«Il nostro Consorzio ha una forte identità che va consolidata»

Barbera d’Asti e vini del Monferrato: il presidente Vitaliano Maccario ci spiega i progetti di rinnovamento grafico e di crescita nel segno della qualità. «Contiamo di tornare presto sui livelli precedenti alla pandemia»

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Sullo sfondo scuro, spicca il colore dell’impronta digitale. Che si allunga verso il basso, dando vita a un calice che segna una nuova immagine per valorizzare l’identità: delle varietà vinicole, della loro storia, della tradizione e del territorio. Durante il Vinitaly di Ve­rona, dal 14 al 17 aprile, il presidente del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato Vitaliano Maccario ha svelato il progetto di rinnovamento delle etichette dei vini delle denominazioni Docg tutelate dal Con­sorzio: Barbera d’Asti, Barbera d’Asti Superiore, Nizza, Ruché di Castagnole Monferrato, Ter­re Alfieri Nebbiolo e Terre Al­fieri Arneis. Un passo importante per l’ente che, dal 1946, promuove e tutela le eccellenze vitivinicole del Monferrato, par­tendo dai viticoltori. Mac­cario, contitolare dell’azienda Pico Maccario di Mombaruzzo (con vigneti anche nelle Lan­ghe, ai Cannubi di Barolo) lo presiede da maggio dello scorso anno. Conta circa 420 associati. Se si considerano anche le cantine sociali, le imprese rappresentate superano le 4.000. «Con le nuove etichette portiamo a compimento uno dei principali progetti che ho avviato quando ho assunto la carica. È stato un lavoro corale ed è solo il punto di partenza per esplorare nuove frontiere di valorizzazione dei nostri prodotti».

Presidente, il nuovo progetto grafico è ispirato allo slogan “Uniti nella diversità”. A quali caratteristiche dei vostri vini vi riferite?
«Ce ne sono almeno quattro imprescindibili: eleganza, alta qualità, forte identità e grande passione per il territorio del Monferrato da parte di tutti i produttori. Parlare di identità si­gnifica riconoscere e valorizzare le peculiarità di ogni denominazione, ma anche tessere queste diversità in un tessuto comune piemontese, coeso e unitario».

In quest’ottica, il simbolo dell’impronta digitale assume un doppio significato. Quale?

«Da un lato certifica l’autenticità e l’unicità del territorio, dall’altro simboleggia la comunità: ogni produttore, ogni cittadino che contribuisce alla ricchezza della nostra identità collettiva. Ecco perché abbiamo scelto di mantenere l’impronta, che faceva già parte dell’identità grafica precedente delle nostre etichette. È anche un modo di porci in continuità con il passato, senza rinunciare a innovare e modernizzare. Vogliamo che rappresenti la ricchezza umana e la comunità collettiva che definiscono la nostra realtà».

Quali saranno i prossimi progetti per la valorizzazione dei vini del Consorzio?
«Continueremo a lavorare mol­to sulla qualità dei prodotti, che è sempre stata, è e resterà a li­velli altissimi. Il digitale offre molte opportunità. L’idea è sperimentare nuovi linguaggi, an­che sui social network, che sono delle vetrine sempre più interessanti. Le nuove etichette e l’identità grafica che abbiamo elaborato ci permetteranno di essere più riconoscibili e attirare la curiosità di sempre più nuovi utenti».

Il Vinitaly è la manifestazione di settore più importante in Italia, tra le principali anche su scala internazionale. Il Con­sorzio era presente con uno stand al Padiglione 10, sempre molto affollato. Che opportunità è stata per l’ente?
«Abbiamo avuto la conferma del grande interesse per i nostri vini anche della clientela internazionale, soprattutto dall’Eu­ropa Centrale, dall’Europa del Nord e dall’America. Ecco una sfida per il nostro futuro: non tanto trovare un nuovo mercato, ma consolidare questi che, già oggi, sono dei punti di riferimento per tutti i nostri produttori».

Per farlo, serve aumentare la produzione?

«Tra tutte le denominazioni, il Consorzio può contare su una produzione complessiva di cir­ca 60 milioni di bottiglie l’anno. È un dato molto alto e soddisfacente, che però oscilla in base alle annate. L’anno scorso, per esempio, la produzione ha subito cali anche superiori al 20% per via di una vendemmia diversa dalle aspettative. Tra 5 mesi inizierà quella del 2024, che speriamo dia grosse soddisfazioni».

Le piogge delle ultime settimane saranno d’aiuto?
«Hanno tolto le viti dallo stress della siccità vissuta in passato. Questo sicuramente è un bene. Adesso bisogna sperare che non ci siano gelate. Giorno do­po giorno, vediamo sempre di più gli effetti del cambiamento climatico».

Quanto preoccupano?
«Moltissimo, si può dire più di ogni altra cosa. Anche perché sono un fattore che non c’è modo di controllare direttamente. Sempre di più, in futuro, il clima sarà il primo problema dei produttori».

Molti si dimenticano anche del­le difficoltà nel trovare ma­nodopera formata. Sono anche legate a proposte economiche non all’altezza delle aspettative dei lavoratori?
«Quella delle paghe basse è una diceria infondata. Molti produttori sono disposti a pagare cifre anche importanti, ma non trovano i lavoratori di cui hanno bisogno».

Come mai?

«Lavorare in vigna è faticoso e complicato. Non ci si può improvvisare. Da un lato ci sono ragazzi disposti a portare avanti le aziende di famiglia. Dall’al­tro, sempre più difficoltà a trovare chi assumere. È un cortocircuito disastroso».
Il Monferrato è anche una terra di enoturismo. Che op­portunità rappresenta per il Consorzio e come promuoverlo?
«I nostri sforzi saranno per contribuire a fare tornare i numeri delle presenze a quelli di prima della pandemia. Siamo sulla buona strada e, anche su questo tema, Vinitaly ha creato ottime opportunità e fornito spunti di riflessione interessanti».

Articolo a cura di Luca Ronco