«Superata ogni emergenza con il sistema Piemonte»

Luigi Genesio Icardi, assessore regionale alla Sanità: «Soddisfatto per tutto quello che siamo riusciti a realizzare superando la pandemia. Ora c’è tanta fiducia per i cantieri e le procedure in corso»

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L’Assessore Regio­na­le alla Sanità Lui­gi Genesio Icardi si è distinto negli ul­timi anni come una delle figure più rilevanti dell’intero panorama politico piemontese. A pochi mesi dalla conclusione del suo mandato, Rivista IDEA lo ha intervistato per tracciare un bilancio personale su quanto vissuto durante il suo incarico, segnato in particolare dalla gestione dell’emergenza pandemica.

Assessore, tra pochi mesi si concluderà il suo mandato. Quali sono le emozioni prevalenti in questo momento?
«Avverto soddisfazione e fiducia. Mi sento soddisfatto per quanto sono riuscito a realizzare, nonostante l’emergenza pandemica più grave degli ultimi cento anni, che comunque siamo riusciti a gestire al meglio delle nostre possibilità. La fiducia è dovuta invece ai numerosi cantieri e alle procedure in corso che troveranno compimento nella prossima legislatura, sia sul fronte dell’edilizia sanitaria, sia su quello della medicina territoriale».

Nel suo percorso in Giunta ha rappresentato la sua terra, il Cuneese. Cosa ha significato questo aspetto?
«Il Cuneese ha sempre pagato molto più di quanto ha ricevuto anche in servizi sanitari. Ho voluto fare un’azione di riequilibrio, di giustizia, aumentando i finanziamenti di tutte le Aziende sanitarie cuneesi. Sul fronte ospedali, che sono tra i più vetusti d’Italia, abbiamo messo in cam­po un Piano Marshall senza precedenti. Si è aperto l’ospedale di Verduno, definita la riqualificazione dei vecchi ospedali di Alba e Bra, avviato il progetto del nuovo ospedale di Cuneo ed è in corso la progettazione del nuovo ospedale Saluzzo-Savigliano-Fos­sano. Si è inoltre potenziato il Centro dialisi di Saluzzo e programmato quello nuovo di Mon­dovì, messo in sicurezza l’ospedale di Ceva e predisposta la costruzione della nuova sede della Maxiemergenza a Fos­sano… Parliamo di oltre un miliardo di investimenti, soltanto in provincia di Cuneo».

In questi anni le sfide da affrontare sono state numerose. Come anticipava, la più difficile è stata però certamente quella dettata dalla pandemia. Quali sono stati i sentimenti e le preoccupazioni di quei mesi?
«Soprattutto nei primi mesi dell’emergenza, prendere le decisioni sul campo non è stato facile. Quando ancora non aveva risposte precise contro il Covid, la scienza dava spesso indicazioni contraddittorie e rapidamente mu­tevoli, così come erano mutevoli le norme e le circolari ministeriali: ciò che valeva oggi, poteva non valere più la sera stessa o l’indomani. Biso­gnava agire con la massima rapidità, accordandosi in tempo reale con le Aziende sanitarie su tutto il territorio regionale, provvedere ai tamponi con due soli laboratori, agli isolamenti, alle forniture di mascherine che non si trovavano e soprattutto ai letti ospedalieri. La preoccupazione era che la situazione potesse sfuggire di mano, ma questo non è mai avvenuto e il merito è stato del Sistema Piemonte, che ha retto grazie al gigantesco sforzo di tutti i piemontesi».

Quanto è stato complicato, da un punto di vista personale, oltre che professionale?
«Trovarsi in prima linea sanitaria, negli anni del Covid, ha voluto dire sacrificare tutto il resto, la famiglia, gli amici e ogni altra cosa. Impossibile staccare la spina: un presidio continuo, decisioni im­prorogabili, assunzioni di responsabilità inderogabili, videoconferenze con le altre Regioni in commissione salute o col ministero fino a tarda notte. Per mesi e mesi sono partito da casa prestissimo, quando mia moglie e le mie figlie dormivano ancora e tornavo tardissimo quando già dormivano. Non c’erano soste, tutti i giorni uguali, domeniche comprese. A volte quasi invidiavo le persone in lockdown».

