 1974 e sono attualmente esperto nella progettazione di sistemi avanzati e virtuosi per la gestione di rifiuti in molte città italiane. Nel 2006 ero vicepresidente nel CdA dell’Amiat (Azienda Multiservizi Igiene Ambientale Torino) quando ricevetti e mi opposi alla richiesta di via libera per l’acquisto di un macchinario dal valore di 2 milioni 400 mila euro, perché non ne vedevo in modo chiaro l’utilità e mi pareva del tutto sospetto il fatto che si fosse deciso di non passare attraverso ad una gara d’appalto. Qualche tempo dopo fui contattato dall’allora presidente, che mi propose una vera e propria tangente se avessi accettato. Il punto era chiaro: si voleva procedere all’acquisto esclusivamente per poter distribuire delle mazzette. Io sbattei la porta e me ne andai. Poi, però, mi accorsi che fare finta di nulla non poteva bastare, mi informai da alcuni esperti e decisi di denunciare l’accaduto. Da lì è iniziato un lungo percorso che mi ha portato a collaborare con la Magistratura di Torino per poter ottenere delle prove certe (poi ottenute) e per poter quindi procedere all’arresto dei colpevoli”.

 

Detta così, sembra una bellissima storia. Ci sono state però alcune difficoltà, vero?
“Innanzitutto fu difficile aiutare l’operato dei magistrati, perché ritrovarsi con una cimice inserita nella cravatta mentre si parla con altre persone da cui si aspettano determinate frasi non è assolutamente roba da tutti i giorni. Il rischio era quello che quelle “proposte” non fossero ripetute: a quel punto avrei potuto rischiare io perché avrei potuto passare per colui che voleva esclusivamente gettare fango su altre persone o gruppi per interesse personale. Fortunatamente, così non è andata ed è anche arrivato il servizio di Report su Rai Tre…”

 

Già, il servizio del 17 ottobre 2010 con il titolo “C’è chi dice no”, che ti ha sicuramente dato un sostegno non indifferente…
“Infastidì molte persone ma mi consentì anche di fare conoscere all’opinione pubblica la mia vicenda, permettendomi insomma di non restare solo. Da lì è stata una scalata: ricevetti migliaia (!) di e-mail di sostegno già dal giorno successivo e con l’appoggio di molte associazioni tra cui la stessa Libera ho portato avanti questo percorso di denuncia anche attraverso la fondazione dell’associazione “I signori Rossi”, che ha lo scopo di sostenere tutti coloro che dicono no alla corruzione con lo sportello “Sos corruzione”. L’associazione ha sede in via Salgari 7 a Torino, in un locale requisito alle mafie”.

 

Il tuo ruolo è stato importante, però, anche a livello professionale
“Si. Ho avuto modo di lavorare in contesti molto importanti un po’ in tutta Italia. Le due sfide più accattivanti a Napoli, per risolvere l’emergenza rifiuti del 2011 con l’allora sindaco De Magistris, e a Reggio Calabria nel 2012, quando la giunta era appena stata sciolta per infiltrazione mafiosa. Grandi esperienze, concluse con ottimi risultati e con l’incremento della raccolta differenziata. Oggi lavoro a Formia, in provincia di Latina”.

 

E il Piemonte?
“Ovviamente non mi spiacerebbe lavorare vicino a casa, ma non ne ho più avuto l’occasione: nel 2010, quando fu rinnovato il CdA dell’Amiat io fui l’unico non confermato e da allora non ho più ricevuto chiamate nella regione”

 

Viene spontanea quindi una domanda: ma con i vecchi colleghi del CdA non hai mai avuto modo di parlare della vicenda?
“No. Anche perché al di là dell’allora rapporto professionale (erano tutti politicamente schierati, ndr) non si è mai mantenuto negli anni successivi un rapporto interpersonale”

 

Un ultimo interrogativo è d’obbligo: Raphael, dopo questa esperienza credi ancora nello Stato?
“Qualche nota negativa c’è stata, basti pensare al fatto che ho dovuto pagare le spese legali o che, in base alla legge italiana, il processo non ancora terminato cadrà in prescrizione proprio in questo 2015 lasciando impuniti quei corrotti. Detto questo, però, lo Stato siamo noi, che ci riuniamo in comunità e dialoghiamo, per cui io continuo a sostenerlo. Senza avere l’amaro in bocca, perché non sono mai rimasto solo: come dice don Ciotti, passare da un no ad un noi dà forza ed aiuta”.

 

Carlo Cerutti