«Pronti a fare un salto nel futuro con l’ospedale»

Bruno Ceretto: «L’impegno nella Fondazione mi appassiona, ora il centro di simulazione medica»

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Bruno Ceretto ha 87 anni ed è presidente della Fonda­zione Ospedale Al­ba-Bra oltre che uno dei più famosi imprenditori vitivinicoli. Eppure lui ama definirsi semplicemente «Uomo di Langa».
«Sono nato in una terra benedetta che ha imparato a fare dell’accoglienza il proprio vanto» dice. Accogliere ma anche donare: «Nell’impegno fantastico che vivo da anni con la fondazione dell’ospedale – continua -, donare è un’esperienza impagabile ed è per questo che il mio impegno nella Fondazione e in diverse onlus mi appassiona». Un lavoro lontano da ogni politica: «Perché qui facciamo solo la politica del malato» precisa Ceretto. Per un ospedale che è sempre più all’avanguardia.
A settembre entrerà in funzione il centro di simulazione medica: «Sarà un “salto nel futuro” per la formazione di medici, paramedici e tecnici, ostetriche, terapisti della riabilitazione, che po­tranno applicare manovre e interventi su manichini informatizzati e non su esseri umani» prosegue. In ambito universitario i laboratori prevedono questi dispositivi con sensori che possono rilevare l’esattezza delle procedure mediche cui vengono sottoposte. Per la prima volta il centro aprirà in un ospedale che non è polo universitario: «Dotarci di una simile struttura è un importante passo avanti per quanto riguarda la formazione professionale di eccellenza ai sanitari, che si traduce in professionisti che hanno minor probabilità di commettere errori, riducendo costi e contenziosi per gli ospedali. Una novità che attirerà molti giovani medici desiderosi di avere una formazione d’avanguardia».
È proprio questo l’obiettivo in cima alla lista delle priorità della Fondazione: l’investimento sul capitale umano per un ospedale che da sempre ha proprio l’ambizione dell’umanizzazione della cura e l’eccellenza della propria offerta.
Da alcuni anni la Fon­dazione cerca di attrarre giovani specializzandi pro­venienti da tutta Italia inseriti nel progetto di ospitalità che garantisce loro la copertura dei costi di alloggio nei comuni vicini alla struttura ospedaliera.
Dall’ospedale al vi­no, ma soprattutto al territorio al quale Ceretto è molto legato. Così le Langhe tornano spesso nelle sue parole, come luogo di bellezza, come fucina di persone ec­cellenti e sfondo dei ricordi. «Ad un certo punto è arrivato il valore più grande, quello delle persone sfidanti, dei grandi imprenditori come Michele Ferrero, Giuseppe Miroglio, Ferruccio Strop­piana. C’era un grandissimo rispetto per il lavoro a tutti i livelli e si correva tanto, dal primo all’ultimo».
Così, quando nel 2014 l’Unesco ha proclamato i paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero Patrimonio Mondiale dell’Umanità, «per noi è stato il riconoscimento di un’intuizione che aveva più di mezzo secolo».
L’azienda vinicola Ceretto nasce negli anni ’30 del No­vecento: «Mio padre Riccardo, che non possedeva vigneti, vinificava comprando uve altrui. La svolta coincise con l’ingresso in azienda mio e di mio fratello Marcello, che portavamo un pensiero innovativo per l’epoca: l’importanza della terra. «Se oggi questa appare un’ovvietà – continua Ceretto -, le Langhe di allora ricordavano da vicino la miseria della vita contadina (descritta così bene da Beppe Fenoglio nel suo romanzo “La Malora”) e mio padre era restio a investire nell’acquisto di terreni. Ma io e mio fratello avevamo in mente le vigne di Borgogna, dove da più di un secolo si produceva vino eccellente grazie a un modello che teneva conto delle peculiarità di ciascun vigneto. E infatti ancora oggi si indica con il termine francese cru».
Negli anni ’60 i Ceretto co­minciarono a mappare i terreni da cui venivano i vini migliori, e ad acquistare i vigneti. E dalla terra non si sarebbero più allontanati. «Ai nostri figli, io e mio fratello abbiamo consegnato un territorio preservato con un lavoro duro ma che ha dato i suoi risultati e che da tempo ha smesso di sognare la Borgogna ed è diventato a sua volta un modello su cui sono puntati gli occhi del mondo. Così ci prepariamo al futuro: la nostra famiglia è un gruppo con una visione condivisa, che prende decisioni collegiali, guidate dal rispetto per la competenza: diamo gli strumenti a chi ha un contributo da dare – all’azienda, e al territorio – per affermare la sua visione. Ognuna delle iniziative in cui ci cimentiamo ha la nostra impronta genetica ed esprime gli stessi valori. Tutto è cultura: dall’alta ga­stronomia di Piazza Duomo alla cucina piemontese tradizionale della Piola, fino ai nostri progetti artistici. La Cappella di Sol Lewitt e David Tremlett, in un vigneto di Barolo Brunate a La Morra, colloca l’arte in un paesaggio agricolo, e mentre lo eleva lo celebra: c’è una componente educativa, non imposizione dall’alto ma contaminazione dal basso. Lo stesso vale per il percorso verso la sostenibilità ambientale intrapreso in vigna e in cantina: non ci pensiamo in competizione con altri vignaioli, ma siamo fieri di mostrare che anche chi coltiva molti ettari può lavorare nel rispetto dell’ambiente. Il nostro destino è aprire nuove strade».

Barolo e altri progetti il vino fa rima con cultura
Un appuntamento esclusivo per celebrare i 50 anni del Barbaresco Bricco Asili con una degustazione dedicata. Un’anteprima per assaggiare le nuove annate dei vini Ceretto, Terroirs e le proposte Gusti. L’azienda di famiglia porta avanti la sua tradizione solida con nuove presentazioni e approfondimenti sempre all’insegna della qualità. Bricco Asili è al centro delle Anteprime 2024 e testimonia in qualche modo l’unicità e al tempo stesso la versatilità di un brand davvero unico. Lo scenario resta quello dello spazio accoglienza della Tenuta Monsordo Bernardina, sormontato dall’iconico “Acino”. Un luogo immersivo per conoscere a fondo la quotidianità dell’azienda, dai vigneti delle Langhe a quelli del Roero.
Il Barolo ovviamente rimane al centro del progetto ma ci sono anche altri percorsi da seguire, idee che negli anni prendono forma e sostanza con sempre maggiore consistenza. Del resto, l’azienda Ceretto si è distinta anche per la sua attenzione nei confronti dell’arte e della cultura, territori che in questi anni si sono abbinati alla perfezione con l’attività vitivinicola. Iniziative curate da Roberta Ceretto che, recentemente, in un’intervista rilasciata al Corriere Torino, ha raccontato la scelta coraggiosa di produrre grandi vini bianchi con il metodo classico, a due passi dalle colline “di sua maestà il Barolo”. Una sfida “impossibile” lanciata nel 2014 quanto Roberta Ceretto, assieme al marito Giuseppe Blengini, ha avviato il progetto legato all’Alta Langa.
Un vino che ora vale più di tre milioni di bottiglie e comprende 134 cantine vitivinicole. (g.b.)