Prenderà il via il prossimo 8 giugno “Landandart-andar per arte”, progetto pluriennale – creato dall’associazione culturale Via – di valorizzazione del territorio del Monregalese attraverso i diversi linguaggi artistici contemporanei, con il coinvolgimento di attori locali, nazionali e internazionali. Nello specifico, l’obiettivo di “Landanart” è quello di proporre una serie di percorsi naturalistici per promuovere gli incantevoli paesaggi delle colline piemontesi di un’“altra Langa”, quella più nascosta e più selvatica, dove spiccano in particolare i centri di Mondovì e Vicoforte, scoprendo luoghi storici e cappelle, impreziositi da interventi “site specific” realizzati da artisti attivi sulla scena internazionale. Oltre alle suddette opere permanenti, l’iniziativa prevede inoltre un ricchissimo palinsesto di eventi collaterali – fatto di concerti, proiezioni di film, presentazioni di libri, letture di poesie, visite guidate, appuntamenti enogastronomici e tanto altro ancora – lungo gli itinerari tracciati. Ad inaugurare il progetto sarà “Miracle” di Emilio Ferro, un’installazione “site specific” permanente ideata per la Cappella di San Rocco, situata lungo la via che porta al celebre Santuario di Vicoforte. Per conoscere meglio i dettagli dell’opera, Rivista IDEA ha intervistato il noto light artist albese.
Maestro, come si compone in linea generale la sua nuova installazione?
«L’installazione è composta da due sculture: una che attraversa lo spazio interno della Cappella di San Rocco e una retta dall’albero retrostante alla Cappella stessa. L’opera si sviluppa in direzione del Santuario di Vicoforte poiché mi interessava evidenziare il fatto che, nel Settecento, il Santuario fosse meta di migliaia di pellegrini, che venivano alla ricerca di un miracolo affrontando viaggi lunghi e difficili. L’importanza di questo luogo era quindi paragonabile a quella che oggi hanno i moderni santuari di Lourdes e Medjugorje».
Come ha progettato l’opera? Quali sono state le principali ispirazioni artistiche?
«Il riferimento è di nuovo al Santuario e, in particolare, al campo pittorico realizzato da Mattia Bortoloni. Nell’affresco dipinto nella volta, infatti, ci sono delle figure a sbalzo che quasi creano la sensazione di venirti incontro, come se il soffitto sia vivo. Ho quindi pensato di riprendere quest’idea di andare a sbalzo, di andare verso l’alto, in elevazione e ho così creato la parte dell’opera che dallo spazio chiuso della Cappella va verso l’esterno e trova appunto una via d’uscita verso il cielo».
Qual è l’effetto immediato che “Miracle” intende suscitare nell’osservatore?
«Sicuramente vuole trasmettere a chi la osserva un sentimento di meraviglia e stupore, ma anche di sorpresa».
L’installazione sarà completata anche da un intervento sonoro da lei stesso composto.
«Esattamente. Si tratta di una colonna sonora psicoacustica che è nata dalla registrazione – tramite l’utilizzo di speciali microfoni – e dal successivo mescolamento dei campi magnetici presenti nella Cappella di San Rocco e del Santuario e dei numerosi suoni naturali provenienti dal paesaggio circostante».
Questi elementi sonori sono indirizzati quindi anche a trasmettere una sorta di serenità d’animo, oltre che a generare nell’osservatore il sentimento di stupore di cui sopra?
«È proprio questo concetto quello di cui adesso le persone vanno alla ricerca. Oltretutto, l’associazione che ha finanziato l’opera, l’associazione culturale Via, vuole proprio portare i visitatori a scoprire questi suggestivi paesaggi e a camminare in questi affascinanti sentieri. L’idea quindi è che si vada non solo alla ricerca del religioso ma anche del benessere, della tranquillità e della serenità».
Quando è nata, invece, la sua passione per l’arte e, in particolare, per l’utilizzo della luce in chiave artistica?
«A livello di arte contemporanea, faccio mostre da quando avevo diciassette o diciotto anni. In un momento successivo ho messo insieme la pittura, la scultura e il suono – tutte cose che già utilizzavo separatamente -, mentre l’utilizzo della luce deriva da mio padre, che se ne occupa a livello di progettazione, per cui è da quando sono piccolo che “mastico” luce a livello tecnico. Ad un certo punto ho quindi pensato di unire l’arte contemporanea, il suono e la luce e ho così cominciato a creare installazioni e a proporle».
L’avvicinamento è stato quindi graduale o c’è stato un episodio scatenante che lo ha favorito?
«Sicuramente un’opera che mi ha colpito, ma in realtà ero già nel percorso, è stata quella di Olafur Eliasson al Castello di Rivoli, “The Sun Has No Money”».
In passato è stato autore – tra le altre – di un’installazione sul “cardiopulso” fenogliano e di un’opera realizzata ai piedi delle piramidi di Giza in Egitto. Al di là dell’utilizzo della luce, da un punto di vista personale e concettuale, qual è il filo rosso che lega le sue creazioni?
«Da un punto di vista personale, quello che voglio vivere nel creare un’opera è lo stesso che voglio far vivere agli altri: quindi meraviglia, stupore ma anche essere nel presente. Le mie opere sono fatte di luce, suono e scultura perché il suono aiuta a stare nel presente e perché, se vedi qualcosa di speciale o di straordinario e sei immerso, tu sei veramente lì. Quello che lega le opere a livello concettuale sono invece sicuramente il misticismo dei luoghi e la storia dell’umanità: si tratta di temi che mi stanno particolarmente a cuore».
Ci sono già nuovi progetti in cantiere per il futuro?
«Anche se non posso rivelare dettagli specifici al momento, posso anticipare che stiamo lavorando su vari progetti sia a livello nazionale che internazionale. Nel frattempo invito tutti i lettori a venire all’inaugurazione di “Miracle” il prossimo 8 giugno a Vicoforte».
A tal proposito, come detto, “Miracle” inaugurerà quello che è un ampio progetto di valorizzazione del territorio del Monregalese. Cosa rappresenta per lei questo aspetto e che rapporto ha in generale con la sua provincia?
«Sono fortemente legato al territorio e alla natura, come si evince anche dalle mie installazioni, la maggior parte delle quali sono realizzate qui in zona e sono fortemente connesse ai concetti relativi al luogo. Nella nostra provincia c’è un bellissimo spazio su cui poter sperimentare, sempre in sintonia con la natura e con le tradizioni. Ho cercato di farlo anche nel Monregalese, che a livello estetico è praticamente una continuazione delle Langhe, la mia terra».
Articolo a cura di Domenico Abbondandolo