«Cinema e teatro ci fanno sentire in connessione»

Il Glocal Film Festival le ha assegnato il Premio Prospettiva. L’attrice torinese Carlotta Gamba, nel cast di “Gloria!”, si racconta a IDEA: «Per Pupi Avati ho interpretato Beatrice, lei e Dante erano due ragazzi come noi»

0
0

Uscirà nelle sale giovedì 11 aprile “Glo­ria!”, il film d’esordio di Mar­gherita Vicario ambientato in un istituto religioso del 1800 con un cast tutto al femminile chiamato a interpretare delle giovani coriste molto fuori dal coro, libere e intraprendenti, a loro modo sovversive. Carlotta Gamba è parte del cast ma non si arrischia a parlarne. Leva ’97, diploma all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, cinque film all’attivo, tre spettacoli teatrali arrivati dopo il ruolo di Celimene, coprotagonista de “Il misantropo” di Moliere, il saggio di diploma di­retto da Arturo Cirillo, una se­rie imminente, “Dostoev­skij”, presentata alla Berlinale 74 e diretta da Damiano e Fa­bio D’In­nocenzo, gli stessi registi con i quali debuttò con “Ame­rica Latina” nel 2021, accanto a Elio Germano. In­somma, quello di Carlotta, torinese mi­grata nella capitale per frequentare l’accademia e ivi rimasta, secondo un iter molto comune agli aspiranti attori, è già un curriculum di tutto ri­spetto. Tant’è che domenica scorsa ha ritirato al Cinema Massimo di Torino il premio Prospettiva del Glocal Film Festival, nato per segnalare giovani talenti locali che iniziano a farsi strada nel mondo del cinema.

Carlotta, il Premio Prospettiva, a cominciare dal nome, è un premio che guarda avanti: co­sa c’è nel suo immediato futuro?
«Nell’immediato futuro c’è sempre il lavoro, l’impegno e lo studio. La mia vita e il mio lavoro sono molto spesso la stessa cosa, si incrociano e si mischiano. Il mio lavoro è sempre con me, anche quando effettivamente non sono su un set. Sono in attesa di scoprire il mio futuro, mi impegno per trovare nuove vie e per scoprire nuove sorprese».

È recente l’esperienza con Pu­pi Avanti che ha affidato a lei il ruolo di Beatrice nel film “Dante”, tratto dal suo stesso romanzo: come ha lavorato sul personaggio per restituire a Beatrice una consistenza re­ale, un’umanità che ce la renda vicina, oltre la spiritualità che conosciamo?
«Per Pupi l’umanità era l’essenza di questo personaggio, che è sempre stato raccontato come qualcosa di etereo e inarrivabile. Era così agli occhi di Dante, ma per lui era anche una donna incredibilmente e irrimediabilmente reale, perché se così non fosse stato, per lui sarebbe stato più facile amarla. Ci siamo messi nei panni di queste persone considerandoli non come idoli ma come esseri umani, ci siamo serviti della magnifica empatia. Volevamo raccontare un amore non corrisposto o un amore senza una vera e propria realizzazione. Erano due ragazzi come noi».

Il cast era composto da attori di grande peso e dalla lunga storia come Milena Vukotic, Erika Blanc, Sergio Castellitto, Alessandro Haber. Come ha vissuto da giovanissima attrice il rapporto con loro?
«È stato un onore poter partecipare ad un opera con così tanti attori che hanno fatto la storia del cinema, di quel cinema che ho sempre guardato. C’è molta umiltà nei grandi artisti e lavorare accanto a loro, poterli osservare da vicino e, di conseguenza, imparare, è stato per me il più bel dono».

Dopo il diploma alla Silvio d’Amico mi sembra che il cinema abbia preso il sopravvento, nonostante sia presente anche in alcuni spettacoli teatrali importanti, diretta da Arturo Cirillo, Enzo Cosimi, An­drea Baracco. C’è il teatro nel suo futuro e quale ruolo le piacerebbe interpretare?
«Il teatro è il mio grande amore, tutto è partito da lì. Dalla sala buia e dal silenzio pieno di emozione. Spero con tutta me stessa di trovare il modo di fare teatro, e ci metterò tutta la forza che ho per riuscirvi. Il mio sogno è lavorare con Dimitris Papaioannou, un regista greco che crea sul palco la magia e i sogni, mi piacerebbe fare parte dei suoi lavori, è uno di quei sogni inarrivabili che servono al cuore».

Quando è nato il desiderio di fare l’attrice?
«Non c’è un momento preciso, ho sempre cantato, ballato e re­citato fin da bambina, e la recitazione non mi ha lasciato mai. Pia­n piano è diventata la mia vi­ta e magicamente il mio lavoro».

Quali sono i suoi modelli?
«Sono tantissime le attrici che adoro. Prima di tutte Gena Rowlands ma anche Isabelle Huppert e Isabelle Adjani. Sono attrici che quando le guardo mi fanno credere a ciò che sto ve­dendo, mi domando se quello che sto guardando è la vita vera oppure no. Con loro mi dimentico che sono al cinema, mi in­cantano e mi emozionano: due qualità, oltre a mille altre che io adoro».

Come spettatrice cosa predilige?
«Assolutamente i film che mi fanno emozionare, trovo che il cinema e il teatro hanno il potere di creare connessioni. Adoro emozionarmi, empatizzare con personaggi totalmente lontani da me, mi rassicura e mi dà gioia sentire che tutti potenzialmente possiamo essere fratelli amici sorelle».

Qual è il suo rapporto con il pubblico e in genere con il suc­cesso: che effetto le ha fatto ricevere un premio “in ca­sa”?
«È bellissimo tornare a casa, e così è ancora più bello. Non credo si possa parlare di successo e pubblico, io per adesso penso a impegnarmi nel mio lavoro che è la mia più grande passione, il premio più grande è poterlo fare! Torino è la mia città e l’essere riconosciuta e premiata proprio qui mi ha reso molto fiera».

A cura di Alessandra Bernocco