Com’è riuscito a far fronte a responsabilità così importanti?
«È stato davvero difficile sopportare il peso delle responsabilità, che erano enormi, la gestione dei letti ospedalieri per trovare un posto a tutti, i continui tentativi di truffe su mascherine e dpi, poi le minacce di morte degli estremisti no-vax. La Digos mi avvisò, c’erano chat sul dark web con mie foto come bersaglio, foto di casa mia, con minacce per me e la mia famiglia. Non ho voluto scorte ma per mesi i Carabinieri, che ringrazio di cuore, hanno discretamente effettuato vigilanza rafforzata e protezione. Certo la preoccupazione, soprattutto per la mia famiglia, è stata la cosa peggiore».

Di sicuro il supporto di chi gli è stato accanto si è rivelato di grande aiuto, non è così?

«Senza il supporto e la comprensione di chi ti sta accanto, il peso della responsabilità dell’Asses­sorato alla Sanità sarebbe insostenibile. La famiglia, i collaboratori più stretti, tutto il personale dell’unità di crisi, i direttori generali degli ospedali e delle Asl fanno parte di una stessa squadra. Si vince e si perde tutti insieme».

In generale, un ruolo decisivo per fronteggiare il Covid è stato quello di medici, infermieri e operatori sanitari.

«Sicuramente. In Piemonte chi ha avuto bisogno di cure e di un letto di terapia intensiva o semi-intensiva lo ha trovato. Da altre parti non è stato così. Dobbiamo essere orgogliosi della risposta che i sanitari piemontesi hanno saputo dare durante la pandemia e dobbiamo loro il massimo della riconoscenza. Non è retorica, è la verità. C’è stato uno sforzo corale, che è andato ben al di là dell’ordinario, con sacrifici assoluti e atti di autentico eroismo non certo compensabili con il solo “bonus Covid”, che pure la Regione Piemonte ha raddoppiato rispetto alle risorse messe a disposizione dal go­verno nazionale. Passata l’emergenza, è dovere della società ci­vile mantenere viva la memoria su quanto è accaduto e sul sen­so di responsabilità del nostro personale sanitario».

Tornando al suo percorso da Assessore, si può dire che questi anni siano stati intensi ma anche gratificanti. Un aspetto che la stimola in vista dei progetti futuri?
«Certamente l’Assessorato re­gionale alla Sanità è un’esperienza che lascia il segno, nel bene e nel male. Qualsiasi possa essere la mia strada in futuro, il patrimonio di conoscenze e dinamiche operative acquisito in questi anni non mancherà di tornarmi utile».

Intanto è stato riconfermato ai vertici dell’Istituto Superiore di Sanità. Cosa rappresenta il rinnovo della fiducia?

«Sono grato alle Regioni e al ministro Schillaci per avermi rinnovato la fiducia, è un onore per me poter continuare a lavorare direttamente al fianco del presidente e dei colleghi consiglieri, tutti protagonisti di primissimo piano della Sanità italiana. L’Istituto Superiore di Sanità ha sede a Roma ed è il principale centro di ricerca, controllo e consulenza tecnico-scientifica in materia di sanità pubblica in Italia e tra i più importanti in Europa, con 1.800 persone, tra ricercatori, tecnici e personale amministrativo, che lavorano quotidianamente per tutelare la salute dei cittadini. Avere un ruolo in questa struttura significa partecipare alle dinamiche di orientamento delle politiche sanitarie nazionali sulla base di evidenze scientifiche, accanto al Ministero della Salute, alle Regioni e all’intero Servizio sanitario nazionale».

Articolo a cura di Domenico Abbondandolo